Con buona pace di chi continua a pensare che l’uomo possa impunemente inquinare aria ed acqua, consumare il territorio, distruggere le foreste, in nome dei dio Pil (era molto meglio il dio Pan), l’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) ci ricorda che dalle 50 alle 130 specie al giorno scompaiono per causa umana diretta od indiretta e che ben 45.000 specie sono minacciate, fra le quali dei nostri parenti stretti come scimpanzé, gorilla ed orangotango. L’Iucn è fatta di uomini, di scienziati che studiano ed ammoniscono. Ma evidentemente gli altri uomini credono che si possa continuare così, che l’uomo possa continuare ad esistere anche se le altre specie si estingueranno. Beata innocenza, o, meglio, imbecillità.

A tutto questo ho pensato quando ho letto di una specie molto vicina a noi che non si sta estinguendo (per fortuna), ma certamente non se la passa bene: i pipistrelli, che, ad onta di ciò che possiamo pensare, ve ne sono ben di  1250 specie, e sono il secondo gruppo di mammiferi più importante al mondo. Il cambiamento climatico e nuove malattie portate dal cambiamento di habitat li stanno decimando. Anche qui in campagna, dove vivo, stanno diventando cosa rara, anche per via della scomparsa dei ruderi che – oltre alle grotte – possono costituire il loro naturale rifugio. L’aumento delle zanzare ne è la cartina al tornasole.

Permettetemi una digressione personale, al di là delle considerazioni etologiche, il pipistrello è un animale straordinario. Ricordo l’emozione che provai a fotografarne uno di giorno e quando, sempre di giorno, uno entrò dalla finestra nel mio studio. E poi, accidenti, senza pipistrelli non ci sarebbero stati alcuni dei migliori film di Tim Burton e di Christopher Nolan: checché se ne dica, il pipistrello ispira da sempre la fantasia di noi umani.

Caro, vecchio pipistrello. Già, vecchio: di almeno cinquanta milioni di anni. Te ne auguro altrettanti, così volerai su ciò che resterà della storia umana.

 

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