Le preghiere, anche dei non credenti. E le polemiche, tutte dell’interno della Chiesa. Non si ferma l’abbraccio della gente al cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano morto venerdì pomeriggio, e non si affievoliscono le polemiche sulla decisione del biblista, 85 di cui sedici sofferente per il morbo di Parkinson, di rifiutare l’accanimento terapeutico. E così al plauso corale per la coerenza e il coraggio del cardinale, dopo le dichiarazioni di ieri a Radio Vaticana di monsignor Roberto Colombo, oggi anche il quotidiano Avvenire parla di “strumentalizzazione”. Da ieri dopo l’apertura della camera ardente almeno 150mila persone hanno sfilato davanti alla bara del cardinale, tra i presenti il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, il segretario del Pd Pierluigi Bersanie la segretaria della Cgil Susanna Camusso. Il presidente del consiglio Mario Monti ha reso omaggio, questo pomeriggio, alla salma del cardinale. Entrato in Duomo, il premier si è avvicinato alla sorella di Martini, Maris, e si è fermato a parlare con lei e con gli altri familiari. Poi ha detto una preghiera davanti alla bara, di fronte all’altare maggiore.
Il giornale della Conferenza episcopale italiana condanna “le polemiche suscitate da certi opinionisti e da taluni politicanti. Non riesco a capire – scrive il direttore, Marco Tarquinio – come si possano compiere, senza vergogna, simili deformazioni di fatti e verità. Dico solo – aggiunge Tarquinio – che i tentativi di stravolgere e strumentalizzare in chiave antiecclesiale il senso delle ultime ore terrene del cardinale Carlo Maria Martini mi ricordano amaramente quelli operati addirittura contro il beato Papa Giovanni Paolo II. Che squallore, e che ingiusti e tristi (questi sì) accanimenti… Neppure di fronte alla morte di una personalità eminente, il cardinale Carlo Maria Martini, testimone appassionato e credibile di un profondo amore alla vita propria e di tutti coloro che incontrava nel suo ministero culturale, magistrale e pastorale, si sono fermati i soliti innescatori di baruffe mediatiche, sempre alla caccia di presunte incoerenze tra l’insegnamento ufficiale della Chiesa in materia morale e le posizioni personali di alcuni suoi membri”. Il bersaglio dell’editoriale può essere individuato nei tanti che hanno espresso la loro ammirazione per il sacerdote, che nel suo ultimo libro edito nel marzo scorso non si era sentito di condannato definitivamente l’eutanasia, ma più di tutti a irritare anche i vescovi potrebbero essere state le parole del medico di Mario Riccio, che aveva assistito Piergiorgio Welby nella sua scelta di morire. “E’ il Piergiorgio Welby della Chiesa. Ha compiuto un percorso simile a Papa Wojtyla riaffermando il diritto all’autodeterminazione sui trattamenti sanitari e sul fine vita, coerentemente con quanto affermato in vita. Le parole del cardinal Martini, in un articolo sul Sole 24 ore a fine gennaio del 2007 – ricordava Riccio l’altro ieri – sono state determinanti nel fare chiarezza sulla vicenda, ponendo un discrimine in maniera netta: non era eutanasia. Si vide il caso Welby sotto un’altra luce, e le sue parole sono state importantissime anche per me come medico. Ho sempre sperato e tentato di incontrarlo, mi dispiace oggi non esserci riuscito” aveva concluso auspicando che la vita e la morte del vescovo “favorisca una riflessione nel mondo cattolico su questi temi”. Parla di “travisamenti” anche padre Silvano Fausti, gesuita e biblista discepolo e poi amico e confessore di Martini, al quale è stato vicino durante l’agonia tenendogli la mano.
Martini, vescovo del confronto, riceve l’omaggio anche del mondo ebraico. “Con la morte del cardinale Carlo Maria Martini la filosofia del dialogo tra cristianesimo ed ebraismo perde uno dei suoi più sinceri e brillanti fautori e sostenitori – scrive in un messaggio il Rabbino capo emerito, Elio Toaff – . La sua via alla conoscenza di Dio non prevedeva infatti né interdetti né estromissioni, non evocava anacronistiche crociate né aveva di mira l’allontanamento dei dubbiosi. Lo studio della Bibbia, profondo, meditato e continuo era ai suoi occhi fondamentale e propedeutico al dialogo con chi cristiano non era ma aveva deciso di conformare la propria vita all’insegnamento degli stessi testi sacri. Ai suoi occhi di credente e di studioso, che aveva da sempre scelto una vita semplice e senza ostentazione – prosegue il Rabbino emerito- lo spirito di vera e autentica fratellanza doveva essere alla base del rapporto tra cristianesimo ed ebraismo. Martini era più che mai convinto che il dialogo richiedesse un coraggioso e continuo rinnovamento, ma senza pericolosi e indesiderati passi indietro. La sua luminosa figura rimarrà sempre presente tra i giusti che hanno lasciato impronta indelebile e alta testimonianza di fede nella nostra societa. Parla di “grande perdita perché altre persone di questo tipo non ne conosco” il presidente della comunità ebraica di Venezia, Amos Luzzatto. “Ho avuto occasione di incontrare più di una volta il cardinale Martini la mia impressione è di aver trovato per la prima volta una persona che non solo sapeva star ad ascoltare, ma a cui piaceva ascoltare gli altri: di aver trovato cioè per la prima volta all’interno del mondo cattolico ufficiale uno che cercava una strada nuova attraverso il contatto con le persone che non appartengono a quel mondo”. E proprio da Venezia arriva un altro omaggio a Martini; la Mostra del Cinema lo ricorderà domani. La commemorazione, voluta dal direttore del Festival Alberto Barbera e dal presidente FEdS Dario E. Viganò, inizierà alle 11.45 nello spazio della Fondazione Ente dello Spettacolo al Lido.