La malinconia è anche nell’odore. Di letame. Per carità, Mirabello è un piccolo paesino in campagna, questo è vero; la Festa Tricolore dei seguaci di Fli ha sempre avuto dei solidi legami con la terra, inutile negarlo. Ma quando il futuro è nero, e il “colore” non indica vittoria, anche l’olfatto contribuisce a pennellare la situazione attuale di Gianfranco Fini e dei pochi adepti rimasti.
“La verità?” sì, volentieri “è che della traversata del deserto immaginata nel 2010 dal presidente della Camera, rischia di salvarsi solo lui. Tutto il resto è finito, tutti gli altri sono politicamente scomparsi, o comunque in grossa crisi”, racconta un militante. Altra storia nel 2010. Due anni fa l’attuale Presidente della Camera arrivava in provincia di Ferrara con l’aura dell’eroe, dell’uomo in grado di risvegliare l’orgoglio ferito da anni di berlusconismo. Quindi banchetti improvvisati per accogliere magliette con sopra la sua effige warholiana e la scritta “che fai, mi cacci?”, spille, voglia di sottoscrizione, proclami dei vari Luca Bellotti o Ida Germontani che gridavano: “Siamo finalmente liberi” oppure “adesso quelli del Pdl vedranno cosa vuol dire fare politica seria, politica di destra”.
Eccome se l’hanno visto: pochi mesi, qualche fiducia, altrettanti abbocchi e tutti e due i parlamentari sono tornati sotto la benedizione di Cicchitto e company. “Altra era”, sorride amaro un secondo militante. Forse è vero. Quella attuale, di era, racconta di Gianfranco Fini che ai suoi più stretti collaboratori ha manifestato la scarsa voglia di partecipare alla Festa, poche ore (in tutto quattro), nessun comizio ma un’intervista, qualche stretta di mano, altrettanti sorrisi, e via a casa.
Quest’anno, per lui, l’appuntamento è un altro: il 30 settembre ad Arezzo i fliniani hanno organizzato “I mille per l’Italia”, una sorta di assemblea costituente per abbracciare in maniera sempre più stretta la prospettiva di sciogliere Fli e proseguire verso un “raggio d’azione più ampio”. Voti permettendo, la spiegazione semi-ufficiosa. Vuol guardare sempre a Casini. Senza abbandonare quel che resta dell’Api, in attesa delle decisioni del Pd. Esattamente ciò che un anno e mezzo fa ha portato alla rottura con l’ala destra, della destra, composta da Adolfo Urso e Andrea Ronchi, lesti a lasciare Fli, dopo aver capito qual era l’andazzo.
“Qui però il punto è un altro, quest’anno Mirabello nasce come forma di solidarietà per le popolazioni terremotate”, spiegano dalla Festa. Di politica, poca. Per ammissione. Tanto che dopo 31 anni dalla nascita, in molti ritenevano non ci fossero più le condizioni per andare avanti, nonostante la tenacia di chi l’ha voluta in un periodo, e in una zona, dove proclamarsi di destra era come bestemmiare in piazza San Pietro. Altra era, appunto.