Mi chiama un po’ sorpreso il giornalista di un tg e mi chiede se davvero, domenica prossima alla Festa del Fatto alla Versiliana, consegneremo ai magistrati di Palermo Ingroia e Di Matteo le 140mila firme raccolte dal nostro giornale in segno di solidarietà. Veramente, dico, noi speriamo che nel frattempo saranno diventate 150mila, ma poi che c’è di tanto strano? Insiste: “Non è la dimostrazione che siete il giornale delle procure?”. Potrei rispondere come rispondiamo da tre anni alla stessa balla, cioè: meglio essere il giornale delle procure che il giornale dei ladri. Ma mi sono stufato e decido di farla io una domanda. Sai per caso cos’è una comunità? Silenzio. Bè, il Fatto è una comunità di lettori, ossia un insieme di persone unite dallo stesso giornale. “E allora?”.

 
 
E allora se 140mila persone (noi speriamo molte di più) decidono di scrivere il loro nome e cognome per dire a Quirinale, Cassazione, Avvocatura dello Stato, Csm “lasciate lavorare in pace questi pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia”, roba che sembra il sequel vero del Padrino, non dovresti forse parlare di popolo delle procure? Poi lascio perdere, troppo difficile spiegare a chi non vuole capire che cosa significa incontrare i propri lettori, ascoltarli, ricavarne energia per andare avanti.

Noi lo facciamo da tre anni. La prima volta a Marina di Pietrasanta eravamo abbastanza intimoriti. Addirittura una festa? Non avremo esagerato? E se non viene nessuno? Non bastarono le sedie: il Fatto stava crescendo. L’anno scorso fu la volta di Michele Santoro. Cacciato dalla Rai con gli ascolti di Annozero al picco più alto, venne per annunciare che con qualche altro spericolato avrebbe messo in piedi Servizio Pubblico. Ma senza rete, affidandosi al sostegno della gente. Figuriamoci, commentò qualcuno, senza una grossa emittente alle spalle farà sicuramente flop. Quando dovettero transennare l’Area Teatro, tanta era la folla, capimmo che ce l’avrebbe fatta.

È il nostro problema: dobbiamo continuamente contarci. Quanto abbiamo venduto ieri? A quanti abbonamenti siamo? Quanti contatti sul web? E quante firme abbiamo raccolto? Ma a ogni numero corrisponde un volto, un’idea comune e quel semplice atto di fede di ogni mattina davanti all’edicola: mi dia il Fatto. In fondo viviamo una festa quotidiana, l’orgoglio di lavorare solo per chi ci sceglie. Si chiama comunità. Dai, domenica arriviamo a 150mila firme. Numero tondo. Porta bene.

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