Vietato giocare nei giardini del quartiere Tamburi. Lo ha disposto il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, con un’ordinanza “contingibile e urgente” che vieta ai cittadini “l’accesso alle aree verdi non pavimentate del quartiere Tamburi”. In particolare l’ordinanza riguarda le cosiddette ‘case parcheggio’: un agglomerato di edilizia popolare che versa in condizioni particolarmente drammatiche. Nei terreni, oltre al berillio, sono state individuate, dalle analisi commissionate dal Comune di Taranto, inquinanti come mercurio, nichel e cadmio, la cui comma potrebbe essere dannosa per la popolazione. “E’ un atto di prevenzione – ha dichiarato il sindaco Stefàno – Una misura che abbiamo voluto applicare per dimostrare che i controlli a tutela del cittadino sono costanti”. L’ordinanza, firmata lo scorso 18 agosto, stabilisce come termine “l’ultimazione dei lavori di messa in sicurezza definitiva/bonifica del sito” ed è il frutto di una conferenza dei servizi nella quale sono stati resi noti i dati delle analisi effettuate.
Una situazione non nuova, tuttavia, per il quartiere più vicino ai veleni dell’industria. Nel luglio 2010, infatti, il primo cittadino aveva emanato un’altra ordinanza molto simile a quella di pochi giorni fa. Destinatari principali, allora, furono i bambini del quartiere che, giocando in quelle aree, avrebbero potuto inavvertitamente sporcarsi e ingerire sostanze nocive. La stessa commissione ambiente dell’ordine dei medici di Taranto preparò e inviò alle famiglie del rione Tamburi un vademecum per spiegare chiaramente la situazione e le modalità di prevenzione dei rischi. Da allora, però, dei lavori di bonifica non vi è stata alcuna traccia.
La nuova ordinanza, quindi, sottolinea con maggior efficacia la necessità di risanamento del quartiere più inquinato d’Italia. Le perizie del tribunale, infatti, hanno chiaramente descritto l’allarmante situazione ambientale e sanitaria della zona Tamburi- Borgo. Non solo. Le centinaia di denunce per imbrattamento degli immobili, per le polveri che si sollevano dalla zona industriale ogni giorno, sono diventate un elemento contro i vertici dell’Ilva indagati dalla procura ionica. Ma soprattutto “un dato fortemente significativo – come scrivono i giudici del riesame nelle motivazioni alla decisione di confermare il sequestro senza facoltà d’uso dell’area a caldo – è che il numero di decessi, per i due quartieri sopra considerati, risulta maggiore del 70% rispetto alla media cittadina”. Ai Tamburi, insomma, si muore di più perché è lì, in quelle strade colorate dai veleni, che si è realizzato principalmente il disastro ambientale contestato dai magistrati. L’Ilva, secondo i magistrati, ha tralasciato per anni “di adottare i rimedi idonei ad abbattere, se non proprio ad evitare, le massicce emissioni di inquinanti che hanno contaminato l’ambiente circostante ovvero abbia prescelto soluzioni inadeguate alla risoluzione del grave problema ambientale in atto”.