Una “vittoria laica”. Dopo la bocciatura da parte dei giudici della parte della legge 40 sulla diagnosi preimpianto “è il momento che il Parlamento cancelli la legge. Un’altra parte della norma è stata bocciata dalla Corte di Strasburgo – sottolinea Maria Antonietta Farina Coscioni – . Della legge rimane ora solo il divieto per l’utilizzo degli embrioni a fini di ricerca scientifica; toccherà al nuovo Parlamento predisporre e votare una legge che sia finalmente rispondente agli interessi della coppia e corrisponda al ‘comune sentire’. Credo che fin da ora sia giusto chiedere a Bersani, Di Pietro, Grillo e Vendola un impegno in tal senso”.

Stessa riflessione anche della segretaria dell’associazione, l’avvocato Filomena Gallo: “E’ una vittoria importantissima che dà un duro colpo all’impianto proibizionistico della legge italiana sulla fecondazione assistita – afferma Gallo -. La Corte europea dei diritti umani ha stabilito il diritto di accesso alla fecondazione assistita anche per le le coppie non infertili ma portatrici di malattie trasmissibili, confermando che la legge 40 viola l’art 8 della dichiarazione europea dei diritti umani relativamente al rispetto della vita familiare. La novità importante è però nella portata generale della sentenza europea, fonte primaria per la giurisprudenza italiana. Ora ci impegneremo affinché si possa, in questo o nel prossimo Parlamento, eliminare completamente i residui divieti della Legge 40 sulla fecondazione e sulla ricerca scientifica”. 

“Il giudizio di incoerenza della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (Pma) con la legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) formulato dalla Corte di Strasburgo – riflette monsignor Roberto Colombo, bioeticista dell’università Cattolica secondo cui la parola deve ora tornare al legislatore – dice solo che la tutela dell’embrione e del feto non è garantita in modo paritetico dalle due leggi. E’ vero: solo la legge 40 riconosce di fatto, e non solo di principio, il diritto alla vita di ogni essere umano sin dal suo concepimento. Ma quando due norme di legge sono contraddittorie, non è detto che la più recente sia da modificare e la precedente debba restare immutata. Bisogna decidere, e solo il legislatore lo può fare, in nome del popolo che rappresenta, se occorra dare maggiore o minore tutela alla vita umana nascente. Del resto, la stessa sentenza della Corte si Strasburgo è incoerente con altri recenti pronunciamenti della giurisprudenza europea che tutelano la vita e l’integrità dell’embrione, come quello della Corte di Giustizia europea di un anno fa sulla non brevettabilità dell’embrione umano e delle sue cellule staminali”.

”La decisione di Strasburgo ci indica la via: riscrivere completamente la legge 40. Come affermato dalla nostra Carta dei diritti e votato dall’Assemblea nazionale, questo sarà l’impegno del Partito Democratico, nell’interesse della salute delle persone, della vita delle coppie e della ricerca scientifica del nostro Paese  – dice Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Ssn -. Che la legge 40 fosse esclusivamente il frutto di una negoziazione avvenuta nel Parlamento italiano – rileva – è stato palese sin dalla sua approvazione. Un provvedimento che non ha tenuto conto né delle conoscenze scientifiche, né del calvario delle coppie che desiderano completare il loro progetto di famiglia, con la nascita di un figlio”. Secondo Marino era “eclatante l’ipocrisia del testo. In una materia così delicata – conclude – dovrebbero essere applicati protocolli che riflettano lo stato della conoscenza scientifica e le opportunità messe a disposizione dalla medicina. E’ per questo che, nel riscrivere una legge sulla procreazione assistita, ritengo vada tenuta presente la strada indicata dalla Gran Bretagna, che ha costituito nel 1991 un organismo chiamato Human Fertilisation and Embryology Authority, per regolare il settore, autorizzare i trattamenti, fornire le linee guida e i codici di comportamento agli ospedali che si occupano di fecondazione assistita. Un organismo tecnico, slegato dall’ideologia”.

”La sentenza della Corte di Strasburgo sulla Legge 40 mette in luce l’incoerenza tutta ideologica delle norme sulla procreazione assistita. E’ un verdetto che dovrebbe indurre l’Italia a capire che il confronto sui diritti non può essere trasformato in guerra di religione, perchè così si producono provvedimenti ambigui e pasticciati – dice Flavia Perina (Fli)- . Spero che il governo Monti dia segnali anche in questa direzione: procreazione, nuova cittadinanza e coppie di fatto sono temi aperti nel Paese che andrebbero affrontati almeno con lo stesso zelo dedicato alle manovre salutiste su bibite gassate e sigarette. Comprimere le vecchie libertà senza proporne di nuove è una scelta non adeguata all’Europa che tanto decantiamo”.

“Da Strasburgo arriva un’ottima notizia, e in tempi come questi c’è da essere contenti. Mi sembrava, comunque, che questa parte della legge sulla fecondazione assistita”, relativa alla diagnosi pre-impianto in caso di genitori portatori di malattie ereditarie, “fosse nei fatti già disattesa in Italia: alle coppie bastava rivolgersi ai tribunali. Insomma, della legge 40 restano solo alcuni scheletri nell’armadio”. Il ginecologo Carlo Flamigni, padre della fecondazione assistita e componente del Comitato Nazionale di Bioetica, dopo il giudizio della Corte europea per i diritti dell’uomo sul divieto per le coppie di portatori sani di malattie genetiche di eseguire lo screening sugli embrioni. “Scheletri – riprende Flamigni – custoditi da signore poco compiacenti. Gli anni in cui la cosa pubblica è gestita da chi non ne sa nulla, si pagano. E il giudizio della Corte Ue lo dimostra ancora una volta”.

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