Elena, Alessandra, Paola e Angela sono quattro ragazze calabresi con all'attivo già due dischi. A fine settembre parteciperanno al Mei Supersound Festival di Faenza, ma anche ora che la loro carriera è in ascesa rifiutano di abbandonare la loro terra d'origine. “Sfatiamo il clichè che le donne possano essere solo madri o mogli"
“Rivoltelle in Calabria è sinonimo di sparatorie. Invece noi vogliamo dare un valore diverso a questo termine. Le rivoltelle sono i nostri strumenti, quelli con cui spariamo la musica. Ha un significato ironico e pacifista. Ci piace anche il fatto che sia un femminile plurale, perché noi siamo una band di tutte donne”. A parlare è Elena, la cantante de “Le rivoltelle“, una gruppo musicale rock formato da quattro ragazze calabresi. A giugno è uscito il loro secondo album omonimo. Dodici canzoni “di rabbia”, per dirla con Claudio Lolli, alcune scritte da loro e altre selezionate tra i grandi classici della canzone d’autore italiana e non solo.
“Le rivoltelle” hanno una peculiarità: sono orgogliose di essere del sud e ne portano alta la bandiera. Non hanno intenzione di abbandonarlo nemmeno adesso che si trovano in piena ascesa. Il 29 e il 30 settembre parteciperanno al Mei Supersound Festival di Faenza, organizzato dal Meeting degli indipendenti (Mei). Per l’occasione, il primo giorno terranno un concerto in piazza del Popolo a Faenza dedicato interamente alle Pussy Riot, la rock band al femminile che ormai tutti conoscono per la performance anti-Putin. Domenica 30 settembre, invece, parteciperanno a un focus sulla nuova ondata di rock femminile nella scena musicale indipendente.
“Abbiamo sfidato l’opinione comune – ha raccontato Elena a proposito del fatto di essere una rock band di tutte donne – diffusa non solo a sud ma in fondo ancora in tutta Italia, che vuole la donna relegata a ruoli tradizionali, quelli di moglie e madre. Sfatiamo questo cliché e proviamo ad andare un po’ più avanti. Nelle nostre zone siamo circondati da grande affetto. Pare che questo progetto sia approvato dalla comunità. Piuttosto abbiamo combattuto una guerra interiore, perché sfidare una convenzione porta con sé anche una sofferenza e una presa di coscienza. Abbiamo scelto questa strada con la consapevolezza che avremmo potuto incontrare diffidenza da parte della gente”.
L’esperienza de “Le rivoltelle” nasce e si sviluppa in Calabria, precisamente a Cosenza, dove è ancora raro vedere rock band tutte al femminile. La loro storia musicale è iniziata cinque anni fa, quando Elena, Alessandra, Paola e Angela hanno preso a condividere la passione per la musica rock, coltivando un progetto che da allora è cresciuto sempre di più e le ha portate a suonare in tutta Italia. Poi un anno fa è arrivata l’opportunità che attendevano da tempo: incidere un disco. Così è nato il loro primo album, “Donne italiane”, per il quale hanno preso spunto dai 150 anni dell’Unità d’Italia per raccontare il lato femminile della storia del nostro paese. “Quelle canzoni le abbiamo scritte pensando alle donne che, pur rimanendo nell’ombra, hanno contribuito a far crescere l’Italia – ha ricordato Elena – intendo persone come Alda Merini, Anna Magnani, artisti da un vissuto molto intenso ma anche controverso. Siamo affascinate da queste anime ribelli, persone che nella vita hanno combattuto”.
Con le Pussy Riot, “Le rivoltelle” hanno in comune la stessa rabbia. Il gruppo calabrese ha inciso il singolo anti-casta “Ve ne andate o no?” che ha anticipato l’uscita del nuovo lavoro. “Il confronto con la situazione politica attuale è necessario e doveroso – ha detto Elena – Siamo circondate da una buona dose di qualunquismo e da gente che rimane attaccata a posti di potere e ai propri privilegi. Ma la politica non è l’unico problema. Viviamo in un Paese costruito a misura di pochi. In cui dovrebbero essere garantiti servizi e diritti per tutti, ma in realtà non succede. Il nostro è un appello a lasciare spazio a chi vuol lavorare in maniera decente e rispettosa nei confronti degli altri”.
Le Rivoltelle hanno voluto omaggiare anche un’altra artista che ha le loro stesse radici culturali e territoriali, la cantante Mia Martini, incidendo nel nuovo album una personalissima versione di “Piccolo Uomo”. “Mia è stata una persona che ha combattuto molto per emergere. Anche lei, avendo vissuto un’esperienza di vita molto sofferta, portava in giro la rabbia del sud, un po’ come facciamo noi oggi. Perché siamo convinte che anche dalla nostra terra si possa arrivare lontano. Le distanze territoriali non devono aver più peso quando si tratta di musica. E poi grazie al web si sono avvicinati anche tutti i confini”.
In questo momento “Le rivoltelle” sono uno dei pochi gruppi musicali ufficiali, se non l’unico, totalmente al femminile presente nel sud Italia. Al contrario, a nord c’è un movimento vastissimo di band in “rosa”. A cominciare dalle emiliane Roipnol Witch, che fanno alternative rock mescolato a sonorità anni Ottanta. Oppure le grintosissime U.B. Dolls, provenienti da Padova, con il loro rockabilly. A Bologna ci sono le Mumble Rumble e le LeiBei, mentre a Cesena imperversano Le Charleston. Ultimamente è nato anche Rock With Mascara, un movimento guidato da Giulia Guandalini, componente delle Roipnol Witch, che unisce le donne del rock italiano. Mentre le milanesi Bambole di pezza, ormai attive dal 1997, continuano a rappresentare un punto di riferimento per tutti questi gruppi.
“Speriamo di essere di stimolo a chi vive al sud – ha concluso Elena – Un po’ di sana competizione non potrebbe fare che bene al movimento. Nella nostra realtà è un esperimento difficile trovare tutte donne che condividano la stessa passione per la musica. Il nostro è stato un piccolo miracolo”.