Perché nel mondo “occidentale” governi e cittadini sono tutti così terribilmente terrorizzati dall’idea di ricevere una missione congiunta degli organismi internazionali finanziari, volta a valutare lo stato di salute dell’economia domestica e verificare l’attuazione delle misure correttive previste? Me lo chiedo da quando, come conseguenza della crisi globale e del peggioramento delle condizioni economiche di alcuni paesi europei, si attuano (Grecia) o paventano (vedi Spagna, Italia) azioni di assistenza tecnica da parte del Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea e l’Unione Europea per supportare i governi nazionali nella messa in opera delle misure e riforme strutturali previste per il risanamento dei conti.
Sono ben consapevole che esiste una larga fetta di opinione pubblica che vede questi organismi (ed aggiungiamoci pure la Banca Mondiale) come vero e proprio fumo negli occhi, responsabili del default di molti paesi asiatici e latino-americani nei decenni passati in applicazione del cosiddetto Consenso di Washington, un pacchetto di politiche neo-liberiste destinate a dare impulso alle economie dei paesi in via di sviluppo che alla prova dei fatti si è rivelato un mezzo fiasco.
Ma a mio parere il punto non è questo: la ragione vera è che intimamente siamo tutti – più o meno consciamente – gelosi della nostra sovranità e rivendicativi delle nostre capacità, poco disposti pertanto ad accettare consigli dall’esterno. La cosa buffa è che poi tra di noi passiamo le giornate al bar a discettare di quanto incapaci, corrotti ed impresentabili siano i nostri governanti. Ma quando si arriva al punto di avere un supporto tecnico esterno per fornire una consulenza qualificata, scatta la protezione del territorio. E’ un po’ come succede ad alcuni genitori con i propri figli: passano la giornata a rimproverarli e criticarli, ma guai se qualcuno non appartenente al nucleo familiare si permette di accennare una velata opinione non adorante circa i pargoletti.
La cosa ancora più irritante è che da sempre siamo compatti nell’appoggiare il lavoro di assistenza che gli organismi internazionali forniscono ai governi dei paesi in via di sviluppo, con sedi di tali organismi distaccate nelle capitali di tutto il mondo e personale degli organismi stessi piazzato in posti chiave dei Ministeri locali nella veste di consulente di alto rango. Ciò sulla premessa, approvata quasi unanimemente, che tali paesi non hanno al proprio interno know-how, competenze, etica e rettitudine per governare la propria economia e le proprie politiche di sviluppo, e vanno quindi aiutati.
Bene, io sono uno dei sostenitori di tale tesi, ed avendo lavorato per tali organismi in vari paesi sono ancora più fermamente convinto che questo sostegno, sicuramente perfettibile, sia un elemento chiave per continuare a sperare in uno sviluppo armonioso del globo. Ma sono altrettanto convinto che anche alcuni paesi europei meno virtuosi (tra cui il nostro) abbiano tutto da guadagnare da un supporto esterno che ci detti il ritmo ed il senso di marcia di quelle riforme necessarie e che sono rimaste inevase per trent’anni. Non di tratta di mostrarsi deboli agli occhi del mondo, ma dare anzi un segno di maturità riconoscendo i propri limiti di conoscenze ed attitudine verso una materia, la governance dell’economia, dove negli ultimi anni tutti i grandi supposti Soloni hanno mostrato di aver clamorosamente fallito.