Cultura

Festival di Venezia: la “prima” di Malick, ma per To the wonder solo fischi

Al riservato, e assente al Lido, regista americano non riesce l'exploit della Palma d'oro a Cannes con The tree of life. Tutto esaurito, invece, per l'opera prima di Luigi Lo Cascio regista, La città Ideale. In concorso alla Settimana della critica e con protagonista un ecologista ortodosso: "Al di là dei giusti ideali metto in dubbio i portatori di certezze"

Sei film in quarant’anni di carriera cinematografica. Terrence Malick, 69 anni, da Waco (Texas), torna con “To the wonder” in concorso ad un festival e il turno è quello della Venezia targata Alberto Barbera. Una rarità, nonché una prima assoluta di Malick al Lido, che il neodirettore ha acquistato a scatola chiusa, come chiunque avrebbe fatto.

Ma tra The new world, a Berlino nel 2005, e The tree of life, Palma d’Oro a Cannes 2011, a Venezia tocca il boccone più amaro. To the wonder, con attori protagonisti Ben Affleck, Rachel MacAdams, Javier Bardem e Olga Kurylenko (più uno stuolo di arrabbiati rimasti fuori dal montaggio finale: Rachel Weisz, Barry Pepper, Michael Sheen, Amanda Peet),è probabilmente il film in gara per il Leone d’oro più fischiato dalla platea degli addetti ai lavori. Allo spettatore però l’ardua sentenza (“l’uscita sarà in inverno” dicono i distributori italiani di 01), ma un dato emerge oggettivamente lampante: To the wonder sembra il facile proseguimento formale e contenutistico di The tree of life, tanto che qualcuno osa perfino definirlo un sequel.

“Possibile, ma è il proseguimento dell’esplorazione dell’amore e del legame tra l’uomo, la natura e Dio che Malick ha seguito nel film precedente”, spiegano i produttori che a Venezia sostituiscono Malick in conferenza stampa, praticamente mai apparso a supportare i suoi lavori nei festival come faceva Stanley Kubrick o Jean Luc Godard.

Uomo misterioso durante lavorazione dei suoi film, e riservatissimo nella loro promozione (solo una foto e nessun trailer per la stampa, n.d.r.), Malick nelle ultime due sue opere ha però messo in scena la sua infanzia (The tree of life) e ora la sua maturità post adolescenziale. Protagonista di To the wonder è Neil (Ben Affleck) colto all’apice della sua relazione con Marina (Olga Kurylenko) tra le strade piovose di Parigi. Esaltazione quasi tattile dell’attrazione fisica e del sentimento amoroso tra i due, appena deciso il trasferimento in Oklahoma nella casa di lui, nascono i primi problemi: un’altra donna e la scadenza del visto per Marina. Senza dimenticare che dalle loro parti vaga un prete cattolico che cerca un legame più profondo con il messaggio di Cristo e il lavoro che svolge Neil: ispettore ambientale in un territorio americano dagli immensi spazi incontaminati ma profondamento inquinato.

Impossibile semplificare in una sinossi un film che si affida totalmente ad ariosi movimenti di macchina da presa e alla coesione solenne tra commento musicale sinfonico e montaggio inatteso, ma chi ha già ammirato il recente film di Malick con Brad Pitt sa di cosa stiamo parlando: “I film di ‘Terry’ sono molto visivi, tutto arriva attraverso le immagini”, ha spiegato Romina Mondello, una delle attrici comprimarie del film, “lui mi ha detto: ‘quando sarai davanti la macchina da presa, lascia stare le parole, pensa soltanto ai sentimenti che il personaggio deve avere. Il silenzio è più forte delle parole”.

Ha invece raccolto solo applausi, buone recensioni e lunghe code durante le repliche, l’opera prima di Luigi Lo Cascio da regista: “La città ideale”. Straordinario apologo kafkiano di un tignoso ambientalista (lo stesso Lo Cascio) che da Palermo si è trasferito a Siena per poter mettere in atto i suoi precetti teorici per evitare gli sprechi: farsi la doccia con l’acqua piovana, non accendere il riscaldamento, usare solo la luce del giorno, non possedere l’auto.

Ma è proprio quando in una nottata di pioggia decide di usare un automobile per fare un piacere al suo datore di lavoro che il caso gli impone un proseguimento esistenziale piuttosto beffardo, finendo accusato dell’omicidio un uomo che ha aveva appena soccorso.

“La città ideale” si avvale immediatamente di una solida scrittura (sempre a firma Lo Cascio) e della scommessa esasperata e surreale di analizzare il substrato etico di un uomo integerrimo posto di fronte ad un destino tutto in salita: “Un uomo che pensa alla città ideale non poteva che essere un ecologista”, ha spiegato Lo Cascio, “ed è proprio per questo modo esasperato di vivere i valori in cui crede, che quando irrompe il caso si troverà più esposto al dubbio. Al di là degli ideali, il protagonista è un uomo a cui capita un evento inaspettato e in un attimo la sua identità mostra parecchie crepe, mettendolo di fronte al fatto che non può confidare sulle sue certezze”.