Dopo la conferma della condanna a 10 mesi di squalifica l'allenatore della Juventus ha convocato una conferenza stampa. "I giudici fanno interviste da tifosi. Il patteggiamento è un ricatto.Se non ho visto nulla, cosa devo denunciare? Devo inventare?”
“Ho ascoltato tutti, sono stato in silenzio. Ho sempre rispettato le regole, in campo e fuori. Penso sia una vicenda assurda e ieri c’è stata la ciliegina sulla torta”. E’ un Antonio Conte scatenato quello che oggi ha convocato per la prima volta una conferenza stampa per commentare la conferma del tribunale di appello sportivo alla condanna a 10 mesi di squalifica, nel processo calcioscommesse. Conte è sotto inchiesta per fatti associati al periodo in cui guidava il Siena, ed è stato condannato per omessa denuncia relativa alla presunta combine di Albinoleffe-Siena. L’allenatore della Juventus si è detto “allibito” dall’intervento di un componente della commissione che lo ha giudicato, “qualcosa di grave e mai visto”. Il riferimento è a un’intervista di un un giudice sportivo, Piero Sandulli rilasciata a Repubblica, in cui il componente della Corte federale ha commentato : “A Conte è andata bene”. Per il tecnico bianco-nero questo è un atteggiamento “improprio e fuori dalle regole”. Poi Conte ha parlato di dichiarazioni “quantomeno inopportune” aggiungendo: “Non so se parla da tifoso”. Dopo gli attacchi è passato alla sua personale difesa: “Mi sono comportato in maniera corretta, sono 7 mesi che la mia faccia viene accostata al calcioscommesse. Io non ho mai scommesso in vita mia”.
Secondo la Corte federale della Figc Conte avrebbe potuto essere accusato di illecito in relazione alla gara Albinoleffe-Siena del 29 maggio 2011. Lo hanno messo nero su bianco nel documento di 13 pagine con cui la ha pubblicato le motivazioni della sentenza sul calcio scommesse relativa al filone di Cremona. Secondo la Corte, “la responsabilità di Conte poteva essere diversamente valutata, nella sua gravità, sia dalla Procura, che dai Giudici di prime cure, in modo da poter configurare, ovviamente verificata la sussistenza dei presupposti, una fattispecie diversa e più grave di incolpazione”.
Entrando nel merito della vicenda giudiziaria, l’ex allenatore del Siena ha spiegato che il patteggiamento è “un ricatto che viene fatto dai nostri stessi avvocati”. Infatti ha ribadito il tecnico: “Io, innocente, devo subirlo dal mio avvocato. ‘Patteggiamo, questa giustizia non consente di difendersi”. Per Conte quindi è “un ricatto bello e buono, è una vergogna”. Dopo le critiche alle scelte processuali, il tecnico juventino è passato ad attaccare la Procura: “Carobbio per la procura federale è ‘Pippò, non Filippo Carobbio. Sono pappa e ciccia…”. Carobbio è il “pentito” alla base del procedimento sportivo che ha portato alla squalifica di Conte e per lui è strano che sia “poco credibile per la procura di Cremona, ma Pippo è credibile per la procura della Figc….”. Infatti ha continuato l’allenatore, “io devo sentirmi definire poco credibile dalla procura federale che invece considera credibile una persona che da 3 anni si vende le partite, i compagni e la famiglia”. La replica della Corte federale della Figc è di parere opposto: “Carobbio non è un mitomane e non merita l’etichetta di bugiardo incallito come anche di quella di soggetto di assoluta credibilità, per come affermato dalla Commissione Disciplinare Nazionale” . La Corte ha sottolineato che le dichiarazioni del giocatore devono “essere valutate oggettivamente prescindendo da quello che sembra un vero e proprio preconcetto, nel bene e nel male”. Infine i giudici sportivi hanno ritenuto come “poco credibile” la tesi elaborata dalla difesa del Conte, secondo la quale Carobbio sarebbe un soggetto che avrebbe, in modo quasi scientifico e peraltro a freddo, costruito un vero e proprio castello di menzogne al fine di causare un gravissimo pregiudizio alla società del Siena e all’allenatore.
Invece visto che sono cadute le accuse per l’omessa denuncia legata a Novara-Siena, Conte ha spiegato: “Si parla della famosa riunione tecnica prima di Novara-Siena. Nella riunione tecnica si esaminano immagini, poi c’è un mio discorso motivazionale. E io davanti a 25 persone mi rendo ridicolo dicendo ‘oggi pareggiamò?”, ha detto Conte alludendo alle accuse mosse da Carobbio. “Questa accusa infamante mi ha fatto diventare il volto del calcioscommesse, mi ha fatto diventare lo spot”. Quindi l’allenatore ha contestato nel merito la pena: “La procura aveva chiesto dieci mesi di squalifca per due omesse denunce. Un’accusa cade, ma la pena rimane di 10 mesi. Quello che mi stanno facendo è una vergogna”. La domanda che si è posto Conte è: “Se non ho visto nulla, cosa devo denunciare? Devo inventare?”. Ma ora l’allenatore ha anche paura: “Dopo questa vicenda, ho il timore di andare nello spogliatoio e di litigare con un calciatore. Ho paura di mandare un calciatore in tribuna: domani qualcuno può denunciarmi. Oggi è successo a me e a tanti altri: domani può accadere a tutti, aprite gli occhi”.
Dopo ha preso la parola l’avvocato Giulia Bongiorno, legale di Conte: “Non ci è stata data la possibilità di difenderci appieno. Questa è una violazione a livello costituzionale, che va al di sopra di tutte le questioni”. La Bongiorno ha anche criticato il sistema della giustizia sportiva dove “il patteggiamento sta diventando miele per pentiti falsi”. L’avvocato poi ha spiegato che, “avendo conosciuto Conte da vicino paradossalmente per lui è meglio subire un secolo di squalifica che patteggiare, perché avrebbe patteggiato anche su Novara-Siena, e cioè sul suo proscioglimento. Il patteggiamento sta diventando miele per pentiti falsi”. Poi la legale si è messa a fare le pulci alla sentenza: “Nel momento in cui si analizza Carobbio e si dice che non era credibile, se si leva una stampella (l’accusa per Novara-Siena, ndr), crolla anche l’altra, perché si imputa a Conte lo stesso atteggiamento di Siena-Albinoleffe”. Anche le modalità del dibattimento non hanno convinto la Bongiorno che avrebbe preferito “un processo a due binari” che avrebbe permesso di “approfondire di più su Conte, facendo domande a Carobbio e sentendo in aula 25 testimoni”.