E’ un periodo infelice questo, doppiamente per Bologna e i bolognesi, uno dopo l’altro scompaiono uomini di valore enorme Guido Fanti, Lucio Dalla, Stefano Tassinari, Maurizio Cevenini, uomini che sempre si sono spesi per unire.
Va detto però che se per uno i motivi di età erano comprensibili, per un altro la lunga malattia può averci abituato all’idea, forse, ma il vuoto resta immenso. E ancora di più per chi è stato colpito improvvisamente e improvvisamente se n’è andato.
Cose cui la nostra volontà non poteva opporsi, ma non è così per chi invece se n’è andato volontariamente, qui la nostra disattenzione è colpevole e lo sappiamo, proprio per questo da tutte le parti si sollecitano parole di assoluzione. Ora brevemente, i preti hanno questo loro compito, non gli uomini, agli uomini resta il dovere di interrogarsi e di trovare l’errore, che non si ripeta perché, dopo, son tutti buoni a piangere.
Potete pure credervi assolti, siete comunque coinvolti.
Io la mia colpa ce l’ho. Ultimamente frequentavo meno Maurizio, ma al solo vederlo si capiva che non era lo stesso di un paio di anni fa. Quando avevamo riso insieme dopo le primarie che aveva vinto Flavio Delbono e a lui, secondo, avevo detto in gergo sportivo “bè… stai pronto a saltare fuori dalla panchina!” e lui, al solito, si era schermito. Flavio Delbono invece si dovette dimettere per davvero e rimase Maurizio, presidente del Consiglio Comunale, a gestire il passaggio con il commissario straordinario Cancellieri.
Si cominciava a sperare per lui e lui sorrideva a denti stretti, perché era un momento buio per tutti, ma sorrideva ancora come prima. E celebrava matrimoni, anzi, quando fece il 4000esimo l’andai a trovare e gli dissi “fammi il segno di Sasha” e lui fece il 4 con le dita come Danilovic per il mitico canestro da 4. Oppure lo trovavi a pedalare su un risciò per portare in giro l’attrice Carla Astolfi vestita da befana o in ogni altro momento in cui ci fosse qualcosa da unire perché lui era uno del popolo, veniva dal popolo, era sempre “al fiol dal barbir” e per parlare andava dal Ciccio.
Per quanto voi vi crediate assolti, siete comunque coinvolti.
Poi l’estate 2010, quella con la sua vittoria alle primarie dopo le 19000 e passa preferenze ottenute in primavera alle elezioni regionali. Se è dura piacere ad una persona, figurarsi a diciannovemila! E in quella estate Maurizio sembrava non piacere solo ai suoi colleghi di partito, nemmeno gli avversari di schieramento politico erano così accaniti contro di lui. Dicevano che era troppo leggero, senza spessore, non abbastanza scafato… che a Bologna storcere il naso sia uno sport molto popolare si sa, ma quelle critiche gratuite e affilate, nel loro voluto non essere referenziate, lo ferirono. La grande affermazione politica dei suoi soddisfatti detrattori fu che non resse, si ammalò, fu ricoverato, quando uscì speravo di trovarlo ristabilito e lo sembrava.
Anche se allora vi siete assolti siete lo stesso coinvolti.
E certo che si tuffò nuovamente nell’impegno, come prima e più di prima, per la gente, la sua gente… e per il partito. Generosamente si offerse di sostenere il nuovo candidato avvertendo “io sono qui, ma i voti delle mie preferenze ve li dovete conquistare”, e lo disse comunque con la leggerezza di uno che non è mai stato astioso, stizzoso nè vendicativo. Rimase in lista anche per le comunali portando al partito oltre 13000 preferenze e forse, proprio per questo, in questa politica fatta di Grande Comunicazione, ma lontana dalla gente, qualcuno lo sentiva ingombrante. Possibile che questo individuo così anacronistico e semplice fosse, in maniera così imbarazzante, sempre preferito ai guru, agli scienziati e ai ras di partito? Consigliere sia regionale che comunale? E lui rinunciò ad uno stipendio. Presidenza del consiglio comunale? Rinunciò anche a quella. Senza enfasi, con la naturalezza di uno cui importano solo i risultati collettivi. Viene facile dire: forse solo a lui.
Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.
Ultimamente lo incontravo poco e quando lo incontravo aveva sempre un saluto, per me come per tutti, come sempre, ma il suo sorriso era cambiato e io, fotografo di teatro, l’avevo notato. Mi ero detto che non aveva ancora assorbito il colpo e allora provavo a farlo sorridere con qualche battuta. Il suo sorriso adesso era grato, certo, ma tirato. In fondo basta poco ad indurire un uomo e a impoverirlo, anche se lui restituisce tutto il bene che gli arriva moltiplicato per dieci, basta poco a inaridirlo. Certo è bastato consumarlo togliendogli i sogni, l’orgoglio che non esibiva mai e la dignità, metterne velatamente in dubbio l’onestà e poi… e poi pensarlo come se fosse sempre lo stesso, formalmente lo stesso… fino a quel volo impossibile, eppure evidentemente liberatorio.
Anche se ora ve ne fregate voi quella notte voi c’eravate.
Voglio scusarmi con chi, amando molto Faber, trovi sgradevole che io abbia usate frasi da una delle sue canzoni più significative e sentite. Una delle cose che so di Faber è che (come me o io come lui) detestava l’ipocrisia e che, più e meglio di me, aveva imparato a comprendere e perdonare.