Una squadra di scienziati mette ordine, con una trentina di studi, nel caos del Dna. La scoperta ha un’importanza cruciale perché non soltanto perché presenta il primo “ritratto completo” del codice della vita, ma perché fornirà nuovi elementi per comprendere meglio la correlazione tra malattie e mutazioni genetiche
Una squadra di scienziati mette ordine, con una trentina di studi, nel caos del Dna umano. L’enciclopedia del genoma umano (Encode) è stata presentata oggi al mondo, con una serie di pubblicazioni su “Nature”, “Genome Research” e “Genome Biology” e una maxi-conferenza stampa show al Museo delle scienze di Londra. Il lavoro rivela un genoma umano molto più ricco e complesso di quanto previsto, anche solo un decennio fa. In un articolo fondamentale il team del laboratorio di Yale, diretto da Mark Gerstein, mostra come è stato messo fine al caos di migliaia di miliardi di potenziali interazioni molecolari.
Gli scienziati spiegano che non è il singolo gene, ma la rete che rende il genoma umano dinamico. “Ora abbiamo un elenco delle parti di ciò che ci rende umani”, spiega Gerstein. “Quello che stiamo facendo è cercare di capire lo schema di come funziona il tutto”. Utilizzando sofisticati modelli matematici, la sua squadra ha ricostruito un milione e mezzo di interazioni molecolari innescate da 119 fattori di trascrizione, ‘interruttorì che possono attivare o disattivare contemporaneamente migliaia di geni. Il modello mostra che questi fattori di trascrizione sono collegati tra loro in modo gerarchico, con alcuni fattori operativi come dirigenti di alto livello, altri che lavorano come dirigenti di livello medio o capisquadra. Insieme regolano i circa 20.000 geni del genoma umano. Il ‘livello dirigenziale’ dei fattori di trascrizione tende ad avere maggiore influenza in funzioni chiave come guidare l’espressione genica, e ha anche migliori collegamenti con altri geni in diverse reti molecolari. Insomma, l’enciclopedia mostra come la maggioranza del Dna non sia spazzatura, ma partecipi in almeno un evento biochimicoe in almeno un tipo cellulare. Il cosiddetto Dna spazzatura occupa il 90% dell’intero genoma ed è composta da sequenze non codificanti, ossia che non esprimono proteine e che per questo motivo risulta essere apparentemente privo di funzione. Adesso per la prima volta questa parte misteriosa del Dna non ha più segreti. Il progetto Encode è riuscito a decifrarla analizzando 1.640 genomi completi e dimostra per la prima volta che almeno l’80% di questa apparentemente priva di senso del Dna svolge invece funzioni importanti. Le sequenze apparentemente prive di senso tra i geni, ossia tra le sequenze di Dna che controllano la produzione delle proteine, sono costituite da elementi importantissimi perché regolano l’espressione dei geni. La scoperta ha un’importanza cruciale perché non soltanto perché presenta il primo “ritratto completo” del codice della vita, ma perché fornirà nuovi elementi per comprendere meglio la correlazione tra malattie e mutazioni genetiche.
Gerstein osserva che sia le dimensioni che la flessibilità del genoma umano ci rendono diversi rispetto a molti altri organismi finora studiati. Per rendere comprensibile il lavoro colossale, il consorzio di studiosi ha sviluppato un nuovo concetto, quello dei fili o Threads, macroaree dedicate a un tema esaminato nei vari studi. E per aiutare gli scienziati a orientarsi, ‘Nature” ha creato anche una app per iPad in grado di mostrare le compresse relazioni tra i Threads e gli studi. I riflessi dell’impatto dell’enciclopedia del genoma saranno notevoli, sulla ricerca e non solo. Secondo i ricercatori di Yale ora si potrà capire quanto c’è di geneticamente attivo da mamma e quanto da papà in ognuno di noi. “Ora possiamo tracciare il contributo genetico relativo di mamma e papà”, sintetizza Gerstein. Tutti gli esseri umani sono nati con due copie del genoma – uno dalla madre e uno dal padre. Tuttavia a volte solo una delle copie, o alleli, finisce per essere biologicamente attiva per un gene particolare. Sulla base di un’analisi delle grandi quantità di dati generati dal progetto Encode, i ricercatori possono mettere in luce i geni materni e paterni specifici. Non solo. Tra le stranezze scoperte nel corso dell’esplorazione del genoma umano sono emersi alcuni pseudogeni: tratti di Dna fossile residui evolutivi di un passato biologico attivo. Gli studiosi hanno scoperto che molti di questi geni non sono morti dopo tutto, come spiegano su “Genome Biology”. Molti di questi tasselli del Dna sono infatti risorti per la produzione di Rna non codificante, i microRna, che gli scienziati sanno essere cruciali per l’attivazione e il silenziamento di geni in tutto il genoma. “Questo è un altro esempio di come la natura non sprechi risorse, una storia che vediamo ripetuta più e più volte nel corso dei 3 miliardi di lettere del nostro genoma”, conclude Gerstein.