Alto. Naso importante. Capelli rossicci. Basettoni stile 1970. Anni: 35. Nome: Cameron Marlow. Professione: Responsabile del DataScienceTeam di un’azienda recentemente quotata in borsa di nome Facebook.
Il team ha 12 membri, anzi ricercatori. Se ne prevede il raddoppio nel corso del presente anno. Rasentano il genio, sono semplicemente eccellenti nella matematica applicata, programmazione informatica, banche dati e … sociologia.
Il loro terreno di gioco, anzi la loro piscina, è l’oceano dei dati in possesso di Facebook. Dati personali. Vostri perché io da Facebook ne sono uscito. Dati che Facebook possiede perché ha trovato molti modi e molto furbi per raccoglierli mentre gli utenti, ingenuamente, socializzano.
In fondo cosa c’è di male a compilare il proprio profilo. Età, genere, indirizzo di posta elettronica: nulla di particolarmente rilevante. C’è poi chi dice se è singolo o accompagnato, se la sua relazione è felice, problematica o sconsolata; il numero del cellulare. Lo scorso autunno Facebook ha riprogettato l’interfaccia utente –come suona bene, neutra e innocua se detta così- introducendo la linea temporale, la Timeline. Di fatto ha invitato gli utenti di aggiungere la loro storia: dove hanno studiato, lavorato, abitato, passato del tempo, quali i viaggi fatti, le esperienze, le memorie. I messaggi e le foto condivise in rete vengono “taggate” (orribileneologismo, povero italiano!!) dandone la localizzazione esatta. Per non parlare dell’invenzione, che provoca alto tasso di dipendenza, del “like” ovvero “piace”. Appare in apps e siti al di fuori di Facebook e consente alle persone di esprimere con un click il loro interesse per una marca, un prodotto, un pezzo di contenuto digitale. Su certi siti e in certe apps, quando leggete un articolo o sentite un brano musicale, l’informazione viene trasmessa a Facebook senza che si debba cliccare (bello “cliccare”!!! L’Accademia della Crusca ringrazia…) sul “like”.
Durante i primi cinque mesi di uso di questa funzione, Facebook ha catalogato più di cinque miliardi di “casi”. Prendete questa tipologia d’informazioni, combinatela con la mappa delle connessioni sociali dei singoli utenti di Facebook e otterrete una registrazione molto, molto accurata, della loro vita, preferenze, gusti, disgusti, connessioni e interazioni. Mai prima si sono avuti a disposizione così tanti dati di così elevata qualità su come gli umani comunicano fra loro. Facebook è un microscopio digitale che permette di osservare i comportamenti sociali a una scala prima impensabile e allo stesso tempo permette di fare esperimenti coinvolgendo in tempo reale milioni di utenti, magari senza dirglielo. Un esempio.
Nel 1967 venne svolto uno studio, coinvolgendo un paio di centinaia di persone, che portò alla conclusione che il massimo grado di separazione fra due qualsivoglia abitanti del nostro pianeta è pari a sei. Posso collegarmi a una qualsivoglia altra persona usando al massimo sei intermediari, me compreso. Nel Maggio 2011, l’esercizio venne ripetuto. Collaborazione con l’Università di Milano. Venne coinvolto il 10 per cento della popolazione mondiale: 721 milioni di utenti Facebook. Vennero analizzate 69 miliardi di connessioni fra “amici”. Il mondo è più piccolo di quanto si pensasse: bastano quattro passaggi per connettersi con non importa chi. Recita la conclusione del rapporto tecnico: “Considerando una qualsiasi altra persona al mondo, un amico del vostro amico conosce un amico del suo amico”. “Suo” è la qualunque altra persona di cui sopra.
Altro esempio. Un collaboratore di Marlow, Adam Kramer, ha sviluppato un modo per calcolare la “Felicità Nazionale Lorda” di un qualsiasi paese. Basta, sapendolo fare e il team di Facebook lo sa fare, andare a cercare la frequenza e la localizzazione di parole e frasi che significano emozioni positive o negative. I dati in possesso di Facebook, opportunamente elaborati, permettono di monitorare in modo semplice e accurato, le tendenze sociali in atto. Economisti, altri ricercatori e politici svegli ringraziano.
Google e gli altri motori di ricerca fanno soldi con gli annunci pubblicitari mirati perché la ricerca che uno svolge è espressione compiuta dell’interesse che uno ha. Facebook potrebbe essere in grado di indovinare che cosa uno desidera o non desidera prima ancora che questo qualcuno se ne renda esplicitamente conto.
Inutile nascondersi dietro un dito. Ebbene sì, Facebook è in grado di condizionare i comportamenti. Altro esempio. Aprile 2012. Probabilmente influenzato dalla conversazione avuta a cena con la sua ragazza, ora moglie, studentessa di medicina, Zuckerberg decide di usare Facebook, o meglio l’influenza sociale che Facebook è in grado di esercitare, per aumentare la donazione degli organi. Agli utenti viene data la possibilità di cliccare uno scatolotto sulle loro pagine di Timeline per condividere l’essere donatori di organi, comunicandolo agli amici. Un innocente servizio aggiuntivo. Innocente ma molto efficace: la pressione sociale così esercitata ha fatto aumentare in 44 Stati la disponibilità alla donazione di organi di 23 volte.
Facebook possiede milioni di gigabytes di informazioni.
Già… Tutti questi miglioramenti a cosa porteranno? Non chiedetelo a Marlow. Non ha risposta.
“Il numero potenziale di cose” –afferma Marlow- “che potremmo chiedere ai dati di Facebook è enorme”.
Già… per farci cosa, poi, delle risposte?”