Vogliamo risparmiare sulla sanità e far crescere il diritto alla salute? Bene…prima di ogni altra cosa bisogna diminuire significativamente le malattie. E’ un’idea ovvia alla quale però i nostri ministri, i governatori, gli assessori, i direttori generali non pensano mai. In Italia per evitare le malattie spendiamo una miseria per cui alla fine è come se producessimo malattie, così la spesa sanitaria cresce e più cresce più si taglia. Le politiche che dominano (spending review, restrizione dei servizi, chiusure degli ospedali,blocco del turn over), avvengono tutte in costanza di malattie. Diminuiscono i servizi ma non i malati per cui i servizi che restano vanno in sovraccarico con pesanti effetti negativi sulla qualità delle cure e sulla mortalità delle persone.
Parte del sovraccarico finisce nel privato. Diminuire le malattie è concretamente possibile in tanti modi e non è vero che per fare salute ci vogliono sempre e comunque tempi lunghi. Evitare le malattie è un passaggio obbligato per ogni paese previdente saggio e civile. Con l’invecchiamento, se non evitate, crescono le malattie e la cronicità, per cui i sistemi socio-sanitari saranno inevitabilmente sempre più costosi. In Europa si stanno discutendo due idee: “invecchiare in salute” e “la salute in tutte le politiche”. Come fare?
1) riunificare in una unica strategia le tante tecniche e i tanti approcci che producono salute. Esiste la prevenzione (la rimozione delle cause), la previsione (la valutazione dei rischi), la promozione(informazione sociale), la predicibilità (la costruzione delle condizioni per la salute) e altri approcci,altre metodologie, altre tecniche;
2) è indispensabile organizzare una specie di “cabina di regia” o di “centrale operativa” a livello regionale che in primo luogo riunifichi le politiche ambientali con le politiche per la salute;
3) definire un “programma per la salute” a scala regionale che da una parte caratterizzi ogni genere di politica con i vincoli e gli obblighi previsti dalla normativa vigente e dall’altra interconnetta tra loro le diverse politiche per la salute in tutte le politiche possibili;
4) conferire la funzione di “sponsor della salute” ai comuni e ai sindaci ,essi devono essere i riferimenti operativi della programmazione regionale (le aziende sanitarie non fanno niente per la prevenzione) e in quanto tali potranno disporre,per scopi di salute, di tutti i servizi attualmente disponibili in ambito sanitario e ambientale compreso i vari strumenti informativi previsti dalla normativa sanitaria;
5) ridefinire i dipartimenti per la prevenzione oggi previsti in tutte le aziende sanitarie che tutto sono meno dipartimenti e per giunta piuttosto obsoleti;
6) riconcepire il “distretto socio-sanitario” (è la parte territoriale di una azienda sanitaria) come un vero e proprio “distretto per la salute di comunità”, cioè non solo ambulatori, non solo cure primarie, non solo assistenza domiciliare, ma anche e prima di tutto interventi per la salute di comunità. Se la comunità è il primo soggetto di salute, le politiche di sussidiarietà sono le forme di responsabilizzazione della comunità stessa;
7) oltre ai “diritti alla salute “si devono ammettere i “doveri per la salute”. Per dovere intendo null’altro che un lavoro di responsabilizzazione, di coinvolgimento di sensibilizzazione, di crescita culturale. I cittadini per primi hanno il dovere di impegnarsi per il loro benessere e vanno aiutati in questo senso. Concludendo: la salute è una risorsa naturale che partecipa alla crescita della ricchezza di un paese, fare salute significa fare ricchezza. Essa va prodotta come qualsiasi altra risorsa naturale. La salute partecipa allo sviluppo sostenibile di un paese. Con la salute quale ricchezza si possono ridurre significativamente le spese sanitarie senza danneggiare i diritti.