D’estate si abbandonavano i cani. Adesso si abbandonano le fabbriche. Non dobbiamo confrontare la moralità dei due casi, ma la stranezza. Liberarsi dei cani è stupido e cattivo. Ma liberarsi delle fabbriche è un gesto incomprensibile che, per accadere, ha bisogno di vuoto, disattenzione e assenza sia di comunità civile che di governo. Per esempio, perché il dramma dell’Alcoa dovrebbe tormentare solo gli operai e solo i sindacati? Non dovrebbe scatenare attenzione, interesse, presenza, mobilitazione coinvolgimento militante della Confindustria? Ci viene detto che il problema è il costo dell’energia elettrica. Ma allora vuol dire che è impossibile e – d’ora in poi – vietata ogni produzione metallurgica in Italia, dato che quel costo è sempre (ed è sempre stato) più alto che altrove.
Come spiegare le nostre ottime produzioni di alluminio e di acciaio? Poi c’è l’importanza del luogo. Perdere quasi nello stesso tempo tutta la struttura industriale di un’isola come la Sardegna, dalle miniere di carbone alla grande fabbrica di alluminio, dovrebbe apparire un fatto troppo grave per accettarlo come uno dei tanti eventi della vita. Infatti non serve dire che il carbone è il passato e invocare la smagliante immagine della Thatcher, mentre liquida il potente sindacato dei minatori del Galles. Non basta non solo perché nessuno ha detto, calcolato, dimostrato che non abbiamo bisogno del Sulcis. Ma perché il problema non è imprevisto e improvviso. E accoglierlo con finta sorpresa, abbandonandolo alla sola denuncia degli operai, o è assurdo o è colpevole. Assurdo perché se è vero quel che improvvisamente si dice di quel carbone (troppo zolfo, troppa roba del passato) si tratta di fatti noti che potevano essere gradualmente affrontati, discussi, preparati.
Solo in apparenza il gesto dei minatori (scendere a 400 metri nella miniera portando materiale esplosivo) sembra dettato da folle disperazione. Serve invece a mostrare la inspiegabile e colpevole incompetenza di chi aveva la responsabilità di una situazione così grave e l’ha abbandonata nel vuoto, facendo finta di niente e poi voltandosi a dire: ma quelli sono matti? Non sono matti, ma vivono in un mondo in cui puoi essere abbandonato di colpo dalla fabbrica e dalla proprietà e te la devi vedere da solo. La miniera e la fabbrica, come i rifiuti nei paesi incivili: li lasci sul bordo della strada e qualcuno ci penserà o restano lì, come gli operai dell’Alcoa che, in piena tempesta, tentano di resistere in una tenda, sulla torre della loro fabbrica. Come sia possibile che, prima ancora dei sindacati operai, non sia l’organizzazione degli imprenditori a darsi da fare per la sopravvivenza di un’azienda di importanza cruciale è difficile da capire.
Il caso dell’Alcoa, poi, chiama in causa il governo perché è impossibile che un Paese, che adesso merita e ottiene nel mondo rispetto e prestigio, non sia in grado di trovare, in un universo imprenditoriale globalizzato, una soluzione migliore dell’abbandono. Non è comprensibile che il ministro dello Sviluppo Passera, affronti la questione dicendo per prima cosa che “salvare l’Alcoa costa troppo”. Non lo è soprattutto perché sta parlando con lavoratori disperati. Ma attenzione. Qui non si tratta di credere che agli operai disperati si parla con maggiore delicatezza. Si tratta di dire e di ricordare che è all’impresa e ai suoi proprietari che il ministro ha il dovere di rivolgersi per prima cosa, chiedendo conto e imponendo obblighi.
Chi ha accertato – quando, dove, con chi – che ormai tutto è crollato sulle spalle degli operai e che salvare gli operai, come sempre, è troppo difficile? Potrebbero gli esperti indicarci il prodotto che ha sostituito l’alluminio o perché il prezzo dei prodotti Alcoa è diventato all’improvviso non competitivo? Il prezzo dell’energia elettrica è sempre stato quello che è, e i profitti c’erano. Giornali, radio e Tg parlano di queste vicende, che stringono in una morsa drammatica migliaia di famiglie, con molta rapidità e poca chiarezza. In questa velocissima corsa di parole ho sentito la seguente spiegazione: l’attuale proprietà non accetta un certo compratore perché attivo nello stesso campo, ovvero concorrente da non favorire. Dunque, mentre operai disperati si accampano nella pioggia sopra la torre, una trattativa viene abbandonata per buone ragioni di concorrenza. È a questo punto che l’educata neutralità del governo sembra un’imperdonabile, colpevole assenza.
Intanto l’Ilva aspetta il suo destino, una fabbrica che è anche una città, presa nell’alternativa fra rinunciare alla salute e rinunciare al lavoro. In questo caso la remuneratissima proprietà non se n’è andata, ma non vuole pagare le immense somme necessarie e dovute per non far morire di veleni un’intera città, pur avendo guadagnato sia dalla città sia dall’inquinamento. E, in mancanza di governo, è intervenuta, con la minaccia di spegnimento dei forni, un solitario giudice donna, che non ha altri strumenti per fermare la morte delle persone. Di nuovo occorre domandarsi: e la Confindustria? Ha molte idee sul costo del lavoro e sul come licenziare. Ma non avrebbe un’idea sul come lavorare, produrre, guadagnare, senza far morire i bambini? E, se esiste quel rischio, come può (e deve) un’impresa moderna difendersi e difendere? Sarebbe un buon tema per un convegno. E un buon programma per un governo, specialmente se tecnico.
Furio Colombo
Giornalista e scrittore
Lavoro & Precari - 10 Settembre 2012
Alcoa, fabbrica abbandonata offresi
D’estate si abbandonavano i cani. Adesso si abbandonano le fabbriche. Non dobbiamo confrontare la moralità dei due casi, ma la stranezza. Liberarsi dei cani è stupido e cattivo. Ma liberarsi delle fabbriche è un gesto incomprensibile che, per accadere, ha bisogno di vuoto, disattenzione e assenza sia di comunità civile che di governo. Per esempio, perché il dramma dell’Alcoa dovrebbe tormentare solo gli operai e solo i sindacati? Non dovrebbe scatenare attenzione, interesse, presenza, mobilitazione coinvolgimento militante della Confindustria? Ci viene detto che il problema è il costo dell’energia elettrica. Ma allora vuol dire che è impossibile e – d’ora in poi – vietata ogni produzione metallurgica in Italia, dato che quel costo è sempre (ed è sempre stato) più alto che altrove.
Come spiegare le nostre ottime produzioni di alluminio e di acciaio? Poi c’è l’importanza del luogo. Perdere quasi nello stesso tempo tutta la struttura industriale di un’isola come la Sardegna, dalle miniere di carbone alla grande fabbrica di alluminio, dovrebbe apparire un fatto troppo grave per accettarlo come uno dei tanti eventi della vita. Infatti non serve dire che il carbone è il passato e invocare la smagliante immagine della Thatcher, mentre liquida il potente sindacato dei minatori del Galles. Non basta non solo perché nessuno ha detto, calcolato, dimostrato che non abbiamo bisogno del Sulcis. Ma perché il problema non è imprevisto e improvviso. E accoglierlo con finta sorpresa, abbandonandolo alla sola denuncia degli operai, o è assurdo o è colpevole. Assurdo perché se è vero quel che improvvisamente si dice di quel carbone (troppo zolfo, troppa roba del passato) si tratta di fatti noti che potevano essere gradualmente affrontati, discussi, preparati.
Solo in apparenza il gesto dei minatori (scendere a 400 metri nella miniera portando materiale esplosivo) sembra dettato da folle disperazione. Serve invece a mostrare la inspiegabile e colpevole incompetenza di chi aveva la responsabilità di una situazione così grave e l’ha abbandonata nel vuoto, facendo finta di niente e poi voltandosi a dire: ma quelli sono matti? Non sono matti, ma vivono in un mondo in cui puoi essere abbandonato di colpo dalla fabbrica e dalla proprietà e te la devi vedere da solo. La miniera e la fabbrica, come i rifiuti nei paesi incivili: li lasci sul bordo della strada e qualcuno ci penserà o restano lì, come gli operai dell’Alcoa che, in piena tempesta, tentano di resistere in una tenda, sulla torre della loro fabbrica. Come sia possibile che, prima ancora dei sindacati operai, non sia l’organizzazione degli imprenditori a darsi da fare per la sopravvivenza di un’azienda di importanza cruciale è difficile da capire.
Il caso dell’Alcoa, poi, chiama in causa il governo perché è impossibile che un Paese, che adesso merita e ottiene nel mondo rispetto e prestigio, non sia in grado di trovare, in un universo imprenditoriale globalizzato, una soluzione migliore dell’abbandono. Non è comprensibile che il ministro dello Sviluppo Passera, affronti la questione dicendo per prima cosa che “salvare l’Alcoa costa troppo”. Non lo è soprattutto perché sta parlando con lavoratori disperati. Ma attenzione. Qui non si tratta di credere che agli operai disperati si parla con maggiore delicatezza. Si tratta di dire e di ricordare che è all’impresa e ai suoi proprietari che il ministro ha il dovere di rivolgersi per prima cosa, chiedendo conto e imponendo obblighi.
Chi ha accertato – quando, dove, con chi – che ormai tutto è crollato sulle spalle degli operai e che salvare gli operai, come sempre, è troppo difficile? Potrebbero gli esperti indicarci il prodotto che ha sostituito l’alluminio o perché il prezzo dei prodotti Alcoa è diventato all’improvviso non competitivo? Il prezzo dell’energia elettrica è sempre stato quello che è, e i profitti c’erano. Giornali, radio e Tg parlano di queste vicende, che stringono in una morsa drammatica migliaia di famiglie, con molta rapidità e poca chiarezza. In questa velocissima corsa di parole ho sentito la seguente spiegazione: l’attuale proprietà non accetta un certo compratore perché attivo nello stesso campo, ovvero concorrente da non favorire. Dunque, mentre operai disperati si accampano nella pioggia sopra la torre, una trattativa viene abbandonata per buone ragioni di concorrenza. È a questo punto che l’educata neutralità del governo sembra un’imperdonabile, colpevole assenza.
Intanto l’Ilva aspetta il suo destino, una fabbrica che è anche una città, presa nell’alternativa fra rinunciare alla salute e rinunciare al lavoro. In questo caso la remuneratissima proprietà non se n’è andata, ma non vuole pagare le immense somme necessarie e dovute per non far morire di veleni un’intera città, pur avendo guadagnato sia dalla città sia dall’inquinamento. E, in mancanza di governo, è intervenuta, con la minaccia di spegnimento dei forni, un solitario giudice donna, che non ha altri strumenti per fermare la morte delle persone. Di nuovo occorre domandarsi: e la Confindustria? Ha molte idee sul costo del lavoro e sul come licenziare. Ma non avrebbe un’idea sul come lavorare, produrre, guadagnare, senza far morire i bambini? E, se esiste quel rischio, come può (e deve) un’impresa moderna difendersi e difendere? Sarebbe un buon tema per un convegno. E un buon programma per un governo, specialmente se tecnico.
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Gaza, finita la tregua: Israele attacca Hamas. “Oltre 350 morti, molti bambini”. Le famiglie degli ostaggi contro Netanyahu: “Fermi l’uccisione dei nostri cari”
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Trump-Putin, oggi la telefonata. Media: “Usa pensano a riconoscere la Crimea come russa”. Tasse e debito: corsa al riarmo dell’Est Europa
Washington, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk si è detto "inorridito" dalla ripresa dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, che hanno provocato molte vittime, e ha chiesto che "l'incubo finisca immediatamente".
"L'unica via da seguire è una soluzione politica, coerente con il diritto internazionale. L'uso di una forza militare ancora maggiore da parte di Israele non farà altro che accumulare ulteriore miseria su una popolazione palestinese che già soffre di condizioni catastrofiche", ha scritto Turk in una nota.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "Il governo italiano - che per bocca di Crosetto evita accuratamente di attribuire la rottura della tregua al rifiuto di Israele di passare alla seconda fase dell'accordo che prevedeva il ritiro delle sue truppe e alla violazione della tregua con il blocco umanitario e continue attacchi - abbia il coraggio di condannare l'ormai evidente piano di sterminio di Netanyahu, chiedendo all'Unione europea di imporrare sanzioni economiche e diplomatiche a Israele, interrompendo ogni rapporto commerciale e finanziario, ogni consegna di fornitura militare e richiamando tutti gli ambasciatori europei come strumento di pressione diplomatica sul governo Netanyahu". Lo dicono i capigruppo M5s delle commissioni Esteri di Camera e Senato Francesco Silvestri e Bruno Marton.
"L'Europa che aspira a una sua autonomia strategica abbia il coraggio di smarcarsi dalla posizione degli Stati Uniti apertamente schierati con gli estremisti criminali che guidano Israele", aggiungono.
Milano, 18 mar. (Adnkronos) - "Vengo spesso interpellato dai media, in questi giorni, sulla nuova vicenda Sempio sulla quale non posso parlare perché la Procura non mi ha ancora abilitato al deposito della nomina al contrario, almeno da quanto leggo dalla Cassazione, sembra aver interloquito con la difesa Stasi". Lo precisa all'Adnkronos Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.
Si tratta di un atto necessario affinché l'avvocato della famiglia della vittima possa costituirsi parte offesa nel procedimento che riguarda Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, indagato per omicidio. La Procura di Pavia, dopo una prima archiviazione, ha riaperto le indagini sul trentasettenne per un delitto che ha già portato alla condanna in via definitiva a 16 anni di carcere per l'allora fidanzato Alberto Stasi. Ora, senza quella nomina, la parte offesa - cioè i consulenti della famiglia Poggi - non potranno partecipare alla rilettura delle analisi sul Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi o sul dispenser portasapone del bagno dove, per le sentenze, si lava l'assassino.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "E alla fine il governo Netanyahu ha rotto la tregua. Le cose non accadono mai per caso, la scelta di Israele di bombardare di nuovo in modo massiccio un territorio devastato e raso al suolo come Gaza, dove con la tregua milioni di civili avevano per un attimo respirato, è l’ennesimo crimine di guerra di Israele". Lo ha detto Nicola Fratoianni a Radio Anch’io.
"E dico all’Europa, che in questi giorni è tutta ripiegata su stessa, che forse deve ricominciare da qui, perché quando Israele bombarda i palestinesi bombarda anche il diritto internazionale -ha aggiunto-. Quelle sanzioni che sono state comminate al regime di Putin in questi anni devono essere subito applicate al criminale Netanyahu e il trattato di associazione Israele-Ue immediatamente sospeso. È davvero insopportabile la complicità con chi si macchia di tali atrocità".
Roma, 18 mar.(Adnkronos) - Non ama definirsi una diva (“diva a chi?”). Forse un’antidiva, che non si prende mai sul serio. Non conosce la rabbia (“non serve per farsi rispettare o volere bene”). Ma, al contrario, nel corso della sua carriera ha saputo trasformare gentilezza e semplicità nella sua forza. Sì, perché Serena Rossi è arrivata dove è arrivata perché è così, proprio come si vede sullo schermo, non avendo mai paura di mostrare le sue fragilità, la sua risata (una melodia per le orecchie) e il suo stupore (come quello di una bambina). Serena è ‘mille culure’ come la Napoli cantata da Pino Daniele. Ed è proprio alla sua città che l’attrice rende omaggio con il suo primo spettacolo ‘SereNata a Napoli’ (prodotto da Agata Produzioni e Savà Produzioni Creative): un viaggio fatto di musica e parole, che si intrecciano come amanti per raccontare una città leggendaria e dalle mille contraddizioni: “È la mia serenata a Napoli, per lei provo un amore viscerale ma anche conflittuale, in alcuni momenti”, dice all’Adnkronos l’attrice. Per lei “è un sogno che si realizza, ce lo avevo nel cuore da tantissimo tempo. Io credo che le cose si concretizzino nel momento giusto. Prima forse non lo era, mi sono concentrata sulle esperienze televisive e cinematografiche” e soprattutto “ho cercato di fare la mamma il più possibile. Ora mio figlio è un po’ più grande, mi sono presa il lusso di fare questo spettacolo che è molto impegnativo e mi porterà via da casa per un po’”.
La tournée partirà il 22 marzo al Teatro Colosseo di Torino (data già sold out) e proseguirà l’1 aprile all’Auditorium della Conciliazione di Roma (sold out), il 10 aprile al Teatro Verdi di Firenze, dal 5 al 9 maggio al Teatro Augusteo di Napoli (sold out), il 21 maggio al Teatro Duse di Bologna e il 6 giugno al Teatro Arcimboldi di Milano. Rossi sarà in tour anche questa estate. Il 24 giugno alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 17 luglio al Real Sito di Carditello San Tommaso, il 29 luglio all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei, l’1 agosto al Teatro Verdura di Palermo, l’8 agosto al Teatro Romano di Spoleto, il 10 agosto al Teatro della Versiliana di Marina di Pietrasanta, il 23 agosto all’Arena Virgilio di Gaeta, il 27 agosto allo Sferisterio di Macerata, il 5 settembre all’Oasi dei Battendieri di Taranto e il 13 settembre al Teatro Romano di Verona. Serena Rossi riporta in vita Napoli attraverso la leggenda di Partenope, il canto dei vicoli, i suoni delle feste popolari e ninne nanne che hanno cullato generazioni.
“Non parlerò di me, non volevo che lo spettacolo fosse egoriferito”, ma “ci sono dei momenti legati alla mia famiglia, quando parlo della guerra e dei treni dei bambini, come ho raccontato nel film di Cristina Comencini. Mia nonna è stata una di quei bambini”. Inoltre, racconto di una mia antenata che è stata la prima cantante femminista della storia, sapere che ho dentro un po’ di lei mi commuove molto”, anticipa l’attrice (di recente nominata ambasciatrice del World Food Programme), che si dice essere “in una fase in cui voglio raccontare la mia visione di questa città per farla scoprire a chi non la conosce, a chi pensa di conoscerla e riscoprire a chi la conosce”. E lo fa accompagnata da un’orchestra composta da sei elementi, parte viva dello spettacolo, guidata dal Maestro Valeriano Chiaravalle. “C’è tanta musica, i brani sono 18. Spazieremo da ‘Reginella’ a ‘Dove sta Zazà’ fino a ‘Io mammeta e tu’ e ‘Lacreme napulitane’”.
Nel corso della carriera “nessuno ha mai visto la mia napoletanità come un difetto, ma spesso mi hanno detto ‘non è questo che ci serve al momento’. Quando sono arrivata a Roma - ricorda Rossi all’Adnkronos - mi sono sentita un pesce fuor d’acqua e inadeguata, così cercavo di darmi un tono quando parlavo”. È stato “mio marito (il collega attore Davide Devenuto, ndr) a farmi vedere la mia napoletanità come una grande forza consigliandomi di non nasconderla perché avrei perso la mia naturalezza. L’ho ascoltato ed è andata bene”.
Ed è proprio così. Rossi è sinonimo di successo: al cinema, in televisione e anche in sala doppiaggio. È stata la voce di Anna di ‘Frozen’ ma anche di Mary Poppins nel film con Emily Blunt e della Regina Cattiva nella versione live-action del classico d’animazione Disney ‘Biancaneve’, dal 20 marzo nelle sale. Rossi interpreta i brani del villain, interpretato da Gal Gadot: “Dopo ‘Uonderbois’ ci ho preso gusto con le ‘cattive’”, dice tra le risate Rossi. “Questa per me è stata una sfida perché la Regina Cattiva ha una durezza e una rabbia nella voce, canta con i bassi. La mia, invece, è una vocalità molto leggera. Spero di essere riuscita a diventare la più cattiva del reame”. La tournée porterà l’attrice lontana dai set per alcuni mesi ma, come anticipa all’Adnkronos, “ci sono un paio di cose belle in cantiere, ma non posso dire nulla. Forse riesco a girare una cosa prima dell’estate e una subito dopo”. La speranza di Rossi è quella “di portare ‘SereNata a Napoli’ ancora un po’ più in là”. Per l’attrice questo “è un momento di grande fermento, di scegliere bene e di essere saggi”.
I rumors su di lei a Sanremo in veste di co-conduttrice nell’edizione di Carlo Conti hanno circolato per mesi, chissà se il prossimo anno possa davvero succedere: “Sarebbe bellissimo, un sogno. Da buona napoletana ti dico 'vene quanno adda venì'". In questo momento “mi sento abbastanza completa. Quello che desidero per la mia carriera è di continuare ad essere curiosa e smaniosa di cercare nuove sfide che mi possano gratificare e darmi tanto. Ma ammetto che già così sono molto felice", conclude. (di Lucrezia Leombruni)
Roma, 15 mar. (Adnkronos) - Al via oggi a Roma l’Acea Water Fun Run, la maratona dell’acqua per famiglie e bambini dedicata al risparmio idrico. La corsa non competitiva di cinque chilometri, che il Gruppo Acea sostiene insieme alla Acea Run Rome The Marathon di domenica 16 marzo, celebra così il profondo legame tra Roma e l’acqua attraverso lo sport. Ed è record di adesioni alla manifestazione di oggi con oltre 20mila iscritti, di cui più di 4mila stranieri provenienti da 97 nazioni. Per Acea ha partecipato la Presidente Barbara Marinali (VIDEO).
Lungo il percorso della Acea Water Fun Run, che si snoda attraverso uno dei luoghi al mondo più ricchi di storia e di arte, il gruppo Acea ha dislocato punti di ristoro dove l’organizzazione della maratona distribuirà 330mila brick d’acqua, tra oggi e domani. Al Circo Massimo è stato inaugurato l’Acea Water Village che ospiterà fino a domani iniziative dedicate all’educazione idrica, per sottolineare l’importanza dell’acqua nella pratica sportiva e nella tutela della salute e del pianeta: da una ruota per la produzione di energia ad uno spazio interattivo per l’utilizzo di visori di realtà virtuale, dal gaming Casa Net Zero Water Building al photo booth “Ogni goccia conta, ogni passo vale”.
All’Acea Water Village presenti i vertici Acea, l’ex nuotatore e campione olimpico Massimiliano Rosolino e i nuotatori della Rari Nantes di Firenze, una delle squadre che Acea sostiene all’interno di un progetto dedicato territorio che unisce “acqua e sport”, a favore dei giovani e della loro formazione. Oggi pomeriggio, invece, nello stand Acea allestito presso l’Expo Village Acea Run Rome The Marathon al Palazzo dei Congressi dell’Eur sono previste diverse attività di sensibilizzazione sul tema acqua: da T.E.D.D.I. il cane robot simbolo dell’innovazione tecnologica ad un’esperienza immersiva tramite visori di realtà virtuale, dal Marathon Water Wall fino ad un nasone con una postazione per scaricare l’App Acquea di Acea, pensata per atleti, cittadini e turisti, che permette di individuare, tra 3.500 punti idrici geolocalizzati a Roma, la fontana, il nasone o la Casa dell’acqua Acea più vicina per dissetarsi. Previsto anche il talk show “Il benessere di un atleta: un perfetto equilibrio tra acqua, sport e salute” presso lo stand Acea, alle ore 17, moderato dal Presidente della Commissione Federale Atleti Fidal Carlo Cantales a cui parteciperanno gli sportivi Manuela Di Centa, Angelika Savrayuk, Stefano Pantano, Silvia Di Pietro, Davide Passafaro, Daniele Del Signore, il presidente di Acea Acqua Enrico Resmini e il direttore della Comunicazione di Acea Virman Cusenza.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La fine della tregua in Medio Oriente, e del percorso per il ritorno a casa di tutti gli ostaggi, è una notizia dolorosa. Fa male assistere ad altri morti e violenza. Mi auguro si possa tornare sulla strada della costruzione di un dialogo, pur difficile, ma necessario. Bisogna uscire dal baratro delle guerre". Lo dice il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana.