L’Europa potrebbe presto uscire dalla situazione di stallo che vede contrapposta la Bce di Mario Draghi, favorevole all’acquisto di obbligazioni dei Paesi in crisi, e la Bundesbank di Jens Weidmann, fermamente contraria all’intervento dell’Eurotower in soccorso di quei governi che non sono in grado di mettere ordine nei propri conti. Questo il significato implicito dell’affermazione di questa mattina di David Riley, direttore operativo dell’agenzia di rating Fitch, che però mette in conto un pericoloso strappo fra la Bce e il suo principale azionista, la Bundesbank appunto. Nel corso di un’intervista a Bloomberg Tv, Riley ha infatti detto che Draghi potrebbe agire anche senza l’appoggio di Weidmann: “L’istituto centrale tedesco è attualmente il maggiore azionista della Bce, ma ovviamente nel consiglio direttivo può disporre di un solo voto. In passato abbiamo visto che la Bce ha agito nonostante l’opposizione della Bundesbank. Il messaggio che è uscito dalla conferenza stampa di Draghi del 2 agosto è chiaramente quello che siano pronti ad agire anche con l’opposizione della Bundesbank”.
Gli osservatori più attenti hanno colto importanti segnali che potrebbero andare in questa direzione anche nella smentita della Bce al report di Der Spiegel arrivata nella giornata di lunedì. Il portavoce dell’Eurotower aveva detto che “è assolutamente fuorviante scrivere di decisioni che non sono state ancora prese dal Consiglio direttivo”, di fatto smentendo la tempistica (”decisioni che non sono state ancora prese”) ma non la notizia in sé, e cioè che la Bce stia discutendo di un tetto dei rendimenti sopra il quale intervenire con acquisti massicci di titoli governativi. D’altra parte il 26 luglio scorso Draghi era stato molto chiaro: “La Bce è pronta a fare tutto il necessario per salvare l’euro. E credetemi: sarà sufficiente”.
L’ex numero uno di Bankitalia può inoltre far leva sulle divisioni del fronte interno tedesco. Se da una parte la Bundesbank è schierata compatta, non altrettanto si può dire della coalizione di governo. Il cancelliere Angela Merkel ha di volta in volta dato il proprio appoggio sia a Draghi che a Weidmann, mentre ieri Christian Lindner il numero uno del partito Fdp (i Liberali alleati della Merkel) nel Nordrhein-Westfalen, il Land più popoloso, si è detto favorevole a nuovi aiuti alla Grecia, contraddicendo così il capo del suo partito (nonché ministro dell’Economia del governo tedesco) Philipp Roesler.
I manager delle grandi aziende tedesche guardano invece con terrore a un collasso dell’euro, perché la macchina da esportazioni tedesca si incepperebbe all’istante. La maggioranza dell’opinione pubblica, infine, è schierata con la Bundesbank, sia perché in Germania la crisi economica del resto del continente non viene assolutamente percepita, sia perché la maggior parte degli economisti e degli opinionisti è per la linea del rigore. “Se la Bce fissasse effettivamente un tetto ai rendimenti dei governativi dei Paesi in crisi, saremmo in presenza di un asservimento della politica monetaria comune alle politica dei debiti degli Stati del Sud dell’Unione”, ha dichiarato alla Frankfurter Allgemeine Manfred Neumann, professore di politica monetaria presso l’Università di Bonn.
Per Jörg Krämer, capoeconomista di Commerzbank, “lo statuto della Bce prevede il divieto di finanziare gli Stati. L’acquisto illimitato di titoli governativi contravverrebbe a questo divieto e distruggerebbe la fiducia di cui ora gode l’Eurotower invece che rafforzarla”. Michael Hüther, direttore dell’Institut der deutschen Wirtschaft (l’Istituto dell’economia tedesca), vede pesanti ripercussioni nel caso di un intervento della Bce, mentre Ansgar Belke, professore dell’Università Duisburg-Essen, teme che la Bce possa diventare “prigioniera della sua stessa politica economica”. Tutte queste prese di posizione sono però niente al confronto di quella di Frank Schäffler, responsabile della politica finanziaria dell’Fdp: “Se la Bce continua così, presto comprerà anche vecchie biciclette e per fare questo stamperà nuova moneta”.