La Bbc “piscia sull’industria inglese”. Il giudizio, degno di una chiacchierata da dopolavoro al bancone del pub, è firmato Iain Duncan Smith, segretario del Lavoro e delle Pensioni del governo Cameron. Le statistiche di giugno dicono che nel Regno Unito la disoccupazione è in calo, ma secondo il ministro l’emittente ha “gettato acqua fredda sulla notizia”, “incatenata com’è alla lettura che dei dati economici che danno gli uffici del Partito laburista”.
L’attacco, violentissimo, è duplice: mentre il ministro accusa la Bbc sulle colonne del Mail on Sunday, dal suo gabinetto parte una lamentela formale nei confronti della tv britannica. Il bersaglio grosso nel mirino dei Tories è Stephanie Flanders, capo della redazione economica del network.
Mercoledì 15 agosto. Milioni di inglesi sono davanti alla tv per le news delle 18. Stephanie Flanders intervista Jacqui Connell, infermiera “self-employed” (a contratto) licenziata nel 2011, e le domanda se non si senta invece una “hidden unemployed”, una disoccupata non conteggiata nelle statistiche ufficiali. A quel punto il ministro balza sulla poltrona. Perché i dati appena diramati dall’Office for National Statistics parlano di un calo della disoccupazione dell’8%: nel 2° trimestre 2012 i disoccupati sono diminuiti di 46.000 unità, attestandosi a 2,56 milioni; a luglio le richieste per il sussidio di disoccupazione sono state 1,59 milioni, 5.900 in meno rispetto a giugno. Un miglioramento che molti analisti hanno ricollegato alle Olimpiadi, ma difficile da spiegare alla luce della recessione che colpisce il Paese dalla fine del 2011.
La Flanders, 44 anni e lo sguardo da dura, infatti non si ferma ai numeri e avanza il dubbio che quei dati non fotografino la reale situazione del lavoro nel Regno Unito. “Sembra una buona notizia – spiega la giornalista durante le news – ma non lo è se pensiamo che abbiamo bisogno di più gente per produrre meno beni di consumo”, riferendosi ai dati sulla produzione, in calo a giugno dello 0,7%. Oppure la “disoccupazione nascosta”, continua la Flanders, potrebbe essere “in agguato dietro le statistiche”, tanto che “nei prossimi mesi potrebbero allungarsi le file davanti agli uffici di collocamento”.
Ora il ministro è in piedi in preda all’ira. Qualche giorno per riordinare le idee, poi l’attacco sul Mail on Sunday, 1,2 milioni di copie, storicamente critico nei confronti della Bbc. “La Bbc è incatenata alle letture che dei dati economici danno gli uffici di Ed Miliband e Ed Balls”, rispettivamente leader del Labour Party e ministro ombra delle Finanze, colleghi di università della Flanders nei primi anni ’90 – sibila Duncan Smith – “se la disoccupazione fosse aumentata, la Bbc avrebbe addossato la colpa al governo”. Ancora: “Quando la notizia è buona, loro non citano l’esecutivo e non gli permettono di esprimersi sulla questione. Quando invece è cattiva, allora ci danno addosso”. Poi l’affondo personale: la Flanders “ha pisciato sull’intera industria inglese e sul settore privato”.
La guerra è guerra e in guerra l’aplomb inglese resta nel cassetto insieme ai calzini a quadrettoni. Duncan Smith un conto aperto con la Bbc ce l’ha da quella volta che, nel 2002, il programma Newsnight svelò che il suo curriculum vitae era taroccato: l’allora leader del partito conservatore non si era laureato all’università di Perugia come diceva il cv, ma a Perugia aveva studiato all’Università per stranieri, che all’epoca (nel 1973) era una “respected language school” ma non rilasciava la laurea. Poi l’affondo del coltello: si leggeva sul cv che il leader dei Tory era stato “educated at Dunchurch College of Management”, nome altisonante dell’istituto di formazione dello GEC Marconi (sorta di Scuola Radio Elettra), in cui – ammetteva il suo stesso ufficio – aveva “frequentato sei corsi per un totale di circa 30 giorni di lezione”.
Ma gli esami non finiscono mai, come le domande. Sul suo blog, la Flanders va ancora più a fondo e spiega la contraddizione tra i 200 mila nuovi posti di lavoro e il crollo della produzione con tre fattori: un errore di stima dell’Office for National Statistics; il fatto che l’aumento dei lavoratori part-time e self-employed “possa aver edulcorato i dati della disoccupazione”; la decisione delle aziende di “accaparrarsi personale qualificato in attesa di tempi migliori”. “Perché non rilassarsi e godersi la buona notizia?”, si domanda la giornalista. La risposta: “Perché più questo mistero resta in piedi, più diventa pericoloso per l’economia e sarà sempre più difficile spiegarlo con un errore di misurazione”. Domande su domande. E quelle a chi detiene il potere danno fastidio, specie in tempi di crisi.