Veleni, polemiche, squalifiche, ma soprattutto pochi soldi. L'ex campionato più bello del mondo riparte tra tantissime scommesse e molte nuove idee. Da Zeman, a Stramaccioni, da Destro a Insigne, passando per il nuovo corso di Milan e Fiorentina, la speranza è un torneo avvincente (e senza sospetti) fino all'ultima giornata
Schiacciata tra scandali scommesse e lotte di potere, veleni assortiti e polemiche più o meno futili, spending review necessarie e ridimensionamenti coatti, spalti vuoti e fughe di campioni, si apre oggi, con l’inizio della Serie A 2012-13, una nuova stagione per il calcio italiano. Quello che una volta era considerato il campionato più bello del mondo, dopo aver ceduto il passo alla Premier inglese e alla Liga spagnola, ha dovuto oramai inchinarsi anche alla Bundesliga tedesca. E, se non si ripiglia in fretta, presto potrebbe sentire sul collo il fiato di altri campionati, come testimonia quel coefficiente Uefa che già l’anno scorso ha ridotto a tre le squadre italiane in Champions. Eppure, padroni del vapore permettendo, da un penoso stato di necessità si potrebbero riscoprire antiche virtù. E un nuovo modo di fare calcio.
SCANDALI E VELENI
La Serie A comincia oggi (Fiorentina-Udinese e Juve-Parma) con una classifica già ‘sporca’ prima ancora di scendere in campo: -1 per Sampdoria e Torino, -2 per l’Atalanta e -6 per il Siena. Il frutto, velenoso, delle prime sentenze dello scandalo calcioscommesse che ha travolto, per l’ennesima volta, il calcio italiano. E ancora si attende che sul tavolo del procuratore federale Palazzi giungano i faldoni delle inchieste del quarto (Napoli e Genova) e quinto (Bari) filone delle indagini delle procure. Tra indagati e indignati, prosciolti, patteggiati e condannati, la squalifica più clamorosa – in attesa del ricorso al Tnas, che probabilmente ridurrà sensibilmente la pena – è però quella del tecnico bianconero Antonio Conte, che sarebbe per adesso costretto a saltare l’intero campionato. E così è di nuovo Juventus contro tutti, non solo sul campo. Dalle polemiche cinesi con il Napoli dopo la Supercoppa, alle schermaglie dialettiche con gli storici nemici Zeman e Moratti, alle violente accuse vomitate dal presidente Agnelli contro i vertici federali, che nascono da vecchi rancori e, dietro la conta degli scudetti e delle stelle, nascondono 443 milioni di buoni motivi: ovvero il risarcimento in euro per i presunti danni subiti da Calciopoli che è stato richiesto dalla Juve alla Figc.
SPENDING REVIEW
Una cifra simile – 495 milioni di euro – è invece il risparmio complessivo alla voce stipendi delle 20 squadre di Serie A rispetto alla stagione precedente. Una spending review calcistica, necessaria e doverosa, che è però avvenuta a fronte di un impoverimento tecnico e qualitativo del campionato. In attesa di conoscere il destino dei vari Cavani, Jovetic e De Rossi, hanno già abbandonato l’Italia campioni affermati come Ibrahimovic, Thiago Silva e Lavezzi, e giovani di belle speranze come Verratti e Borini: restituendo un po’ di ossigeno ai bilanci delle squadre e riportando in auge il baratto (Cassano-Pazzini) come la forma di scambio di un calciomercato improntato alla decrescita. E se è vero che i debiti complessivi della Serie A (2,6 miliardi) sono inferiori a quelli di Liga e Premier, è anche vero che il calcio italiano non possiede quell’ ‘avanzo primario’ che invece protegge il paese a livello macroeconomico. Alle società italiane mancano, infatti, sia gli stadi di proprietà – e vedremo quali potranno essere gli effetti a lungo termine della nuova legge (link legge stadi) – che la capacità vendere il proprio marchio nei paesi emergenti: ovvero le fonti principali di introiti per gli altri top club europei. E mentre con poche eccezioni, come Juve e Roma, gli abbonati disertano in massa gli stadi, i diritti televisivi (poco meno di 3 miliardi in tre anni) che una volta erano il nostro vanto cominciano a non reggere il confronto con Premier (quasi 5 miliardi e +70% rispetto al triennio precedente) e Bundesliga (cifre inferiori ma in crescita del 52%).
LE SETTE SORELLINE
Ma se è vero che dal letame nascono i fiori, ecco che la crisi del calcio italiano potrebbe portare a un campionato interessante e combattuto come non mai. Dalle sette sorelle degli anni Novanta, gonfiate dalle plusvalenze tossiche di Parma, Lazio e Fiorentina, che facevano tremare il mondo e dominavano in Europa (9 finali di Champions di cui 4 vinte, 13 di Coppa Uefa di cui 8 vinte, 5 di Coppa delle Coppe di cui 4 vinte) alle sette ‘sorelline’ di oggi, che non spaventano certo il continente ma potrebbero far divertire la penisola. La Juve campione, in campo stasera a Parma, si è rinforzata ulteriormente (Isla, Asamoah, Lucio, Pogba e Giovinco) e nessuno avrebbe potuto impensierirla per il bis, non fosse stato per l’incognita Conte. E così, date per protagoniste le due milanesi anche solo per motivi storici – la veste ‘ggiovane‘ che si sono date serve in realtà a mascherare la fine di cicli più o meno vincenti – la toponomastica del campionato ri-accoglie a braccia aperte nella lotta al vertice il Napoli e la Roma, che con Insigne e Destro simboleggiano la meglio gioventù del nuovo calcio italiano che da un’età media di 27,5 anni nella stagione scorsa è scesa oggi a 25,8. Con loro l’Udinese, capace come l’araba fenice di reinventarsi ogni anno dalle ceneri delle sue cessioni, e la nuova Fiorentina di Montella. E se sette sorelline vi sembran poche, tra le novità del campionato – oltre a quelle assolute degli arbitri di porta e delle panchine allungate fino a 12 giocatori – ci sarà il ritorno delle quattro sfide cittadine: Milan-Inter, Roma-Lazio, Juventus-Torino e Genoa-Samp. E tra scandali e polemiche, tagli e rimpianti, anche la possibilità, forse, di ricominciare a divertirsi.