Dopo la sentenza pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, nel nostro Paese non dovrebbero più esserci dubbi: la diagnosi preimpianto é lecita e non dovrebbe essere vietata alle coppie portatrici di malattie genetiche, neanche se fertili. Lo Stato italiano dovrà quindi adeguarsi, come spiegano i giuristi, a questa decisione, e il modo per farlo sostanzialmente è riscrivere la legge 40 sulla procreazione assistita. Anche se, finché non trascorre il termine di tre mesi in cui il Governo può presentare ricorso alla Grand Chambre della Corte, la decisione non é definitiva.
“La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo denuncia la sostanziale incostituzionalità della legge 40 – rileva Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale – .Una pronuncia che obbliga l’Italia a conformarsi, e di fatto lo Stato dovrà cambiare la legge” a meno che non presenti ricorso. In altre parole l’Italia potrà ottemperare alla pronuncia “o con una modifica da parte del legislatore nell’immediato – continua – o con una pronuncia di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale”. Dello stesso parere anche Amedeo Santosuosso, bioeticista e consigliere di Corte d’Appello a Milano, secondo cui questa sentenza “riconosce la giustezza e rafforza quanto già affermato dai magistrati italiani e dalla Consulta nel 2009, cioé che la diagnosi preimpianto è perfettamente lecita. Lo Stato italiano dovrà dare attuazione a quanto stabilito dalla Corte europea e adeguarsi alla sentenza, e anche le eventuali successive pronunce dei giudici italiani”.
Tuttavia la sentenza della Corte di Strasburgo non è ancora definitiva, finché non trascorre il termine di tre mesi per presentare ricorso alla Grand Chambre della Corte di Strasburgo. Se quindi per ipotesi, in questi tre mesi di attesa, la coppia italiana volesse accedere alla diagnosi preimpianto in un centro di procreazione assistita e questo si rifiutasse di farla, “la strada possibile sarebbe di ricorrere al tribunale – aggiunge Onida – Il giudice italiano avrebbe due strade: o ritenere la legge 40 già interpretabile alla luce della sentenza della Corte di Strasburgo e quindi autorizzare la procedura, o adire la Corte Costituzionale per un pronunciamento”.
Comunque i tribunali italiani e la Consulta negli anni scorsi hanno già aperto la strada alla diagnosi pre-impianto e abolito altri divieti previsti dalla legge 40, come il divieto di crioconservazione degli embrioni e il limite di utilizzo di tre embrioni per ciclo di fecondazione. La legge 40 é finita infatti cinque volte in tutto sui banchi della Corte Costituzionale (nel 2005, due volte nel 2009, una nel 2010 e una nel 2012), e 17 in tutto se si aggiungono anche le pronunce dei tribunali. Per quanto riguarda la diagnosi preimpianto, nel 2005 un giudice del tribunale di Cagliari aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13 in relazione a una donna portatrice sana di beta-talassemia cui era stata negata la possibilità della diagnosi preimpianto. Ma nel 2006 la Corte Costituzionale aveva dichiarato inammissibile il ricorso perché formulato in modo contraddittorio. Nel 2007 il Tribunale di Cagliari invece aveva riconosciuto che la diagnosi preimpianto é consentita, e qualche mese più tardi lo stesso aveva fatto anche il tribunale di Firenze. Nel 2008 il Tar del Lazio aveva annullato le linee guida per l’applicazione della legge per ‘‘eccesso di potere” nella parte in cui vietavano le indagini cliniche sull’embrione, e nel 2009 la Consulta abolisce il divieto di crioconservazione e scrive che la coppia ha diritto a essere informata sullo stato di salute dell’embrione, e a poter effettuare, conseguentemente, una scelta consapevole, cosa che giustifica l’impiego delle migliori tecniche “secondo i canoni della scienza e dell’arte medica”. Cosa che ha rassicurato i centri di procreazione assistita italiani che hanno ripreso a fare la diagnosi preimpianto. Nel 2010 il tribunale di Salerno ha autorizzato, per la prima volta in Italia, la diagnosi genetica preimpianto ad una coppia fertile portatrice di una grave malattia ereditaria, l’Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1. A questa sono seguite altre decisioni in tal senso presso i tribunali di Firenze, Bologna e Salerno per altre coppie.
In Europa attualmente sono sedici i Paesi che consentono la selezione pre-impianto: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia. E forse anche in Italia presto di questo divieto (non contenuto nella legge 40, ma nelle sue linee guida) verrà fatta definitivamente piazza pulita. Lo stesso ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha riconosciuto che una riflessione va affrontata. “E’ un problema già noto, ma aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza. Bisogna capire quali siano i beni da tutelare e tenere conto di tutti i valori in gioco, tra cui la soggettività giuridica dell’embrione”.