Il sospetto è che si punti ad utilizzare la vicenda Napolitano (l’intercettazione, il conflitto di attribuzione, l’articolo di Panorama) per fare il colpo grosso proprio in materia di intercettazioni. E il sospetto cresce insieme al ritmo delle dichiarazioni. Ieri il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto era tornato alla carica rinfacciando a tutti coloro che non sono il Pdl (fino al colle più alto di Roma) un risveglio tardivo: “Esistono pochi dubbi sul fatto che nel passato c’è stato un uso indecente di intercettazioni – vere, presunte, false – riguardanti Berlusconi e alcuni ministri del suo governo e che rispetto a quelle vicende c’è stata una molto vasta omertà e copertura e mediatica, un boicottaggio sistematico da parte di alcune forze politiche di una legge sulle intercettazioni; e che non ci sono stati interventi decisi e netti ai massimi livelli istituzionali”. Oggi alimenta il filone il segretario del partito Angelino Alfano: “Se il governo tecnico avrà la forza di andare avanti, come è da intese, noi ci siamo” assicura l’ex ministro della Giustizia. Anzi, si deve andare avanti “insieme” su tutte e tre le proposte: disegno di legge sull’anticorruzione, responsabilità civile dei magistrati e riforma delle intercettazioni.
Il “caso Napolitano” grimaldello del Pdl. Questo nuovo prurito alle mani del centrodestra, che spinge e smania per mettere finalmente mano sulla legge sulle intercettazioni telefoniche (tra i mulini a vento che il leader del partito vorrebbe abbattere), per il momento ha due effetti. Il primo: mette all’erta la magistratura che, anzi, vede nella polemica scaturita dall’intercettazione al presidente della Repubblica durante l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia (intercettazione fortunosa, come ormai noto, poiché sotto controllo era il telefono dell’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, indagato) un grimaldello, una leva sulla quale fare forza per scassinare il forziere.
Il governo: avanti con prudenza. Il secondo effetto: se il governo aveva dimostrato prudenza sul tema, ora sembra che la parola d’ordine sia ancora di più “Avanti con giudizio” su tutte le questioni della giustizia, ad eccezione della legge sull’anticorruzione la cui urgenza è ormai diventata obbligo (anche, ma non solo, per le bacchettate sulle mani delle istituzioni europee).
Cancellieri: “Inconcepibile che il Colle sia intercettato”. Il governo sarebbe sì pronto a tutto, ma con la cautela di non sfiorare nemmeno il vortice che si è alzato intorno al Quirinale. Per la “sfida” Colle-Procura di Palermo c’è già un conflitto di attribuzione sollevato davanti alla Corte Costituzionale, è il ragionamento: basta aspettare la decisione della Consulta. Certo, solo ieri il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri aveva confermato di nuovo la propria posizione (e quella di Monti nell’intervista a Tempi) e cioè che “non è concepibile che il presidente della Repubblica possa essere intercettato”. Per contro il ministro Paola Severino ribadisce la necessità di agire con cura per non far finire sul terreno di gioco neanche una briciola della storia che ha coinvolto negli ultimi mesi Giorgio Napolitano. Tutto questo mentre la commissione antimafia si prepara alle sue ultime audizioni – in programma la prossima settimana – sulla trattativa Stato-mafia: sono attesi l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, l’ex capo della Dia Gianni De Gennaro e la vedova Borsellino, Agnese, che potrebbe ribadire i sospetti che il marito le aveva espresso nei mesi precedenti all’attentato di via D’Amelio.
Lari: “Non menti raffinatissime, ma personaggi politici”. Ieri, come se non bastasse, una questione che sembrava ormai sopita è stata rinfocolata dalle parole del procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari che ha rafforzato il ragionamento del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso sulle “menti raffinatissime” che avrebbero operato attacchi a pm e Colle come nel 1992. “Non menti raffinatissime”, ha detto ieri Lari, ci sono dietro ai corvi che volteggiano sul Quirinale, bensì “personaggi politici in attività con nomi e cognomi ben noti. Nomi e cognomi che certamente non farò io perché non mi compete la polemica politica”. E il pm di Palermo Giuseppe Di Lello: “Dietro alcune manovre, potrebbe esserci anche il tentativo di affrettare i tempi della legge sulle intercettazioni”.
L’obiettivo del governo: l’ok al ddl anticorruzione. Il ragionamento del Pdl è cristallino: ma come, quando veniva intercettato Berlusconi e le conversazioni finivano sui giornali gli unici a irritarsi eravamo noi e ora che la questione investe Napolitano tutti a stracciarsi le vesti? Questo però non pare fare particolarmente colpo sulla Severino e sul governo Monti. L’input del presidente del Consiglio è, come ha scritto oggi Repubblica in un retroscena, di lavorare senza strappi né accelerazioni: le intercettazioni sono insomma uno dei tanti temi, ma è significativo che l’esecutivo non ha in cantiere in questo momento un disegno di legge e men che meno un decreto legge. E se proprio si vuole mettere mano a un disegno di legge, non è certo questa la priorità. L’obiettivo principale, invece, resta l’approvazione definitiva della legge contro la corruzione. Un impegno che il governo ha preso più volte in questi mesi: “Colpire la corruzione è un fattore di crescita per l’economia e la credibilità del Paese” ha ripetuto a più riprese il presidente Monti. Con questo bersaglio principale nel mirino si darebbe anche una scrollata al punteggio dell’esecutivo in materia di giustizia, nella quale in 10 mesi il governo non ha esploso propriamente fuochi d’artificio: non solo per colpa sua, certo, ma piuttosto per le resistenze in Parlamento.
Certo, la Severino si dice pronta a fare “i suoi passi” anche su altre questioni: legge forense e responsabilità dei magistrati comprese. La seconda, peraltro, è vista come il fumo negli occhi dall’Anm e se il governo non vuole strappi il testo non potrà certo essere quello all’esame del Senato proposto dal leghista Gianluca Pini.
sulle intercettazioni la Severino vuole equilibrio. Le intercettazioni, quindi. A complicare le cose c’è il disegno di legge Alfano che introdurrebbe dei legacci sia per i magistrati inquirenti (che per registrare le telefonate dovrebbero prima dimostrare evidenti indizi di colpevolezza) sia per i giornalisti (che non potranno pubblicare niente fin quasi al processo). Un testo poi ridimensionato dalla presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno. Ma ritrovare un punto di caduta equilibrato (che non può essere il ddl Alfano) è anche ciò che vuole il ministro Severino: “Dobbiamo contemperare il diritto-dovere di informare da parte dei giornali e di essere informati da parte dei cittadini – è la ricostruzione del ragionamento del Guardasigilli fatta da Repubblica – il diritto-dovere alla riservatezza dei soggetti coinvolti nelle indagini e il diritto-dovere dei giudici di indagare liberamente. Ed io ho chiarissimi quali possono essere i punti di equilibrio”.
L’Anm: “Non usare le polemiche per ridurre gli strumenti di indagine”. Di certo, insomma, c’è che da qualsiasi parte la si guardi la vicenda della giustizia, anche dopo e nonostante l’uscita di scena (temporanea) dell’ex presidente del Consiglio, resta quella più esposta a strumentalizzazioni. Le intercettazioni, in questo quadro, sono la superficie più “a rischio”. Da qui l’alt del presidente dell’Associazione nazionale magistrati Rodolfo Sabelli: “Occorre assolutamente evitare – spiega a Repubblica – di trarre pretesto dalle recenti polemiche sviluppatesi a margine delle indagini palermitane per procedere a una riforma che comprima la possibilità di ricorrere a uno strumento di indagine fondamentale e insostituibile. L’Anm da tempo ha segnalato la necessità di impedire la diffusione illegale e inopportuna di colloqui estranei ai fatti oggetto di indagine, disciplinando in modo più rigido l’udienza filtro, già prevista dalla legge processuale”.