Dodici morti e almeno 48 feriti. E’ il bilancio fornito dalla tv di Stato siriana per l’attentato che a Damasco, nel quartiere di Jaramana – un quartiere soprattutto cristiano e druso – ha colpito questa mattina un funerale. La tv di Stato parla di “esplosione terroristica” e secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’autobomba è esplosa durante il passaggio del corteo funebre di due sostenitori del regime, uccisi lunedì sera da un’altra bomba, sempre nello stesso quartiere, diretta contro di loro. L’Afp aggiunge che l’esplosione è stata molto potente: la facciata di un edificio è stata completamente distrutta e diverse altre costruzioni attorno al cratere hanno subito danni molto rilevanti.
I civili uccisi al funerale dei loro congiunti non sono state le uniche vittime di oggi nella capitale siriana. Nella parte orientale della città ci sono stati duri combattimenti, con l’impiego da parte delle forze governative anche di aerei, che hanno bombardato i quartieri di Zamalka e Saqba, dove i combattenti del Free Syria Army erano riusciti a occupare alcuni check-point dell’esercito regolare. Già ieri, nella capitale siriana, erano molte almeno 60 persone negli scontri tra governativi e ribelli, che erano riusciti anche ad abbattere un elicottero d’attacco.
Secondo fonti vicine al Fsa, si tratta solo dell’inizio di una nuova battaglia di Damasco, come quella di qualche settimana fa. L’Fsa, infatti, sarebbe riuscito a riorganizzarsi nelle zone attorno alla capitale, anche perché una parte consistente delle truppe che il governo di Bashar Assad sta usando per contrastare la guerriglia è impegnata ad Aleppo. Secondo questa fonte, i combattenti anti-governativi avrebbero ricevuto anche nuove armi, non solo dall’estero ma anche da un deposito dell’esercito regolare, nella zona di Deraa, che sarebbe caduto in mano loro. E’ una notizia difficile da verificare, come quelle che riguardano il massacro di Darya, dove oggi sono stati recuperati altri 14 cadaveri, che si aggiungono ai 330 raccolti da domenica in poi, al culmine di cinque giorni di violentissimi combattimenti. Secondo l’opposizione, sono tutte vittime dell’artiglieria governativa che ha martellato il villaggio per diversi giorni, mentre per la tv di stato siriana e per la filo-governativa al-Dunia, i massacri sono opera di «bande terroristiche» da cui il territorio di Darya sarebbe stato finalmente «ripulito».
Intanto, la Turchia ha lanciato un primo allarme per la situazione dei rifugiati siriani accolti entro i suoi confini. Secondo i dati forniti dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, sono ormai circa 70mila i siriani fuggiti in Turchia. Altri 40mila sono in Libano e 44mila in Giordania, mentre circa 15mila sono riusciti ad entrare in Iraq. “Nelle ultime due settimane ci sono stati picchi di arrivi di profughi – ha detto una portavoce dell’Unhcr, Melissa Fleming – In un giorno ne abbiamo registrati anche cinquemila”. A queste cifre ufficiali, però, bisogna aggiungere un numero imprecisato di arrivi non registrati, specialmente in Libano e in Giordania, per cui il totale dei profughi potrebbe essere ben più alto di quello considerato dall’Unhcr, che comunque si sta attrezzando per arrivare ad accogliere, assieme alla Mezza Luna rossa turca, fino a 200mila persone nella sola Turchia.
In Giordania la situazione è altrettanto difficile, se non peggiore. Secondo i dati di una Ong italiana che opera sul posto, Un ponte per…, tra marzo 2011 e aprile 2012, sono ben 140mila i siriani che hanno trovato rifugio in Giordania, e manca ancora una valutazione complessiva della situazione, perché la task force umanitaria guidata dall’Onu che avrebbe dovuto compierla non si è ancora messa in movimento. Un Ponte per… come altre Ong attive nel soccorso ai profughi siriani ha quindi fatto una propria valutazione, da cui emerge che la maggior parte dei profughi, almeno nella zona della Giordania settentrionale, dove la Ong italiana è presente, fa affidamento solo sull’aiuto alimentare e umanitario per sopravvivere. Più a rischio di sfruttamento, truffe o situazioni di abuso sono i bambini (molti hanno bisogno di assistenza psicologica per i traumi subiti) e le donne, specialmente quelle che sono arrivate senza congiunti uomini: “La violenza di cui si ha avuto esperienza in Siria, assieme alle condizioni di vita in una situazione di emergenza, hanno colpito duramente i profughi in termini di stress psicologico. Donne e bambini in particolare, hanno poche opportunità di accesso a luoghi sicuri e protetti e di beneficiare di supporto psicologico”. Quasi la metà dei profughi coinvolti in questa valutazione, il 48,5 per cento, è arrivata in Giordania negli ultimi quattro mesi.
di Joseph Zarlingo