L'ex presidente del Consiglio parla al Foglio: "La decisione di sollevare la questione alla Corte Costituzionale è giusta e non riguarda Panorama, ma i comportamenti di una Procura e i suoi portavoce a mezzo stampa". E assicura: "Con Napolitano ho un rapporto consolidato e leale"
“In questi mesi tormentati il Quirinale è stato oggetto di attenzioni speciali e tentativi di condizionamento impropri, e brutali, ai quali sono completamente estraneo, dei quali sono un avversario deciso. La frittata non è rovesciabile”. Silvio Berlusconi rompe il silenzio e, con un’intervista al Foglio, decide di commentare l’articolo di Panorama sulle telefonate tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex vice presidente del Csm Nicola Mancino. Colloqui in cui il Capo dello Stato avrebbe espresso dei giudizi anche sullo stesso ex presidente del Consiglio.
Berlusconi definisce anche “giusta” la “decisione di sollevare conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale” e questo “non riguarda il settimanale mondadoriano, ma i comportamenti di una procura della Repubblica e i suoi portavoce a mezzo stampa, che oltre tutto per evidenti ragioni di piccola politica adesso litigano tra loro. I cittadini non sono stupidi, certe cose le capiscono al volo”.
Nel colloquio con il Foglio Berlusconi spiega di non “gioire” perchè manovre “destabilizzanti” hanno “lambito” anche il Colle. “Ho un rapporto consolidato e leale con il presidente Napolitano – aggiunge il Cavaliere – Lo sanno tutti. Al mio primo discorso parlamentare da premier, nel 1994, la sua replica di capogruppo alla Camera fu tanto civile, in mezzo a quelle simulazioni di guerra che caratterizzavano la faziosità della sinistra, che mi alzai dal banco del governo e lo raggiunsi in aula per una stretta di mano. Considero il capo dello stato un impeccabile servitore della Repubblica”.
Secondo Berlusconi “la democrazia dei processi politicamente e faziosamente orientati è il principale ostacolo al libero dispiegarsi di una democrazia civile” e “senza una radicale riforma della giustizia l’Italia non si salva”. Il riferimento è alle rivelazioni de La Stampa dell’ambasciatore Reginald Bartholomew sui rapporti tra Antonio Di Pietro e gli Usa. “Quanto alle piccole trame consolari di un magistrato voglioso di riconoscimento politico, niente mi può sorprendere”, aggiunge il Cavaliere.
“Non gioisco per il fatto che questo metodo è arrivato, per calcoli politici precisi e direi di bassa lega, a lambire la massima istituzione dello Stato – continua Berlusconi – Anzi, proprio per evitare manovre torbide e destabilizzanti, italiane e internazionali, nell’interesse di un’Italia che amo e ho sempre amato, ho contribuito in modo determinante, nello scorso mese di novembre, al varo di un’operazione di emergenza imperniata sul governo del senatore Mario Monti e della sua compagine tecnica. Ritengo di essermi comportato da uomo di Stato e da patriota”
Ieri era stato Gianni Letta, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio ma, soprattutto, braccio destro di Berlusconi e uomo che da sempre tiene le fila dei rapporti con le più alte istituzioni, a precipitarsi a portare la sua solidarietà al Quirinale. “L’ho fatto doverosamente e volentieri” ha spiegato Letta al termine dell’incontro con il Capo dello Stato e poi “per smentire certe ricostruzioni arbitrarie e ingiuste. Comunque assolutamente lontane dalla verità”.
Intanto il capogruppo del Pdl alla Camera Cicchitto richiama alcuni esponenti di partito a non “fare da sponda agli attacchi che un ambiente preciso giustizialista e populista di sinistra sta conducendo da qualche tempo a questa parte contro il Presidente della Repubblica”. Una presa di posizione preceduta in mattinata dalle parole di Franco Frattini, il primo a prendere le difese del Capo dello Stato – “si vuole colpire la funzione e la persona del presidente Napolitano” – e di Maurizio Lupi: “Siamo al limite del golpe”. Di tutt’altro tenore però, erano state la presa di posizione di Sandro Bondi, da sempre fedelissimo del Cavaliere: “Il Capo dello Stato non può essere esente da critiche e giudizi politici”, aveva detto. Sulla stessa linea, se non più duro, Maurizio Bianconi che a Napolitano diceva di “non fare la vittima”.
Al di là delle posizioni personali, tuttavia, la bufera intorno al Capo dello Stato ha dato il prevedibile via libera alla richiesta del partito di approvare in tempi rapidi la legge sulle intercettazioni. Difficilmente – è il ragionamento degli sherpa pidiellini che si occupano di giustizia – il governo potrà presentare un testo che accolga i nostri ‘desiderata’ e quelli del Pd. Ecco perché la richiesta è quella di andare avanti con il testo licenziato dalla commissione Giustizia “correggendolo” con gli emendamenti che erano stati approvati dal comitato dei 9.