Voglio tornare a parlare di sinistra. Partirei da un fatto: la sinistra da almeno trentacinque anni non è in linea con lo Zeitgeist. Dalla fine degli anni ’70 infatti la sinistra è in stato di grande confusione e difficoltà. Il mito dell’”uomo nuovo” che doveva nascere dalla Rivoluzione d’ottobre si è rivelato una delle peggiori tragedie umane, con milioni di morti, gulag, sterminio, guerre e aggressioni. La fine del comunismo ha dimostrato il fallimento totale del modello sociale fondato su proprietà statale, dittatura, pauperismo, assenza di ricambio economico e sociale. Ma in generale, tutta la sinistra, nei paesi avanzati, si è trovata costretta a rincorrere l’avversario, piuttosto che a guidare il cambiamento. 

L’ultima grande idea della sinistra in effetti è il Welfare State, ma parliamo di un progetto sviluppato negli anni ’30-40, cioè 80-70 anni fa!! Per tutto il dopoguerra la sinistra in Europa non è stata capace di cogliere nessuna delle sfide più importanti. Proviamo a citarne alcune. L’unificazione europea è un progetto realizzato dai partiti popolari e moderati (erano democristiani Adenauer e De Gasperi; Schuman era di centro) e la sinistra in molti paesi (il PCI in Italia ad esempio) era fortemente contraria. L’esplosione di inflazione degli anni ’70 viene sconfitta dal centro-destra in gran parte dei paesi. L’unificazione della Germania e la caduta del comunismo trovano la sinistra inebetita e muta. La sinistra è senza idea di fronte al dilagare dei conflitti e delle guerre etniche, anche in piena Europa. E’ contro l’intervento della Nato, mentre in Bosnia e nel Kossovo migliaia di inermi civili sono massacrati.

La sinistra non capisce che l’immigrazione clandestina di massa genera paure, insicurezze, conflitti, disagio nei paesi europei. L’esplosione del fondamentalismo e dell’islamismo radicale colgono ancora una volta la sinistra senza proprie proposte e idee. Qual è la soluzione “di sinistra” per combattere il terrorismo? Ne esiste una? Cosa dice la sinistra sulla globalizzazione? I movimenti radicali la rifiutano, ma in questo riprendono spesso parole d’ordine della destra estrema di inizio novecento, tornano termini come plutocrazia, oligarchie finanziarie, mercatismo. Cosa dice la sinistra davanti alla crescita impetuosa della Cina, dell’India, del Brasile? Che vanno ripristinati i dazi e le tariffe? Che si devono proteggere le industrie europee? O è a favore del commercio, dell’apertura, dello scambio? Ha la sinistra una sua analisi del disagio giovanile, della marginalizzazione dei giovani? Ha delle proposte per evitare le fiammate di violenza negli stadi, o nelle periferie francesi o inglesi? E sul ruolo dell’Europa nel mondo? E sul riscaldamento climatico e sul disastro ambientale? E sulla scuola?

Su tutti questi temi la destra ha sue idee chiare,  non sempre accettabili o corrette ma sicuramente in le ha. E queste idee sono quasi sempre e quasi ovunque in linea con la cosiddetta “pancia dei paesi”.

Siamo nel pieno di una fase di cambiamento (la seconda modernità) e la sinistra è divisa tra chi rimpiange il “Piccolo mondo antico”, chiuso agli scambi, fatto di certezze e di posti di lavoro per la vita, senza innovazione tecnologica e senza immigrazione di massa (1945-1975); chi addirittura rifiuta di fare i conti con la storia e ripropone ricette fallimentari e tragiche, come la sinistra radicale; e poi c’è il drappello di chi invece spera di riuscire a coniugare più giustizia sociale con più dinamismo e più apertura (sinistra liberale).

E’ chiaro che la terza strada è l’unica che può dare qualche risposta un minimo in linea con le sfide dei tempi. Ma serve – a mio avviso –  una generazione nuova. Servono persone che siano cresciute dopo e fuori dalla tradizione terribile del novecento, che non siano imbevute dei cascami di idee vecchie, inutilizzabili. Servono energie nuove.

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