Finisce con una sconfitta la battaglia legale avviata in Israele dai genitori di Rachel Corrie, l’attivista americana di 23 anni schiacciata da un bulldozer dello Stato ebraico mentre faceva da scudo umano contro la demolizione di alcune case palestinesi. Il tribunale distrettuale di Rafah ha respinto la richiesta di indennizzo dei genitori, che avevano avviato un causa civile contro lo Stato israeliano, accusandolo di essere responsabile dell’uccisione della figlia e di non aver condotto un’indagine credibile. “Abbiamo raggiunto la conclusione che non vi fu negligenza da parte dell’uomo alla guida del bulldozer”, ha affermato in il giudice Oded Gershon, che ha definito la morte dell’attivista “un incidente deplorevole”. Il magistrato ha inoltre spiegato di non aver riscontrato alcuna negligenza da parte dell’esercito israeliano e che l’inchiesta della polizia militare e’ stata condotta nel modo opportuno.
“Non vi è alcun fondamento per richiedere un indennizzo allo Stato”, ha concluso, sottolineando che Rachel “si mise da sola e volontariamente in pericolo. Fu un incidente da lei stessa provocato”. In aula erano presenti Craig e Cindy, i genitori di Rachel, affiancati da un’interprete. “Sono ferita”, è stato il laconico commento della madre.
Attivista dell’International Solidarity Movement – lo stesso in cui militava Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza l’anno scorso – Rachel era originaria di Olympia, nello Stato di Washington. Il 16 marzo 2003, assieme ad altri compagni, stava cercando di ostacolare le operazioni di demolizione israeliane a Rafah, nel sud della Striscia, al confine col Sinai. Era di fronte alla casa di un medico palestinese, un amico, quando fu investita da una ruspa.
”Anche se non sorprendente, questo verdetto è un esempio ulteriore della vittoria dell’impunità sulla responsabilità e sulla onestà – ha commentato l’avvocato Hussein Abu Hussein, legale della famiglia Corrie – Rachel Corrie – ha aggiunto Abu Hussein – è stata uccisa mentre protestava in forma non violenta a Gaza contro la demolizione di abitazioni e l’ingiustiza. Questa corte – ha aggiunto – ha così avvallato pratiche illegali, fra cui l’aver trascurato la protezione di vite umane”. “Questo verdetto – ha concluso il legale – biasima in definitiva la vittima, sulla base di fatti presentati al giudice in forma distorta”.
Da parte sua la rappesentante della pubblica accusa ha sostenuto che nel dibattito processuale è stato dimostrato oltre ogni dubbio che il conduttore del bulldozer militare non poteva in alcun modo vedere, dalla propria cabina, la figura di Rachel Corrie, che si era venuta a trovare a brevissima distanza dal suo veicolo.