Non ha peli sulla lingua il pm di Caltanissetta Nicolò Marino, titolare delle indagini sulle stragi siciliane del ‘92. L’altro ieri, commemorando il generale Dalla Chiesa a Gela, Marino ha detto che sul conflitto di attribuzioni Napolitano è stato “mal consigliato”. E al Fatto Quotidiano ha spiegato il perché.
Dottore Marino, si riferiva a Loris D’Ambrosio?
D’Ambrosio è stato un grande magistrato, se è stato lui o altri a consigliare Napolitano, io non lo so. Una cosa è certa: l’apertura di un conflitto è stata un errore. In un’Italia che vive di misteri, non possiamo crearcene degli altri. Anche perché l’intervento di Napolitano può essere letto, da qualche malaccorto, come un modo per ostacolare il cammino verso la verità. Io non crederò mai che il mio Presidente abbia sollevato il conflitto di attribuzione per questo motivo… ma oggettivamente questo conflitto ci distoglie da quell’attività di ricerca della verità che lo stesso Napolitano ci ha incitato a perseguire.
Panorama ha titolato “Ricatto a Napolitano”. Ingroia ha replicato: “Se c’è un ricatto, lo hanno fatto le fonti del settimanale’’. Lei è un osservatore privilegiato. Il suo ufficio ha condotto parte delle indagini sulla trattativa. È ipotizzabile che in questo Paese sia possibile ricattare il Capo dello Stato?
Non penso che Napolitano possa essere ricattabile. Posso non condividere alcune sue cose, ma non penso che il Presidente – per l’uomo che è – sia ricattabile. Penso che, nel quadro attuale, ci siano alcuni che si muovono secondo una logica politica spregiudicata, ricorrendo anche a delle falsità. Se un tentativo di ricatto c’è stato, è stato fatto nei confronti della magistratura. È inaccettabile l’idea di un pg della Cassazione che convoca il capo della Dna (stando alle notizie di stampa) non per chiedergli come mai non avrebbe agevolato il coordinamento dell’indagine, ma per promuovere questo coordinamento con un indirizzo preciso: questo è l’atto più grave che si è consumato, perché questa è la logica che induce a pensare che esiste una ragion di Stato per cui la magistratura non debba operare autonomamente.
I suoi colleghi di Palermo hanno chiuso le bobine delle telefonate di Napolitano in cassaforte, in attesa di un confronto davanti al gip. Lei avrebbe fatto lo stesso?
Certo. L’unico caso in cui un Pm può distruggere direttamente le intercettazioni è quello in cui il processo è passato in cosa giudicata e anche in quei casi il pm è libero di decidere. Le intercettazioni sulle stragi, per esempio, io non le distruggerò mai, anche quelle che in questo momento non sono considerate rilevanti, perché domani potrebbero rivelarsi utili. Si può condividere o meno l’inchiesta sulla trattativa, ma i colleghi di Palermo hanno operato correttamente. Chi sostiene cosa diversa o non è informato in maniera completa o è intellettualmente scorretto. D’altra parte, Gerardo D’Ambrosio, Franco Cordero, Antonio Di Pietro e Gustavo Zagrebelsky la pensano come me.
Però la normativa non è chiara. C’è chi parla di vuoto normativo, c’è chi, come Napolitano, ritiene lese le sue prerogative. Lei come la pensa?
Secondo me non si tratta neppure di un vuoto legislativo. Credo che i padri costituenti abbiano appositamente scelto di limitare, sotto quel profilo, le garanzie del Quirinale.
Oggi chi ha interesse, secondo lei, a giocare al tiro al bersaglio nei confronti delle procure che indagano sul biennio ’92-’93?
Non saprei rispondere. Credo che tutti coloro che non accettano una normalizzazione della giustizia hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di dire come la pensano. Ho molto apprezzato le parole di Antonello Racanelli (membro del Csm, in quota MI), bacchettato dal vicepresidente del Csm Michele Vietti in maniera molto inopportuna. Perché si è consentito a un consigliere laico del Csm come Nicolò Zanon (del Pdl) di attaccare il pg di Caltanissetta Roberto Scarpinato, sul quale – proprio in seguito a quell’intervento – si stanno compiendo verifiche finalizzate ad attivare un procedimento disciplinare, e invece a Racanelli si deve tappare la bocca?
Si vuole una magistratura silente?
Non è accettabile che colleghi come Ingroia, Di Matteo e Scarpinato vengano aggrediti in modo volgare senza che siano stati difesi dall’Anm. La magistratura ha non solo garantito diritti, ma ha determinato l’evoluzione del diritto. È immondo che passi questa logica. Ed è immondo che tutta questa vicenda del Quirinale venga utilizzata e strumentalizzata per modificare il sistema delle intercettazioni, in un senso che va contro l’autonomia delle indagini.
I sindacati lanciano l’allarme sul ridimensionamento della Dia. Lei che ne pensa?
Credo che oggi, non potendo direttamente eliminare la Dia, si vuole farlo svuotandola man mano di mezzi e disincentivando il personale. Recentemente ho sentito dire addirittura che volevano rimpinguarla con forze appartenenti alla Polizia forestale… con tutto il rispetto mi pare un’assurdità. I funzionari di Caltanissetta che hanno indagato, per dovere professionale, sui poliziotti sospettati del depistaggio su via D’Amelio, avrebbero dovuto essere promossi per i grandi risultati raggiunti nelle indagini sulle stragi. Non solo non sono stati promossi, ma hanno dovuto subire la beffa di assistere alle promozioni di personale delle segreterie di eminenti appartenenti alla polizia di Stato, mentre chi sul campo quella promozione se l’era guadagnata, è rimasto al palo. Evidentemente è stata una scelta politica, e chi l’ha fatta deve assumersi il coraggio delle proprie azioni.
Il Fatto Quotidiano, 5 settembre 2012