Le tasche di Rosy Bindi sono evidentemente come la borsa di Mary Poppins. Talmente capienti che capita talvolta di perdersi qualcosa.

Alla Festa Democratica di Reggio Emilia è emerso di nuovo il dibattito sulla regolamentazione delle coppie dello stesso sesso. Una regolamentazione che, lo ricordiamo anche per coloro che sono stanchi di sentirselo dire, è una vera e propria emergenza costituzionale, sulla quale la giurisprudenza e più in generale una parte vivace e riflessiva del mondo del diritto ha impresso negli ultimi anni una spinta irresistibile. Ma è soprattutto la società che lo chiede: una simile lacuna giuridica, in un contesto europeo in cui tutti i nostri maggiori partner politici del continente hanno già da anni (alcuni addirittura da 20!) una disciplina organica al riguardo, diventa ogni giorno sempre più insostenibile.

Protagonisti del dibattito sono Nichi Vendola e Rosy Bindi. Mentre Vendola – finalmente, verrebbe da dire – tira fuori il tema del matrimonio tra persone dello stesso sesso, Bindi di nuovo sviscera la sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale, facendole dire quello che in realtà non dice affatto.

Non è un obiettivo possibile. – spiega imperterrita la Bindi in relazione al matrimonio – Spero di dare ai gay i diritti civili nella prossima legislatura. La Costituzione vieta le nozze gay e da quando sono stata criticata dai gay mi porto dietro la sentenza della Corte Costituzionale che dice che la Costituzione non consente i matrimoni tra persone dello stesso sesso“.

Deve aver perso qualche pagina della sentenza nella sua tasca, la nostra Rosy, anche se Repubblica sembra non averlo sufficientemente messo in luce, perché la Corte costituzionale non ha mai detto questo. Bisogna infatti distinguere tre questioni. Anzitutto, vi è la domanda se la nostra Costituzione imponga i matrimoni dello stesso sesso; se, cioé, l’impianto del nostro codice civile è incostituzionale nella misura in cui consente di sposarsi solo alle coppie di sesso diverso. Vi è in secondo luogo l’altra questione, tutta diversa della prima, se la Costituzione vieti il matrimonio same-sex. Infine, vi è il problema di capire se la Costituzione consenta al legislatore di introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La Corte costituzionale ha risposto solo al primo quesito, chiarendo che: no, la Costituzione non impone il matrimonio same-sex. Non ha affrontato le altre due questioni, semplicemente, perchè esse non erano richieste nei quesiti sollevati in sede di incidente di legittimità costituzionale. La Corte non ha mai detto che la Costituzione vieta il matrimonio same-sex, né che la Costituzione non lo consenta, lasciando libero il legislatore, se lo vuole, di introdurlo in Italia. D’altronde, in un significativo passaggio della decisione in parola la Corte demanda al Parlamento di legiferare in materia adoperandosi a favore del “riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri … del diritto fondamentale di vivere liberamente la propria condizione di coppia“.

Forse la Bindi dovrebbe cambiare borsa, perchè non si possono leggere le pronunce giudiziarie nel modo che ci fa più comodo. L’attuale classe politica, checché si permetta di accusare gay e lesbiche (loro elettori, magari!) di essere massimalisti, intransigenti o radicali, non ha nessun titolo di interpretare i diritti civili secondo la propria visione parziale, faziosa e ideologicamente orientata, magari a Santa-Romana-Chiesa-piacendo…

E a Pierluigi Bersani, che da parte sua, alla festa democratica di Torino, chiede a tutti i gay e le lesbiche d’Italia di rassegnarsi, perché “siamo in Italia“, bisognerebbe rispondere che l’Italia non è il Pd, non è la Bindi e non è Bersani. Questa costante tiritera del volete-troppo-quindi-vi-diamo-una-schifezza-quindi-accontentatevi denota un’arroganza e una tendenza all’autoreferenzialità che il Pd, oggi, non può più permettersi di mostrare.

P.S.: Per gli interessati, il testo della sentenza citata sopra si trova qui; per un volume di studi tutti dedicati alla pronuncia si veda qui. Consigliata la lettura a tutti, Rosy Bindi inclusa.

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