Vi ricordate del soldato Manning? È quello che ha dato ad Assange i files rubati agli Usa presso l’ambasciata iraniana. Tra quei files vi era un filmato di un elicottero che insegue alcuni civili terrorizzati; e li mitraglia. I files furono pubblicati su Wikileaks e tutto il mondo scoprì la brutale spazzatura americana. Adesso Manning è detenuto da 2 anni negli Usa, sottoposto a un regime carcerario incivile, e Assange è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, inseguito da una denuncia di stupro presentata da due svedesi che erano andate volentieri a letto con lui (in tempi diversi) e che, qualche giorno dopo (ma contemporaneamente), ci avevano ripensato: ohibò, l’ho fatto senza preservativo! E l’hanno denunciato perché in Svezia un rapporto sessuale non protetto (e non accettato con quelle modalità) costituisce stupro.

Naturalmente tutti pensano che si tratti di un giochetto per estradare Assange negli Stati Uniti dove sarà conciato a dovere. Assange è difeso da Balthazar Garzon, l’ex giudice spagnolo, perseguitato per aver tentato di processare gli assassini franchisti per crimini contro l’umanità. Buttato fuori dalla magistratura, ha trovato qualche altra buona causa da difendere. E, siccome non è solo un coraggioso ma anche una fine testa giuridica, ha impostato la difesa sull’esistenza del danno cagionato. La questione è: ma Assange ha provocato un danno agli Usa? E quale? La risposta alla prima domanda è: certo che sì, il mondo ha conosciuto i crimini commessi da quel paese. E, quanto alla seconda: a seguito dalla pubblicità data alle loro malefatte gli Usa hanno patito una diffusa riprovazione etica, politica e sociale.

L’idea è che nessuna persona di buon senso imposterebbe un’accusa su queste basi: ti processiamo e ti condanniamo, magari a anche a morte, perché ci hai fatto perdere la faccia di fronte al mondo intero, raccontando a tutti le porcherie che abbiamo commesso. Come ho detto la tesi non è male; non fosse che né Assange né Manning saranno processati davanti a un tribunale autonomo e indipendente che li giudichi secondo la legge. Per Manning è già pronto un giurì speciale e segreto e, se riescono a prenderlo, chissà che fine farà Assange. Parlando di tribunali autonomi e indipendenti mi sono venute in mente le miserie italiane che qualche somiglianza con la storia di Wikileaks alla fine ce l’hanno.

Per dire: ci sono un paio di telefonate che Napolitano scambia con Mancino, imputato di falsa testimonianza nel processo per la trattativa Stato-mafia. Secondo Napolitano nessuno deve conoscere cosa gli ha detto l’imputato e soprattutto cosa lui gli ha risposto. Quindi la Procura di Palermo deve distruggere le intercettazioni con una procedura “aum aum”, niente avvocati, magari anche niente giudici: nel caminetto. La Procura non ci sta, dice che la legge non lo permette. Politica e organi di informazione tutti (con un paio di eccezioni) aggrediscono quotidianamente la Procura; e il Csm si chiede se avviare procedimenti disciplinari. Insomma anche qui il problema non è quello che si sono detti il Presidente e l’imputato; è che si è venuto a sapere che qualcosa si sono detti e che, peggio ancora, applicando la legge, potrebbe succedere che si sappia finalmente il contenuto di questo qualcosa.

Non sarebbe bello riflettere sui compagni di strada con cui, volenti o nolenti, si finisce con l’accompagnarsi quando si adottano certe iniziative?

Il Fatto Quotidiano, 24 agosto 2012
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