E’ stato un vero e proprio agguato quello che ha portato alla morte di Gaetano Marino, fratello del capo degli scissionisti Gennaro, ucciso nelle prime ore del pomeriggio sul lungomare di Terracina. Secondo la ricostruzione della polizia, Marino ha risposto ad una chiamata sul cellulare mentre stava in spiaggia con la famiglia prima di salire verso l’ingresso dello stabilimento balneare Sirenello. Qualcuno lo ha chiamato, attirandolo nella trappola mortale. E’ dalla Punto grigia individuata da alcuni testimoni che sono partite le indagini condotte dalla Squadra mobile di Latina e dal commissariato di Terracina e coordinate dal pm Eleonora Tortora. Errori che, accanto alla scelta del luogo per l’omicidio – una zona lontana dalla tradizionale area d’influenza dei gruppi di camorra legati alla faida interna ai Di Lauro – descrivono un’azione inusuale. E alla mente ritorna un agguato analogo, avvenuto poche decine di chilometri più a nord di Terracina esattamente un mese fa. Il 24 luglio, a Nettuno, Modestino Pellino, 45 anni, considerato un luogotenente del clan Moccia, era stato ucciso in pieno giorno nella centrale piazza Garibaldi, con diversi colpi di pistola sparati alle spalle. In quel caso l’omicida si allontanò in tutta tranquillità nei vicoli del centro cittadino, senza lasciare tracce.
Gaetano Marino era un nome importante della camorra e – secondo alcuni fonti – un frequentatore abituale dei balneari di Terracina, dove veniva spesso in vacanza con la famiglia. Era considerato ai vertici del gruppo degli Scissionisti o Spagnoli, vincitori della guerra interna al cartello dei Di Lauro. Era il fratello di Gennaro Marino, l’uomo che ha dato inizio alla faida contro i Di Lauro, e forse è per questo che è morto. Il padre, Crescenzo, è stato ucciso dal clan rivale come vendetta e Gaetano da quel momento si diede alla macchia. Dagli anni ’90 non aveva più le mani, le perse durante un’altra guerra fra bande, gli esplose una bomba in mano mentre stava tentando di far saltare la villa dei Ruocco. In una inchiesta del Gico del 2010 Gaetano Marino era stato dipinto come il portavoce della camorra presso la criminalità organizzata albanese.
Il 10 febbraio scorso è divampata la polemica, perché il boss è stato immortalato in prima fila durante un programma Rai, andato in onda il 29 dicembre, mentre sua figlia Mary Marino canta, una lettera dedicata al padre. “Questa è una storia passata inosservata”, aveva scritto Roberto Saviano, segnalando l’episodio. “Strana, dura pochi minuti. Ma minuti televisivi. Arriva in milioni di case nei giorni che si preparano al Capodanno. Ma il racconto di questi minuti televisivi non avrebbe senso se non si conoscesse la storia di Gaetano McKay Marino”.
L’agguato è avvenuto in un territorio dove ormai da almeno un paio di decenni la presenza dei gruppi di camorra e ‘ndrangheta è consolidata. Due le grandi inchieste della Dda di Roma che hanno portato alla luce gli affari della criminalità organizzata nel sud pontino. Il processo più noto è l’indagine “Damasco”, centrata sulla città di Fondi e sull’intreccio di interessi tra la famiglia ‘ndranghetista Tripodo e parti dell’amministrazione comunale (l’ex assessore di Forza Italia Riccardo Izzi è stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa), confermando di fatto quanto emerse dalla relazione della commissione di accesso, poi fermata dal consiglio dei ministri. L’altra inchiesta chiave – conosciuta come “Anni ’90” – ricostruì la forte attività in provincia di Latina di gruppi legati direttamente al cartello dei casalesi, con imputati eccellenti del livello di Michele Zagaria.