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Mtv, Massimo Coppola si racconta: “Fu un età dell’oro, ora è tutto cambiato”

Massimo Coppola, storico volto di Mtv celebra a modo suo il compleanno della rete. "E' stata una piccola età dell'oro", ricorda sottolineando che ora l'emittente "si sta ricollocando, sta cercando di capire dove andare e come andarci. Il panorama è troppo fluido per capirci qualcosa e fare profezie"

di Alberto Asquini

Massimo Coppola è stato uno dei volti storici di Mtv. Dallo storico divano di “Brand:New” fino ai documentari dalla provincia profonda di “Avere ven’anni”. Perchè, come ci spiega, “cambiare ed evolversi è quasi un dovere”.  

Allora Massimo, Mtv spegne le candeline. Cosa ha rappresentato e che ricordi hai?
E’ stata una piccola età dell’oro. Era eccitante, divertente e soprattutto mi sono sempre trovato benissimo.

ora? 
Premetto che non seguo molto la tv, però ora si stenta nel proporre qualcosa di realmente nuovo. A Mtv c’era – cosa fondamentale – piena libertà di azione. Mi trovavo benissimo.

Piena unione d’intenti.
Ma certamente. Mai ho avuto un rapporto di lavoro di empatia culturale come con Campo Dell’Orto (Presidente di Mtv Italia, ndr). Si parlava di qualità, sempre e comunque. Lui è un Maradona della tv.

“Brand:New”?
Di base c’era grande fiducia nel fare un programma con un taglio eccentrico che però potesse arrivare a molti. Mtv in questo senso andava a colmare un vuoto di entertainment.

Come si inserisce “Avere Vent’Anni”?
Beh, nella misura in cui si può legare cultura-pop e documentari. Era una cosa di spessore in cui ci si sentiva valorizzati nel farlo.

Nuovi linguaggi.
Mtv il linguaggio l’ha cambiato, tantissimo. Ne ha imposto uno, nuovo, diverso, innovativo. Spesso si è tentato di scimmiottarlo.

Riuscendoci?
No, perchè non è prendendo la scia che riesci ad acquisire credibilità.

 

Ma allora cosa è rimasto di quell’Mtv?
Nulla, ma il fatto che sia nulla non necessariamente significa che faccia tutto schifo. Io sono profondamente nostalgico, anche se mi impongo di non esserlo troppo. Odio la cultura di retroguardia. Non ha senso tornare indietro, le cose cambiano.

E perchè Mtv è cambiata così tanto?
Banalmente, è cambiato il panorama musicale. La rivoluzione dell’industria discografica ha modificato tutto. Prima Napster, poi il ruolo del videoclip, Youtube. Era necessario un riposizionamento, spinte nuove, idee nuove. Alla Rai, tranne l’eccezione Freccero, queste cose non le hanno mai avvertite per un semplice motivo: sono fermi a cinquant’anni fa. Mtv ha cercato di evolversi.

In meglio o in peggio?
E’ troppo difficile giudicare e capire. Sono in grado di dare un giudizio su Mtv fino a quattro o cinque anni fa. La televisione era interessante da guardare e studiare. Anche la merda in televisione era interessante, ora non più.

E Jersey Shore?
Jersey Shore offre spunti, a differenza di certa metatelevisione come San Remo e compagnia.

Ma allora che fase sta vivendo Mtv?
Transizione. Si sta ricollocando, sta cercando di capire dove andare e come andarci. Il panorama è troppo fluido per capirci qualcosa e fare profezie. Per fare una cosa culturalmente rilevante devi stabilire un canale di comunicazione esperenziale.

Come farlo?
Difficile dirlo. E’ complicato distinguere fonti e autorevolezza. Tutto vale lo stesso. Se dovessi reiniziare a fare televisione mi prenderei un bel periodo per studiare bene cosa fare e come farlo.

Una giungla.
Ho sempre tentato di fare qualcosa di nicchia ma per un pubblico ampio. Operazioni del genere riescono quando c’è convergenza di linguaggi, quando si stabiliscono patti comunicativi saldi. La televisione ci ha resi segmenti di torte.

E rifare Brand:New?  
Mi divertirei, molto. Ma no. Mi piacciono le sfide. La ricetta che ho sempre seguito è da abc della cultura pop inglese: prendere poco sul serio le cose, abbinare musica e una immagine forte. Costruire qualcosa di riconoscibile, non alto, non basso. Pop. E dando gli strumenti per capire e farsi capire. Cercare di essere seri rispetto alla leggerezza, nient’altro.

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