Il capogruppo alla Camera del Pdl 'confessa': "I partiti hanno fatto un pessimo uso delle liste bloccate, ma senza di esse una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento". E sulla legge elettorale Buttiglione attacca: "E' pronta da prima dell'estate, ma nella pantomima del bipolarismo non si può dire"
Nella prossima legislatura i big dei partiti torneranno tutti a sedere comodamente sugli scranni del Parlamento. Esattamente come è successo con il Porcellum, così accadrà con la nuova legge elettorale, quale che sia. A dirlo, per una volta, non sono i retroscena di palazzo, ma direttamente il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, in una intervista pubblicata sul Mattino: “Un terzo dei parlamentari va scelto dai partiti con i listini bloccati – spiega Cicchitto – certo, delle liste bloccate i partiti hanno fatto pessimo uso, ma senza di essi una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento. Serve equilibrio, non demagogia”.
Giù il velo dell’ipocrisia, Cicchitto ‘confessa’: c’è una intera oligarchia politica che non può permettersi di rimanere a casa solo perché gli elettori non la vogliono più vedere. E pazienza se questo permetterà di mettere in Parlamento le Minetti di turno. Per il resto, il capogruppo del Pdl si mostra “cauto” sull’accordo per la legge elettorale. “Il filo del dialogo non si è mai interrotto ma su alcuni punti qualificanti esistono più opzioni: se il premio andrà al primo partito, come chiediamo noi del Pdl, o alla coalizione, come vuole il Pd, e di che entità sarà, se del 10% o del 15%. Poi, preferenze o collegi oppure una soluzione intermedia tra queste due ipotesi”.
Proprio questi sembrano essere, allo stato, i nodi della trattativa tra i partiti. Un filo, stando alle parole del Pd Enrico Letta, sempre sul punto di interrompersi ma tenuto insieme dal duro lavoro di mediazione: “Se non si cambia la legge elettorale ora – ha dichiarato il vice di Bersani – il prossimo Parlamento sarebbe l’agonia della Seconda Repubblica. Invece, il prossimo Parlamento deve essere l’inizio della Terza Repubblica. E questo può avvenire solo con un Parlamento eletto dai cittadini”.
Dopo l’ottimismo della scorsa settimana – “l’accordo è vicino, a breve l’annuncio” – il numero due del Pd torna a dubitare per invocare la responsabilità del trio ABC: “Serve la buona volontà dei partiti maggiori a seguire l’appello di Napolitano. Lo ha detto con forza in questi mesi, richiamando il tema dell’interesse generale. La nuova legge elettorale è per il bene del Paese e serve a recuperare credibilità politica. Ci siamo vicini, ma ognuno deve fare la sua parte”.
A gelare la retorica di Letta di fronte ai microfoni di Tgcom 24, è però intervenuto un altro ex democristiano, l’ex ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione. Ieri compagno di partito, poi nemico, oggi e domani quasi sicuramente alleato dello stesso Partito democratico, Buttiglione ha buttato acqua sul sacro fuoco della responsabilità politica che da mesi viene continuamente invocato ogni volta che si parla della transizione dal Porcellum a una nuova legge.
L’accordo sulla legge elettorale – ha svelato Buttiglione – “è pronto da prima dell’estate”, ma non si dice perché in Italia “è ancora in piedi la pantomima del bipolarismo, un sistema per cui gli accordi non si fanno o, se si fanno, bisogna disprezzarli o attaccarli con odio. Una mentalità malata da cui bisogna uscire”. In un’intervista al Mattino, il presidente dell’Udc ha descritto nei dettagli – molti dei quali a dire il vero noti da giorni – i contorni dell’accordo: “Il sistema elettorale sarà di base proporzionale – spiega Buttiglione – con uno sbarramento nazionale al 5% e all’8% in tre circoscrizioni, premio al primo partito, un terzo di liste bloccate e due terzi di preferenze o collegi”.
Buttiglione ha anche escluso l’ipotesi di elezioni anticipate, “a meno che non venga sconfitta in Europa la linea Monti-Draghi-Hollande-Merkel”. Quanto alla grande coalizione, “molto dipende dal sistema elettorale. Se passa quello di cui abbiamo parlato, che favorisce le aggregazioni ma non le impone, a meno che non vinca nettamente un’alleanza di centrodestra o una di centrosinistra, vorrà dire che è il popolo sovrano a volerla”, dichiara. “Molti che nel loro cuore la vogliono, nel Pd come nel Pdl, ma a parole la negano, sanno che è la sola soluzione possibile. Solo con il Porcellum o con un Super-Porcellum si potrebbe evitarla”.
Con questo sistema, quindi, l’unico nodo resta quello dell’entità del premio da assegnare al primo partito. Il Pd, al momento confortato dai sondaggi che lo vedono attorno al 25-27%, in vantaggio netto sul Pdl, spinge per ottenere un premio del 15% (o più) che garantirebbe controllo su una eventuale coalizione con Udc e Sel e la speranza di avere una maggioranza. Il Pdl vorrebbe mantenerlo più basso, tra il dieci e il 12%, rendendo in questo modo indispensabile un continuo accordarsi delle forze politiche. Con buona pace dei proclami di Alfano – “Silvio vuole vincere e governare” – buoni per dare una idea di competizione.
Del resto, i numeri – che i partiti conoscono a memoria – dicono che con l’attuale grado di sfiducia nei confronti della classe politica, con il nuovo sistema “alla greca” formare una maggioranza in parlamento sarebbe impresa ardua. Il Pd – dicono gli ultimi dati dell’Istituito Cattaneo pubblicati dalla Stampa – ci riuscirebbe solo con una alleanza con Sel e Udc. Solo in questo modo si garantirebbe una quarantina di seggi di vantaggio sull’opposizione. Ma questo renderebbe indispensabile una pace permanente tra centro e sinistra che al momento non si vede. Il centrodestra, di contro, ha tutto da guadagnare da un premio più basso – con buona pace della governabilità – che agirebbe da richiamo della sirena per riportare l’Udc verso il centrodestra. Di certo, numeri alla mano, nessun partito potrà cavarsela da solo.