La redazione del Il Fatto mi segnala questo spunto. E precisa: viene da una nostra lettrice, tra le migliori e più attive. Lo so che è poco elegante incensirsi, ma voglio riportare fedelmente quanto ha scritto:
“Cara signora Piromallo ultimamente ho condiviso con ardore le sue battaglie per riportare Napoli agli antichi splendori. Vorrei metterle una pulce nell’orecchio su un altro grande sperpero che sta per essere effettuato, o forse è già avvenuto: La Stazione Zoologica Anthon Dohrn. Per chi non lo sapesse era uno degli istituti scientifici più importanti d’Europa nel campo della biologia marina e oceanografia. Apparentata con il Marine Biological Laboratory di Woods Hole, fondato da Alberto Monroy.
Improvvisamente, cambio di dirigenza, sprechi, interessi personali e taglio dei finanziamenti statali alle università per la ricerca e via …. questo luogo, punto di riferimento della ricerca scientifica nazionale va a farsi benedire. Credo che i nostri governanti saranno felici solo quando vedranno Napoli tornare agli anni del dopoguerra, invasa, depredata e messa a tacere.”
Cara e attenta lettrice me lo ricordo eccome, noi lo chiamavamo l’Acquario tout court. E ci finivamo quando, studenti del liceo Umberto, lì a due passi, facevamo filone (ndr. per chi ci legge fuori dai confini campani, vuol dire marinare la scuola). Una palazzina di stampo neo/classico nel ventre della Villa Comunale, accarezzato dal mare del golfo. Unico nel suo genere e tanto difforme da quelli ultra/moderni di oggi, fondato nel 1872 dal celebre naturalista tedesco Anthon Dohrn, da cui prese il nome (bei tempi, quando Napoli era meta da Gran Tour). Noi, bighelloni, andavamo a vedere le tartarughe matusalemme, in realtà era un buon nascondiglio per non rischiare di incontrare per strada il prof.
Confesso che manco d’allora. Sapevo che l’Istituto annaspava in acque non più limpide. Mi tranquillizza al telefono Ciro Palumbo, dipendente della Stazione: “Siamo aperti tutti i giorni, dalle 9 alle 18. Il biglietto costa un un euro e cinquanta, prezzo simbolico. Ma i 40mila turisti all’anno sono davvero pochini. Se Napoli facesse politica turistica, come si dovrebbe, le cose funzionerebbero meglio”. Invece l’Acquario va a picco, la mannaia di Monti taglia i finanziamenti all’Istituto scientifico di fama mondiale con annesso centro di ricovero e di recupero delle specie marine. Intanto qualche “scorfano” illuminato lancia un piano di salvataggio: potrebbe entrare a far parte del CNR (ente con competenza scientifica generale). Ma l’Istituto Anthon Dohrn non vuole farsi irretire e perdere la sua specificità. Non vuole rimanere intrappolato tra i tentacoli della medusa (della politica). Rilancio caro Monti (non sono la prima e non sarò l’ultima), chiudiamo l’inutile Provincia, aboliamo tutte le inutili Provincie d’Italia, si risparmierebbero un bel po’ di quattrini destinati a pensioni dorate e ad auto blu con scorta. Servirebbero invece a tamponare, qua e là, qualche “falla”.
Mi creda, non sono solo pesciolini e se l’Acquario rimane a secco con esso va a fondo un altro pezzetto del patrimonio storico della nostra città. L’appello della nostra lettrice a lanciare un salvagente, il mio S.o.s. e lo sdegno di tanti: chi può faccia qualcosa. Non lasciamolo affogare. Qui si sta superando ogni limite di indecenza culturale (vedi il boccheggiante Istituto degli Studi Filosofici). Che scuorno, come si direbbe dalle mie parti.