Umberto Maugeri, presidente della Fondazione pavese finito ai domiciliari nell'inchiesta che vede indagato Roberto Formigoni per corruzione, al giudice per le indagini preliminari racconta che il suo direttore amministrativo era terrorizzato dall'imprenditore e dall'ex assessore, e amico del governatore, Antonio Simone
Il primo a spiegare quanto era “conveniente” avere rapporti con l’imprenditore Pierangelo Daccò era stato da teste il direttore amministrativo della Fondazione Maugeri Costantino Passerino. Poi c’erano ad aprile scorso c’erano stati gli arresti degli uomini della cricca formigoniana, tra cui l’ex assessore (anni ’90) e amico del Celeste Antonio Simone. E l’inchiesta sui fondi drenati dall’istituto – 70 a milioni – e finiti all’estero e sui conti degli amici del presidente della Lombardia è arrivata in piena estate fino all’ultimo piano del Pirellone con l’accusa di corruzione internazionale. Ai tanti verbali dell’inchiesta se ne aggiunge un altro – pubblicato dal quotidiano la Repubblica – ed è quello del presidente dell’istituto, Umberto Maugeri, ai domiciliari che spiega al giudice di Milano che ha firmato gli arresti Vincenzo Tutinelli come l’ente giovasse dell’amicizia degli uomini di Roberto Formigoni. “Quant’è il contributo della Regione alle entrate della fondazione?” chiede il gip e l’indagato: “Totale”. E perché davate tutti quei soldi a Pierangelo Daccò (l’uomo che pagava le vacanze di Formigoni e che non ha mai ricevuto un euro di rimborso, ndr)? “Non avevo altra scelta”. Altrimenti? “Simone si arrabbia”.
Una necessità quindi per la Fondazione e una convenienza pagare milioni di euro. E parte di quei soldi per i pm di Milano – Luigi Orsi, Antonio Pastore, Laura Pedio e Gaetano Ruta, quasi 8 milioni di euro sono arrivati a Formigoni per ripagarlo di quelle delibere regionali che in poco meno di dieci anni hanno permesso di incassare alla fondazione pavese, specializzata nella riabilitazione, 200 milioni di euro. Secondo la società di revisione PricewaterhouseCoopers oltre la metà degli introiti della fondazione, il 57%, veniva proprio dalla Regione. Ma non solo Maugeri riferendosi al suo direttore amministrativo spiega che Passerino era influenzato e non poco da Simone e Dacco ribattezzati “il gatto e la volpe”. “Il pagamento a Daccò era utile o indispensabile?”, chiede Tutinelli. “Eh, no, era indispensabile – risponde Maugeri – Mi veniva presentato come indispensabile. Certe volte arrivava Passerino quasi piangendo. Qualcosa del genere è successo anche con l’acquisto di Dardanoni. Noi cercavamo una struttura a Milano. E allora abbiamo guardato in giro. L’ipotesi di Dardanoni è venuta subito, sponsorizzata molto da Passerino. Io avevo detto: “No, non se ne fa più niente”. Perché il costo era alto. Si parlava di 20 milioni. E poi c’era tutto un intrigo di cose per cui dovevamo comprarle dall’Inghilterra. C’era di mezzo, come si chiama… Il gatto e la volpe… Simone! …Il consiglio ha detto di no e ho visto un Passerino estremamente preoccupato che mi veniva in continuazione a sollecitare la cosa. Teniamo presente che la nostra valutazione era 14-15 milioni. E la Regione nel frattempo aveva tirato fuori che aveva bisogno dei sub-acuti. Siccome ritardavo è venuto Passerino quasi piangendo e mi ha detto: “Ho visto, è venuto Daccò a parlarmi e mi ha detto che c’è Simone molto arrabbiato'”. Alla fine l’affare si è fatto. E Simone – che in un interrogatorio si era definito lo sponsor di una legge regionale – e Daccò, per l’intermediazione, che avrebbe permesso l’accreditamento alla Maugeri e quindi introiti, hanno intascato 5 milioni di euro.