Credo che l’esperienza degli ultimi decenni ci abbia mostrato alcuni principi – di chiara evidenza e comprensione – applicati di sovente dalla classe politica italiana. Uno di questi è “cambiare tutto per non cambiare niente”.
Da anni vediamo infatti modificare i sistemi elettorali, i nomi dei partiti, l’organizzazione dei ministeri e degli enti locali, ma l’effetto finale è sempre e comunque che le poltrone vengono occupate e scambiate dai soliti professionisti della politica, e, tra questi, da divorziati che ci fanno sermoni sulla importanza della famiglia cattolica, da corrotti che finiscono indagati dopo averci promesso di fare la guerra al malcostume, da fruitori di stipendi da fare invidia che tagliano quel minimo di sostegno sociale che è rimasto in Italia non rinunciando ad aumentarsi gli stipendi, e così via. Un (finto) cambiamento che ci illude e ci tranquillizza giusto il tempo di andare a votare per loro, per mostrarci subito dopo il solito (vero) volto.
Un secondo principio che a mio avviso si può ricavare dalla esperienza degli ultimi decenni è quello della “unione nella difficoltà”. Destra, sinistra e centro sembrano sempre affannati in lotte all’ultimo sangue su questioni etiche, morali, giuridiche, economiche e chi più ne ha più ne metta, ma quando si tratta di conservare i propri privilegi (stipendi, poltrone, potere) trovano sempre un accordo, come dimostrano i tanto sbandierati e poco riusciti tagli di poltrone, di auto blu, di finanziamenti e di stipendi di onorevoli e senatori.
Ed, allora, perché non dovrebbe valere lo stesso principio nel caso in cui si rischi di perdere addirittura le poltrone del Parlamento (dalle quali dipendono ormai a cascata tutte le varie poltroncine di enti, ministeri, amministrazioni) ?
Forse questa semplice ed evidente realtà di fatto, che credo sia incontestabile, può aiutare a dare una lettura alla straordinaria convergenza di critiche (in realtà veri e propri attacchi, talvolta raffinati, più spesso rozzi e privi di sostanza) che subisce quotidianamente il Movimento 5 stelle ed il suo ideatore Beppe Grillo. E può aiutare anche a formulare una facile previsione: assisteremo nei prossimi mesi ad una crescente fase di delegittimazione, di sviamento della attenzione dai problemi sollevati dal M5S per focalizzarsi sui toni e sulla forma, di enfatizzazione dei piccoli contrasti che inevitabilmente sorgono in movimenti spontanei, di criminalizzazione del dissenso spontaneo che ne è alla base, ad accuse generiche di rischi per la democrazia, demagogia, populismo, ecc. ecc.
Personalmente non conosco nessun aderente al movimento, non saprei dire se siano tutte persone affidabili e senza doppi fini, ma seguendo la evidente alleanza “contra Grillum” dell’attuale classe politica, mi sto convincendo che sia davvero quel qualcosa di nuovo che la prima e la seconda Repubblica non hanno saputo offrire a noi cittadini-elettori: gli attacchi convergenti delle oligarchie e delle caste che ci governano sono certamente la migliore cartina di tornasole per capire cosa può metterne davvero a rischio la loro forza e il loro potere.