Si stima che 6,4 milioni di tonnellate di rifiuti galleggino ogni anno negli oceani del pianeta. E che ogni anno nel mondo siano prodotti 260 milioni di tonnellate di plastica, di cui circa il 10% finisce in mare. Una quantità che è centuplicata negli ultimi quarant’anni. Oggi, oltre 46000 pezzi di plastica galleggiano in ogni miglio quadrato di oceano. Nel mar Mediterraneo ci sono circa 3 miliardi di rifiuti galleggianti o addensati sui fondali, di cui il 70-80% è costituito da plastica. I fondali del Mediterraneo presentano la più alta quantità di rifiuti di tutte le coste europee. Buona parte dei rifiuti proviene dalle aree costiere e in particolare dalle attività ricreative: turismo su tutte. L’accumulo di rifiuti sui fondali marini blocca gli scambi gassosi tra i fondali e l’acqua sovrastante: la conseguente assenza di ossigeno (anossia) modifica in maniera sostanziale e spesso distrugge gli ecosistemi.
Circa 1 milione di uccelli marini e 100 mila mammiferi marini muoiono a causa dei rifiuti in mare ogni anno. In particolare, la plastica sta intossicando 267 specie animali: 86% delle tartarughe marine, 44% di tutte le specie di uccelli marini e 43% delle specie di mammiferi marini. La plastica è costituita da polimeri sintetici originati dal petrolio e col tempo non si distrugge, ma si scompone in frammenti molto piccoli, perfino più sottili di un capello, chiamati “micro-plastiche”: 250 miliardi di micro-particelle di plastica sono presenti sui litorali di Francia, Spagna e Nord-Italia secondo l’ultimo dossier del WWF. Anzi secondo una recente stima della Marina Nazionale francese sarebbero 290 i miliardi di microplastiche che galleggiano nei primi 10 – 15 cm d’acqua del mar Mediterraneo. I frammenti non sono distribuiti in modo omogeneo: le maggiori concentrazioni si hanno intorno all’Isola d’Elba e in Costa Azzurra, ma anche in Corsica e presso l’Arcipelago Toscano. Dato che la maggior parte dei rifiuti non è biodegradabile, ci vorranno decenni o perfino secoli perché i microframmenti di plastica si decompongano completamente: dai 20-30 anni di un cotton-fioc ai 100-1000 anni di un sacchetto di plastica, fino ai 1000 anni di una bottiglia di plastica. I sacchetti di plastica sono la quarta tipologia di rifiuti più frequentemente rinvenuti sulle spiagge del Mediterraneo: in Italia si consumano miliardi di sacchetti di plastica al mese, un quarto di quelli prodotti in tutta Europa. Dal 25 gennaio 2012 nel nostro paese è in vigore un decreto legge che vieta il commercio di sacchetti di plastica in polietilene non riciclabili, ma le prime multe non scatteranno che nel 2014.
A causa della forma e della dimensione, molti animali marini scambiano i sacchetti di plastica per prede abituali: i grossi pesci, le tartarughe e altri animali marini ingeriscono i sacchetti che fluttuano come meduse. Nelle tartarughe in particolare ciò provoca il blocco del tratto digestivo e poi il soffocamento. Gli uccelli acquatici, tipo gli albatros, sono particolarmente attratti dai tappi di plastica delle bottiglie: spesso dopo averli inghiottiti vanno a morire a terra lasciando come unica traccia della loro esistenza il contenuto del loro stomaco, tappi di bottiglia ed altri pezzi di plastica.
La plastica è altamente tossica sia per il polietilene che la compone (oltre ai coloranti potenzialmente cancerogeni e agli additivi metallici), sia perché tende ad assorbire altri contaminanti organici, veleno per tutti gli organismi animali: uomo incluso. La plastica nel mare attrae, per la presenza di olii nella propria struttura, inquinanti chimici e tossici come pesticidi, diossina, insetticidi, fungicidi, lubrificanti. Essi sono concentrati dalla plastica a livelli fino ad un milione di volte superiori di quelli normali per l’acqua marina. Piccoli pesci, meduse e plancton se ne nutrono facendo entrare definitivamente la plastica nella catena alimentare. Ormai c’è più plastica che plancton nei nostri mari: la concentrazione di frammenti di plastica è di dieci a uno rispetto al plancton di cui si cibano balene e altre specie. Poiché tali animali non distinguono alla vista la diversità, finiscono con il cibarsi di tutta la poltiglia di plastica con conseguente rischio di contaminazione della catena alimentare. Il sacchetto di plastica che qualcuno ha gettato in mare un anno fa può ricomparire nel nostro piatto sotto forma del pesce che stiamo per mangiare.