E’ successo quello che soltanto quattro anni fa sarebbe stato impossibile. Barack Obama e Bill Clinton insieme sul palco della Convention di Charlotte. Dimenticati i dissapori del passato – quando Clinton definì la candidatura Obama “la favola più incredibile che abbia mai sentito” – l’ex-presidente ha tenuto uno dei discorsi più articolati e pieni di visione della sua carriera politica. Alla fine Obama è salito sul palco per salutarlo e ringraziarlo. La folla intanto applaudiva, urlava, ritmava lo slogan ufficiale di questa campagna democratica: “Ancora quattro anni”. A fine serata, Obama è stato nominato candidato ufficiale del partito.
E’ stata una giornata se possibile ancora più elettrizzante rispetto a quella di Michelle Obama. L’arena si è riempita all’inverosimile sin dal pomeriggio, e la polizia ha dovuto chiudere per ragioni di sicurezza l’accesso alla sala della Convention. Migliaia di persone sono rimaste escluse e si sono mischiate alla folla di militanti, ospiti, giovani che seguiva gli interventi dai maxischermi sistemati nei bar, nei ristoranti, nelle tante sale affittate per party pubblici e privati. Musica, luci, e le strade intasate hanno creato un clima di festa confusa che non garantisce la rielezione di Barack Obama, ma che suggerisce una cosa: i democratici affrontano queste elezioni con un entusiasmo simile al 2008.
L’atmosfera nell’arena dei democratici ha cominciato a scaldarsi con l’intervento di Elizabeth Warren, candidata al Senato per il Massachusetts, la professoressa di Harvard passata alle cronache degli ultimi anni per la difesa meticolosa dei diritti dei consumatori. Riecheggiando la retorica del 99% contro l’1%, che ha attraversato il movimento di Occupy Wall Street, la Warren ha parlato di una larga maggioranza di americani truffati e manipolati da un “sistema sbagliato”, in cui le grandi industrie petrolifere e Wall Street hanno distrutto l’economia, lasciato a casa milioni di americani e “ancora stazionano attorno al Congresso per ottenere nuovi privilegi”. La Warren ha ringraziato Obama per l’appoggio fornito dal presidente nella creazione del Consumer Financial Protection Bureau, e ha sferrato l’ennesimo attacco a Mitt Romney, “diverso da infermiere, insegnanti, comuni americani, che non portano i loro soldi alle isole Cayman”.
Nel suo discorso, concluso con un ringraziamento a Barack Obama per credere in un Paese “in cui nessuno può godere di paracaduti dorati e in cui le donne guadagnano come gli uomini”, la Warren ha paragonato il periodo economico attuale a quello dei capitalisti rapaci di inizi Novecento. Una critica spietata a toni, proposte, idee del capitalismo repubblicano di oggi è poi venuto anche con Bill Clinton. L’ex presidente ha superato il tempo a sua disposizione di oltre 20 minuti, e in certi passaggi è sembrato seguire un copione non scritto. Clinton ha chiesto agli americani di “far finire a Barack Obama il lavoro iniziato”. Ha detto l’ex presidente: Obama “ha ereditato un’economia seriamente danneggiata e ha iniziato una lunga, dura strada verso la ripresa. Ha gettato le fondamenta di un’economia più moderna e giusta, che produrrà milioni di posti di lavoro, nuove e vibranti imprese, tanta ricchezza per gli innovatori”. Clinton non ha mancato di sottolineare la distanza culturale, di visione e di vita, che separa i repubblicani dai democratici: “Da un lato c’è chi crede in una società di gente isolata, di vincitori che si prendono tutto… E c’è chi crede in un Paese di prosperità e responsabilità condivise”.
Non c’è stato aspetto della politica degli ultimi 4 anni – sanità, difesa nazionale, tasse, educazione – che Clinton non abbia toccato e difeso. La sua retorica è stata particolarmente efficace quando ha ricordato che i repubblicani sono stati negli ultimi 40 anni il partito dell’allargamento smisurato del deficit e della cancellazione di milioni di posti di lavoro. Se l’intervento della Warren ha coperto Clinton “a sinistra”, presso i settori più progressisti del partito, Clinton è servito per parlare alla classe media e alla working-class bianca di battleground states come Pennsylvania, Ohio, Virginia, Wisconsin. Il suo appoggio così convinto al presidente è stato particolarmente importante perché Clinton ha governato un periodo di riduzione del deficit federale e di creazione di circa 23 milioni di posti di lavoro.
Stasera intanto si chiude la convention con il discorso finale e atteso di Barack Obama. Citando “le cattive condizioni atmosferiche”, l’organizzazione ha spostato l’evento dal Bank of America Stadium allo spazio più raccolto dell’arena dove sinora si è tenuta la Convention. I repubblicani hanno insinuato che il cambiamento di piani dipenda dal timore di non riempire a sufficienza i 73778 posti dello stadio. La campagna di Obama ha replicato che almeno 65 mila supporters avevano già confermato la loro presenza. Per chi non potrà entrare nell’arena, stasera, si prepara un evento assai meno elettrizzante: una “conference call” con il presidente, questo pomeriggio.