Quarto pensiero sul tema del razzismo che mi ha inviato Laura Marinoni, una delle principali interpreti del teatro italiano.
Non riesco a non pensare a Gaber, che in pochi versi ha riassunto il nocciolo del problema.
“In Virginia il signor Brown era l’uomo più antirazzista, finché un giorno sua figlia sposò in uomo di colore. Lui disse bene, ma non era di buon umore..”
Eh sì, è sul campo che si vede chi siamo, non certo dalle nostre idee. Chi oggi ha il coraggio di riconoscersi razzista?
Eppure. Cosa rispondo a mia madre che per la seconda volta affitta a dei marocchini e per la seconda volta, dopo mesi di attesa dei pagamenti, è costretta a chiedere lo sfratto con tutto quello che comporta? Vive anche di quei proventi… Diciamo che non può provare simpatia per quelle persone, che in un battibaleno diventano “gli arabi”, ca va sans dire.
E a sua volta lei fa parte di quella categoria – i pensionati – che sono sopportati e spesso emarginati dai giovani di turno, campioni della società. Solo per fare un esempio.
E perché non riflettiamo mai sul fatto che il razzismo è biunivoco: noi non amiamo il diverso ma neppure il diverso ama noi? Vedi i perseguitati di ogni religione, ordine e grado!
Forse il vero scoglio culturale sta nella facilità di generalizzare il “nemico”.
È facile nutrire un sentimento di odio o di antipatia, non richiede analisi, né compassione elementare.
Una riflessione personale: io credo che solo accettando pienamente se stessi con le proprie contraddizioni si possa riuscire ad accettare l’altro, il diverso-da-sé.
Ci accontentiamo troppo spesso di sentirci il termine di paragone assoluto e restiamo in superficie, diamo una spennellata di bianco alle nostre fobie, e via.
di Laura Marinoni