Gennaro Sidero, Pietro Scroccarello - allora a capo della squadra mobile - e Paolo Marino - ai tempi responsabile dell'ufficio volanti - criticarono l'approccio e azioni inquirenti sull'omicidio del ragazzo ferrarese. Per questo vennero querelati dal magistrato Mariaemanuela Guerra che stava indagando sul caso
Mentre si rimane in attesa che riprenda a Mantova il prossimo 2 ottobre il processo per diffamazione a mezzo stampa contro tre giornalisti ferraresi e Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, il diciottenne morto il 25 settembre 2005 dopo l’intervento di quattro agenti di polizia, arriva l’archiviazione per un’accusa analoga. È quella mossa dal pubblico ministero Mariaemanuela Guerra, la prima che indagò sull’omicidio del giovane, e ad archiviare è stato il gip di Ancona, Alberto Pallucchini, che doveva valutare se diffamatorie fossero state le parole pronunciate a processo da alcuni dirigenti della questura di Ferrara.
Si tratta di Gennaro Sidero, nel frattempo congedatosi per limiti d’età e oggi in pensione, e Pietro Scroccarello, che nell’autunno del 2005 era a capo della squadra mobile e che adesso è il capo di gabinetto. Un supplemento d’indagine è stato invece chiesto per un terzo poliziotto, Paolo Marino, ai tempi responsabile dell’ufficio volanti. Gli atti che lo riguardano saranno infatti rimandati alla procura di Ancona, competente nel caso di procedimenti riguardanti magistrati dell’Emilia Romagna, che avrà 90 giorni di tempo per effettuare gli accertamenti richiesti.
La vicenda era nata a valle del processo di primo grado (intanto giunto a sentenza definitiva con la condanna a tre anni e mezzo dei quattro agenti imputati di omicidio colposo, Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. Il pm Guerra aveva giudicato lesive le affermazioni dei dirigenti di polizia sui quali è giunto il pronunciamento di oggi perché criticarono l’approccio e le azioni inquirenti intraprese dal magistrato della procura di Ferrara. Il pm, che lasciò in seguito l’incarico, aveva ritenuto diffamatorie e calunniose parti delle loro deposizioni di fronte al giudice del primo processo e aveva così presentato querela.
I genitori di Federico Aldrovandi, sul blog aperto nel gennaio 2006 per raccontare la vicenda del figlio sulla quale gravava una cappa di silenzio, ricordano l’udienza del mese prossimo che vede imputata anche la madre. E commentando l’archiviazione di oggi scrivono che “c’è un lato positivo: più di un giudice è chiamato a verificare il lavoro della dottoressa in quel periodo”. Dunque la decisione del gip di Ancona potrebbe giocare a favore di una svolta positiva anche nel processo in corso a Mantova e che deve accusati, oltre a Patrizia Moretti, anche il direttore di Estense.com e collaboratore del FattoQuotidiano.it Marco Zavagli e i suoi omologhi della Nuova Ferrara, Paolo Boldrini e Daniele Predieri.
Per loro, già comparsi davanti al giudice lo scorso 1 marzo in un’udienza subito rinviata, c’è in ballo anche una richiesta di risarcimento danni “non inferiore ai 300 mila euro” perché – ritiene il pm Guerra – sarebbero stati cagionati “gravissimi danni all’onore e al prestigio, sia sul piano professionale sia sul piano personale”. Peraltro, nel caso di Zavagli, c’è anche un ulteriore aspetto da sottolineare: l’autore dell’articolo che il magistrato ritiene diffamatorio era stato firmato da una collega, Alessandra Mura. Ma per l’accusa e per il gip che lo ha rinviato a giudizio si tratta di uno pseudonimo dietro il quale si nasconde il direttore di Estense.com.
Infine, al di fuori delle aule di giustizia, della vicenda di Federico Aldrovandi si occuperà anche l’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna nella seduta del prossimo 4 settembre. In quest’occasione, infatti, si affronterà “la risoluzione sul comportamento dell’agente di polizia Forlani, condannato per omicidio colposo per la morte di Federico Aldrovandi, e sulle iniziative da intraprendere, fra cui il riconoscimento del reato di tortura in Italia”. La vicenda in discussione martedì in viale Aldo Moro riguarda gli insulti che il poliziotto condannato rivolse su Facebook a fine giugno, dopo la sentenza della Cassazione, alla madre del ragazzo ucciso.