Secondo l'esponente del Pd l'attacco a Monti e al Quirinale è orchestrato "da un blocco che fa capo a Il Fatto, a Grillo e a Di Pietro". E nella situazione odierna, un ruolo fondamentale lo hanno avuto "le trasmissioni come quelle di Santoro, dove si è formato l'humus non democratico che alimentava rancore sociale e sostituiva l'argomento con l'invettiva" e "la filosofia del berlusconismo" che era "di tipo giacobino"
C’è un “populismo giuridico” che “utilizza le procure” come “clava politica”. Parola dell’ex magistrato Luciano Violante (Pd), con queste parole entrato ‘di diritto’ nella polemica sulla trattativa Stato-mafia e nei suoi risvolti politici sul tema delle intercettazioni telefoniche. Dopo la presa di posizione ‘pro Procura di Palermo’ del presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelski e la replica di contenuto opposto da parte del fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, l’esponente di lungo corso del Pd ha rilasciato un’intervista ‘di fuoco’ alla Stampa di Torino per descrivere senza mezzi termini “l’attacco politico in corso al ruolo del Quirinale e al governo”.
Chi sono i protagonisti di questo attacco? Violante non ha dubbi: “Si tratta di un blocco che fa capo a Il Fatto, a Grillo e a Di Pietro e sta reindirizzando il reinsorgente populismo italiano. Quello di Berlusconi attaccava le Procure – sostiene Luciano Violante – Questo cerca di avvalersene avendo individuato in quelle istituzioni i soggetti oggi capaci di abbattere il ‘nemico’, e di affermare un presunto nuovo ordine, che non si capisce cosa sia. Ma se il populismo vuole giocare le sue carte, deve giocarle contro gli architravi che oggi tengono in piedi l’Italia: Monti e il Quirinale“.
Per Violante, alla base di tutto c’è una questione ‘storica’. Tutto comincia, infatti, col “crescente distacco tra partiti e società” iniziato nella seconda metà degli anni ’70 “quando tutti i partiti hanno cominciato ad allontanarsi dalla società, che si stava trasformando in profondità, e si sono rinchiusi nella competizione per il potere. La legge chiamata Porcellum è contemporaneamente la foto e la sublimazione di questa separazione alla quale la società ha reagito in parte con il rancore e in parte alimentando tendenze di carattere populistico”.
Nonostante ciò, tuttavia, a sentire l’esponente democratico un ruolo fondamentale lo hanno avuto le trasmissioni televisive “come quelle di Santoro“: “che pure sono state e sono di grande utilità – sostiene Violante – Lì però si è formato l’humus non democratico di questo populismo che alimentava rancore sociale e sostituiva l’argomento con l’invettiva” e “la filosofia del berlusconismo” che era “di tipo giacobino“. Ma per Violante “la democrazia deve ritrovare le sue ragioni di fondo nella separazione dei poteri, nella responsabilità di ciascun potere e nella capacità di leggere e di interpretare la società italiana. Altrimenti prevarrà il populismo, giuridico e non”.
Non si è fatta attendere la reazione del centrodestra, nella fattispecie con le parole Maurizio Gasparri. Secondo il capogruppo dei senatori Pdl ”Violante da fondatore e riferimento per anni e anni del partito dei giudici, ovviamente di quelli che hanno messo la loro toga al servizio della sinistra, ora si ripropone su un’altra sponda per criticare gli eccessi del ‘populismo’ giuridico. Benvenuto – sostiene Gasparri – ma anche in questo suo nuovo ruolo non evita errori. Dimentica che è stato il centrodestra a volere norme esemplari e a rafforzare il carcere duro per i boss a cui negli anni Novanta, con Violante in posizioni di vertice, la sinistra stava abbandonando”.
Non solo. A sentire Gasparri, “Violante minimizza sulle vicende della resa dello Stato alla mafia nel 93-94. Lo fa – è la spiegazione fornita dall’esponente Pdl – perché quella vergogna vede Berlusconi estraneo e responsabili i governi Amato e Ciampi che proprio Violante sostenne. E vede responsabili della cancellazione del carcere duro più Scalfaro e Conso che Mancino. Ma tutto questo deve essere negato, perché la sinistra sostenne questi personaggi che hanno colpe gravissime. Bisogna portare avanti il confronto fino in fondo sia sulle riforme da fare ora, sia sulle colpe del passato della sinistra. Non si può eludere la verità con il trasformismo. Seguiamo con attenzione le parole di Violante, ma non si cancella quanto è avvenuto nel passato”.
Ancor più duro il senatore dell’Italia dei Valori Luigi Li Gotti, che sul suo blog ha duramente attaccato Violante. “Luciano Violante, per rispondere alle critiche a Scalfari, ricorre oggi ad una formula antichissima: estrae dal cilindro il ‘populismo giuridico’ con cui liquida al rango di bassa rozzezza i profili giuridici di rango costituzionale evocati nelle critiche a Scalfari-Monti-Napolitano – ha scritto l’esponente dell’Idv – L’antica formula è quella di non rispondere sui contenuti ma di offendere il competitore dialettico. Infatti il finissimo giurista Violante, non spende una sola parola per confutare gli argomenti, anzi li schiva con scaltrezza, prediligendo ricorrere alla formula del ‘populismo giuridico’ così liquidando, quali bassezze da ignoranti, le tesi opposte alle sue (ovviamente indicando in Antonio Di Pietro, il capofila dei ‘populisti giuridici’). Ieri, su questo blog – ha aggiunto Li Gotti – ho pubblicato la sentenza integrale n.154 del 2004 della Corte Costituzionale: in essa sono fissati principi costituzionali con profonde argomentazioni. Ora al finissimo giurista Violante, voglio ricordare un’altra cosa. L’avvocato che contribuì, con le sue articolate deduzioni, a far scrivere alla Corte Costituzionale l’importantissima sentenza, era ed è un professionista di grande valore: Giuseppe Zupo. Ricorda Violante chi era e quale ruolo ha ricoperto, l’avvocato Giuseppe Zupo? Se non lo ricorda, glielo rammento io: è stato il Responsabile Nazionale della Giustizia del Partito Comunista Italiano, nonché avvocato dello stesso Violante. Casi strani della vita! Non ci credete?”.