L’unico vero tema delle prossime elezioni politiche sarà: uscire dall’Euro e dalla Unione Europea, sì o no? Infatti, una novità grave degli ultimi tempi è che questa domanda non è più posta da movimenti politici con percentuali da prefissi telefonici, come il Movimento No Euro, e da partiti di estrema destra, ma da partiti o movimenti che possiamo definire “di massa” e anche da partiti di estrema sinistra, tradizionalmente internazionalisti.
L’argomento è diventato caldo dopo che ne hanno parlato Beppe Grillo e il M5S, che diversi sondaggi danno su percentuali a due cifre, la Lega Nord di Maroni e il microscopico Partito Comunista di Marco Rizzo, mentre la Federazione della Sinistra sta arrivando a una sua posizione. Considerate le posizioni anti-Euro del passato di Berlusconi e di parte del PDL, bisognerà vedere nei prossimi mesi se il miliardario di Arcore deciderà di associarsi a questa battaglia che chiamerò retro-moderna, oppure se punterà a mantenere quell’impalpabile sfoglia di decenza che il PDL ha assunto da quando sostiene il governo voluto dal Presidente Napoletano al posto di chi c’era prima. Se mi si chiede una previsione, Berlusconi tornerà violentemente anti-Euro nel momento in cui ripetuti sondaggi gli consiglieranno che quella è una scelta crescentemente popolare. Altrimenti, no. I suoi seguaci, come dire, seguiranno in ogni caso.
Quale che sarà la posizione dell’ex piduista, questo ritorno della battaglia retro-moderna Euro & UE sì – Euro & UE no, sono certo che si terrà. Ma non sotto forma di referendum popolare, come diversi di questi movimenti anti-Euro chiedono, bensì sotto forma di elezioni politiche.
La via del referendum sarebbe complicata: non potrebbe essere un referendum abrogativo, perché la Costituzione vieta di mettere a referendum abrogativo i trattati internazionali. Certo, potrebbe essere un referendum consultivo, ma non avrebbe forza di legge, anche se avrebbe un suo impatto politico simile a quello del 1989 sul rafforzamento politico delle istituzioni comunitarie, di cui non a caso oggi non si ricorda più nessuno.
A mio modo di vedere, il referendum che sarebbe necessario per far decidere al popolo se vuole stare dentro o fuori la moneta unica e l’Unione Europa è quello istituzionale, considerato che il processo avviato con l’introduzione dell’Euro sta portando, se non interrotto, alla creazione della federazione o confederazione degli Stati Uniti d’Europa. Ma cosa ci vuole per indire un referendum istituzionale in Italia? Ne abbiamo avuto uno solo nella nostra storia, quello sulla scelta fra forma di Stato monarchica o repubblicana. E come fu indetto? Non certo tramite raccolta di firme, ma per decreto del principe Umberto, che eseguiva un patto politico noto come Patto di Salerno, fra Comitato di Liberazione Nazionale e monarchia. Referendum che si tenne in contemporanea alle elezioni per l’Assemblea Costituente. Insomma, come si può capire: circostanze eccezionali, difficilmente ripetibili nello scenario attuale senza passare prima per una nuova guerra civile e un azzeramento delle istituzioni odierne.
Guardando a scenari più realistici, l’unico “referendum” che si può tenere a brevissimo sullo stare o meno nella UE e nell’Euro è allora quello delle prossime elezioni politiche. Se il popolo sovrano deciderà di dare la maggioranza a quelle forze politiche che vogliono far uscire l’Italia dalla UE e dall’Euro, queste avranno il modo di formare il prossimo governo della Repubblica, che si muoverà politicamente, magari a quel punto aiutato dall’aver indotto (e vinto, sennò saran dolori) un referendum consultivo popolare sull’Europa, per realizzare il proprio progetto di uscita dalla UE e dall’Euro.
Se così stanno le cose, la scelta sul chi votare alle prossime elezioni politiche, che interroga oggi un 40-45% dell’elettorato, diventa improvvisamente semplice come ai tempi dei referendum su aborto e divorzio: si voterà per un Sì o per un No al progetto di unificazione europea. Chi è contro, voterà per il M5S, o per la Lega, o per il MSI-FT, o per il PC di Rizzo, o magari anche per Berlusconi e di certo per il MovNoEuro. Chi è a favore dell’Europa voterà per una qualunque delle altre formazioni politiche. La scelta dunque non sarà più da fare secondo la dicotomia sinistra-destra, o Berlusconi-antiberlusconi, o sul matrimonio come diritto di tutti o solo di qualcuno. Sarà da fare su un tema istituzionale e di Weltanschauung, di visione del mondo, che segnerà un forte cambiamento nella vita nostra e dei nostri figli: se tornare a vivere nell’epoca dei piccoli stati nazionali, o se essere parte di un disegno continentale. Per quanto mi riguarda la scelta è sicura, se non altro considerando che i nostri competitori mondiali si chiamano già oggi Cina, India, Nord America, Brasile, e non più Ducato di Parma e Piacenza o Repubblica di Lucca.