L'istituto fondato da don Verzè continua ad avere perdite e per cercare di risanarlo i nuovi vertici stanno pensando a una razionalizzazione di forniture, a un taglio ai contratti dei dirigenti, ma soprattutto a sforbiciare 25 milioni dal personale. I sindacati: "Troppa fretta, serve più tempo"
Non sono finiti i giorni difficili per l’ospedale San Raffaele e i suoi lavoratori. Le perdite continuano a esserci e per cercare di risanarlo, oltre ad una razionalizzazione delle forniture e una sforbiciata sui contratti dei dirigenti, l’amministrazione sta pensando di recuperare i 25 milioni di euro che mancano all’appello dal “personale”. Il che, secondo le stime dei sindacati, vorrebbe dire un taglio di 300-400 posti di lavoro.
Secondo le cifre fornite dai vertici dell’azienda ai sindacati a fine agosto, dopo una perdita complessiva nel 2011 di 65 milioni di euro e una di 21 milioni stimati nei primi cinque mesi di quest’anno, il San Raffaele rischia un ulteriore “buco” di oltre 11 milioni annui a causa della delibera regionale che recepisce la “spending review”. Per salvare l’ospedale l’amministrazione sta puntando a risparmiare circa quarante milioni dalla razionalizzazione delle forniture, le economie di scala e le uscite dei contratti dei dirigenti, soprattutto di area non medica. Ma all’obiettivo del pareggio operativo mancano almeno venticinque milioni, e quindi si comincia a quantificare la riduzione del personale. I dipendenti del San Raffaele sono circa 4mila, ma il taglio non riguarderebbe i medici e la dirigenza. “Si tratterebbe quindi di una base di 3104 posti di lavoro e, considerando il costo del lavoro – spiega Margherita Napoletano, delegata sindacale Rsu e Usb dell’ospedale milanese – si può dedurre che sono a rischio di essere tagliati 300-400 posti”.
Al momento comunque non sono state avviate le procedure di mobilità: si cerca soprattutto di arrivare a prepensionamenti e uscite incentivate, ma una reale trattativa non é stata ancora avviata. Nella mattinata di domani è previsto un altro incontro tra sindacati e amministrazione, definito “decisivo” da entrambe le parti. I sindacati non hanno proposto un loro piano. “Abbiamo chiesto di nuovo di conoscere il piano industriale e di rilancio dell’ospedale – continua Napoletano – Alle condizioni che ci hanno comunicato è difficile proporre qualcosa. Anche perché con questi numeri, ciascun lavoratore dovrebbe rinunciare a 700 euro al mese. E su uno stipendio di 1500 euro circa è impensabile”. Secondo i sindacati il risanamento non deve per forza essere fatto in tre mesi. Si tratta di un tempo troppo breve, che “rischia di fare una ‘cura da cavallo’ e uccidere il malato – aggiunge la sindacalista – Servono tempi più graduali per il risanamento”.
Ma sul piatto della bilancia ci sono anche altre questioni. Esiste infatti un accordo siglato nel 2010 dalla precedente amministrazione, quella di don Verzé, con i lavoratori, che prevedeva premi e incentivi. Anche per gennaio 2013, come spiegano i sindacati, porterebbe ad un passaggio di fascia per tutto il personale del comparto, oltre ad un premio di efficienza e incentivi per la produttività. Un accordo però che, secondo l’azienda, ora non é più sostenibile, vista la crisi e la situazione dell’ospedale, e che se eliminato consentirebbe di recuperare dodici milioni di euro. Ma i sindacati non sono d’accordo. Proprio il mancato versamento di parte di questo premio nel 2012 é stata infatti una delle cause, insieme alla stabilizzazione dei precari, che hanno portato i dipendenti a scioperare lo scorso giugno. Il presidente Giuseppe Rotelli, quando ha rilevato il San Raffaele, ”ha sottoscritto e accettato il pacchetto di accordi sul personale – osserva Napoletano – che quindi conosceva, e ora, dopo tre mesi, non può cambiare le carte in tavola”.
La giornata di giovedì si annuncia dunque decisiva per i dipendenti dell’ospedale. I vertici dell’azienda si aspettano una proposta dai sindacati, mentre questi ultimi vogliono capire cosa vuole fare davvero l’azienda. E hanno già annunciato di voler portare la questione al di fuori dell’ospedale e in tutte le sedi possibili. Sono già state contattate le istituzioni locali e nazionali (“Governo compreso, ma per ora senza riscontri”) mentre per metà mese si sta ipotizzando di organizzare una manifestazione in piazza Duomo a Milano.