Il ministro dello sviluppo economico, habitué al Meeting Cl di Rimini, interviene sul tema caldo della giustizia italiana: "con la separazione delle carriere e la corruzione è un aspetto fondamentale da riformare". Poi esalta il lavoro dei "tecnici" sull'economia: "Abbiamo salvato l'Italia dal commissariamento. Ancora qualche sacrificio e saremo fuori dalla crisi". E sul welfare: "Va cambiato. Penso a un modello pubblico misto a privato"
Il governo sulle intercettazioni non fa nessun passo indietro. Lo ha spiegato il ministro dello sviluppo e delle infrastrutture Corrado Passera durante la conferenza stampa concessa al margine del meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. “Auspichiamo che il pacchetto sulle intercettazioni possa essere affrontato al più presto”. Era stato Roberto Formigoni, proprio ieri pomeriggio a complimentarsi con il primo ministro Mario Monti per le sue dichiarazioni in merito al pacchetto delle intercettazioni: “è materia della collega Severino, – continua Passera, – però devo dire che se riusciremo ad affrontare la questione quanto prima, sarà importante. Separazione delle carriere, intercettazioni e corruzione sono tre aspetti fondamentali che il paese deve risolvere al più presto”.
Sereno ma deciso il ministro Passera che sull’altro punto delicato dell’estate italiana, la situazione dell’Ilva di Taranto, continua a confermare la volontà di non chiudere nell’immediato la fabbrica. “Rimane forte, – dice Passera, – la convinzione che ci sia la possibilità di garantire lavoro e salute, il governo ha messo sul tavolo risorse rilevanti per anticipare i lavori che devono essere fatti dall’azienda. Noi pensiamo che questo sito industriale non debba essere oggetto di decisioni irrimediabili, ovvero lo spegnimento. Lo spegnimento è irrimediabile, perché poi si rischia la rottura dell’impianto. Bisogna invece pretendere di fare tutti gli investimenti necessari, in fabbrica e al di fuori della fabbrica. Non prenderemo decisioni irrimediabili prima di fine settembre”.
Le domande vertono in particolar modo sulla crisi economica e la tanto attesa fine dei sacrifici. Ma se i commenti e le analisi a lato del meeting sono quelle di positiva fiducia per il futuro, a pochi chilometri l’ennesimo disoccupato italiano muore protestando per la sua condizione. I sacrifici in proposito non sono finiti, così come spiega Passera: “Fa piacere sapere che dai nostri incontri traspaiono sensazioni di impegno e di speranza. Non dimentichiamo però che io ho anche indicato le ragioni che non fanno essere ottimisti. La generazione dei quarantenni ha ancora davanti venticinque\trent’anni e dobbiamo tutti insieme fare in modo che non sia una generazione perduta. Non c’è dubbio che il numero di persone, cassa integrati e sotto occupati che rientrano in questa categoria è molto preoccupante. È una delle cose più importanti da fare e da fare velocemente e a forzare su quello che il nostro paese ha bisogno”.
Del resto l’incontro a cui ha partecipato il ministro dello sviluppo economico a Rimini era intitolato “La sfida del cambiamento: welfare e sviluppo. Come uscire dalla crisi senza sacrificare nessuno”. Così sono continuati i messaggi di speranza del governo, dopo l’intervento inaugurale del premier Monti. “Abbiamo evitato il commissariamento, – ha affermato Passera, – l’Italia ha dimostrato unità di fronte ai sacrifici e ora dipenderà tutto da quello che riusciremo a fare. Se negli ultimi dieci anni mi avessero detto che sarei venuto a rendervi conto delle mie scelte, probabilmente sarei stato meno pretenzioso nelle mie richieste. Non posso più dire devono fare gli altri, ma dobbiamo fare quelle cose per cui ci siamo messi insieme da tanti anni. Parliamo di welfare e di come lo sviluppo e il welfare devono convivere: la tesi è che se non c’è uno non c’è l’altro e viceversa”.
Il ministro ha difeso a lungo il sistema di welfare italiano, soffermandosi sui punti deboli e sulle potenzialità di una scelta di assistenza che distingue i paesi europei da quelli stranieri. “Il welfare è una scelta di civiltà – ha continuato Passera, – “una scelta della nostra civiltà, una cosa di cui possiamo andare giustamente orgogliosi. Non è un dato acquisito, se si vuole creare fiducia in modo sostenibile, il welfare italiano è un welfare dove ci sono tanti esempi virtuosi. È un esempio del nostro paese, ma nulla va considerato come acquisito. Tante conquiste possono essere messe a rischio e dobbiamo dirci quali sono i rischi che corriamo e trovare il collegamento virtuoso tra welfare coesione crescita. Il nostro welfare ha dei rischi derivanti dalle inefficienze che ci sono dentro e questa è un’area di problemi che dobbiamo risolvere”.
“Il nostro welfare, – dice il ministro, – “è troppo concentrato sulla vecchiaia e non sulla natalità e sulle politiche di occupazione per i giovani. Qui entra in gioco la scelta di fondo, al di là di aggiustare i singoli pezzi e i singoli dettagli, bisogna capire se il modello è giusto. Io sono per un modello dove si salvano gli esempi virtuosi del sistema pubblico e si innesta una nuova presenza dei privati”.
Parole che lanciano la sfida del governo per le tante decisioni ancora da prendere prima che finisca il compito dei “tecnici”. E sulla possibilità di un’eventuale candidatura alle elezioni politiche il ministro taglia corto dicendo: “per ora continuo a fare il mio lavoro di ministro tecnico”.
di Martina Castigliani e Emiliano Liuzzi