Il Gruppo Riva e il ministro Clini spingono per il barrieramento, l'Arpa Puglia per la copertura. Beppe Grillo mostra su Facebook il caso virtuoso di un impianto siderurgico asiatico. Ilfattoquotidiano.it ha sottoposto il caso a esperti del settore, trovando conferme. Carlo Mapelli (Politecnico di Milano): "Soluzione tecnicamente interessante, ma non realizzabile a Taranto nel breve periodo"
“Perché in Corea del Sud sì e a Taranto no?”. Mentre politica e tecnici battibeccano a distanza sulle tecniche di bonifica dell’Ilva, (con il governo che propende per la costruzione di una barriera e l’Arpa che spinge per la copertura delle zone a rischio), dal web arriva l’esempio virtuoso: in Corea del Sud c’è un impianto siderurgico che ha deciso di coprire con alcune cupole i propri parchi minerali. Costi? Elevati. Effetti? Al di là delle più rosee aspettative. Da qui l’interrogativo: perché non esportare la soluzione asiatica anche in Italia? Per gli esperti si può. Per l’azienda meno. Ecco perché.
Il dibattito sul caso Ilva
Mettersi a norma “al prezzo di onerosissimi esborsi finanziari” sulla base “delle migliori tecnologie disponibili”. Le motivazioni del tribunale del Riesame parlano chiaro: per porre fine all’inquinamento provocato dall’Ilva di Taranto bisogna puntare al massimo. Con una soluzione definitiva. A ogni prezzo. La nuova partita sul futuro ‘ambientale’ dello stabilimento siderurgico del Gruppo Riva, quindi, è già iniziata. E per quanto riguarda la bonifica del Parco minerali (da cui si alzano le polveri che infestano il quartiere Tamburi) si gioca su due fronti: l‘Arpa Puglia vuole la copertura dell’area, la proprietà dell’acciaieria propende per il barrieramento (ipotesi sostenuta anche dal ministro Corrado Clini nella conferenza stampa del 17 agosto scorso), che avrebbe tempi di realizzazione e costi nettamente inferiori rispetto a quanto prospettato dall’Agenzia regionale per l’ambiente. Che in questa situazione conflittuale ha scoperto di avere un alleato inaspettato. Un paio di giorni fa, infatti, Beppe Grillo (‘riprendendo’ il Comitato cittadini liberi e pensanti di Taranto, ndr) ha postato sulla sua pagina Facebook la soluzione adottata dalla Hyundai Steel Corporation in Corea del Sud, che ha deciso di coprire i suoi parchi minerali con delle cupole ad hoc. “Questo perché durante le fasi di carico e scarico dei minerali avviene la dispersione di polveri e minerali nocivi nell’aria. Perché in Corea del Sud sì e a Taranto no?” si è chiesto il leader del Movimento 5 Stelle.
L’esempio della Hyundai Steel
L’esempio asiatico ha suscitato entusiasmo in Rete ed è stato rilanciato da migliaia di utenti che lo ritengono il massimo del virtuosismo. I dati, del resto, sembrerebbero confermare la bontà della scelta di Hyundai. L’azienda sudcoreana, infatti, è stata la prima al mondo a realizzare un sistema di stoccaggio al coperto per ridurre l’impatto ambientale in tutte le fasi del processo di produzione. Secondo un servizio della Cnn realizzato a ottobre 2011, “l’aria è più pulita e le condizioni di vita sono migliorate”. L’impianto è costato complessivamente 5,5 miliardi di dollari (ammortizzabili a bilancio in un quinquennio) ed è in grado di produrre 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno (l’Ilva ne produce poco più di 9 milioni), con 35 chilometri di nastro trasportatore. Inoltre la copertura del materiale dall’inizio alla fine del processo di trasformazione consente all’azienda di risparmiare circa 20 milioni di dollari all’anno. Al contrario, lasciare tutto all’aria aperta, secondo la Hyundai, “provoca ai produttori di acciaio una perdita dello 0.5% del materiale a causa di pioggia, vento e freddo”. Insomma, gli ingredienti della soluzione coreana sono due: risparmio sulle materie prime e tutela ambientale.
Il parere di Arpa Puglia: “Copertura unica soluzione”
“Corea e Giappone sono avanti anni luce rispetto a noi – ha spiegato al fattoquotidiano.it Giorgio Assennato, presidente di Arpa Puglia – La copertura dei parchi minerali è l’unica soluzione tecnicamente possibile contro l’inquinamento, soprattutto nel caso di Ilva”. Il perché sta nella pochezza delle alternative. “A nostro avviso – ha continuato Assennato – l’altro rimedio utile sarebbe la completa delocalizzazione dei parchi, ma questa avrebbe dei costi e dei tempi di realizzazione davvero esorbitanti”. E il barrieramento, magari con una bagnatura costante delle colline di polveri ferrose? “A Taranto la bagnatura dovrebbe esser già fatta e i risultati sono evidenti: non basta. Anche per questo motivo le barriere non sono la soluzione migliore – ha sottolineato il numero uno dell’agenzia ambientale pugliese – e credo che il tribunale del Riesame la pensi così, considerato che nelle motivazioni della sua sentenza ha fatto ampio riferimento alle nostre analisi”.
L’esperto: “Soluzione tecnica degna di interesse”
Sull’esempio delle acciaierie Hyundai Steel Corporation e sulla possibilità di ‘esportare’ la soluzione sudcoreana a Taranto, è interressante il parere al professor Carlo Mapelli, docente di siderurgia al Politecnico di Milano. “All’Ilva il trasporto su nastri protetti dalle navi ai parchi c’è già, a differenza delle cupole che in Corea coprono il parco minerario. Sono una soluzione tecnicamente interessante, per ora presente solo in questo impianto coreano – ha detto il professor Mapelli – Considerato il sistema di svuotamento, non sono una soluzione che si può pensare di installare in tempi rapidi a Taranto, in quanto servirebbero un bel po’ di mesi perché ci sarebbero da predisporre anche delle macchine specifiche sotto le cupole per consentire lo svuotamento del deposito. Comunque – è il parere del professore – si può trattare di una soluzione tecnica certo degna di interesse e di essere considerata per realizzare futuri miglioramenti, almeno di una parte del parco minerario”. Il dubbio di Mapelli, tuttavia, non è tanto nella tecnologia da utilizzare quanto sulla velocità di attuazione. “Rimango dell’opinione che per portare sollievo in tempi brevi alle persone che abitano nei pressi dell’impianto – ha specificato Mapelli – un buon sistema di irrorazione e di barriere verticali sia la soluzione più agibile, poi per il futuro compartimentare il parco e coprire singoli settori potrebbe essere interessante. La differenza è che quello coreano è un impianto nuovo di zecca (progettato apposta in quel modo) mentre qui bisogna modificare situazioni pregresse ed è molto meno semplice sopratutto su una superficie di 65 ettari. Col tempo e con un buon piano si potrà modificare qualcosa anche a Taranto”. Anche perché il tribunale del Riesame parla chiaro: soluzione definitiva a ogni costo e con le migliori tecnologie possibili. Dalla Corea del Sud un’idea è arrivata. E secondo gli esperti è fattibile, con buona pace di ministri e gruppo Riva.