Che i denari “riparatori” dei danni post secondo conflitto mondiale non fossero mai arrivati nelle casse di Atene era cosa risaputa. Ma adesso, alla vigilia dell’ultimo report della Troika che potrebbe anche mettere fine alle speranze di salvataggio del Paese, il ministero delle Finanze greco vuole fare sul serio per ottenere quel risarcimento. Lo scrive, oggi dopo mesi di petizioni e richieste da parte di varia stampa internazionale, anche il Financial Times Deutschland secondo cui il vice ministro dell’Economia greco avrebbe istituito un gruppo di lavoro per valutare i documenti ufficiali presenti negli archivi storici. E con essi (i risultati tecnici sono attesi per la fine dell’anno) proporre ai rappresentanti di Bce, Fmi e Ue una sorta di integrazione al pacchetto di salvataggio contenuto nel memorandum.
I fatti: Hitler invase la Grecia nell’Aprile 1941, saccheggiandola e devastandola in lungo e in largo. Ha scritto la Croce Rossa Internazionale nel suo rapporto ufficiale sulla questione che tra il 1941 e il 1943 almeno 300.000 cittadini greci morirono letteralmente di fame, in virtù proprio di quelle razzìe da parte dei tedeschi. Inoltre sia la Germania che l’Italia, oltre a pretendere cifre elevatissime per le spese militari, ottennero forzatamente dalla Grecia anche quello che venne definito un prestito d’occupazione, consistente in 3,5 miliardi di dollari. Lo stesso Fuhrer riconobbe in quella circostanza il valore legale del prestito e avallò il risarcimento. Ma alla Conferenza di Parigi nel 1946 qualcosa andò storto e alla Grecia furono riconosciuti 7,1 miliardi di dollari come risarcimento, invece dei 14 richiesti. E mentre l’Italia ripagò regolarmente la propria parte del prestito, la Germania si rifiutò costantemente di farlo. Come se le riparazioni post belliche non fossero necessarie.
Ma a quanto ammonta oggi quella cifra? Prendendo come metro di valutazione l’interesse medio dei Buoni del Tesoro americani dal 1944, (il 6%) ballerebbero cifre enormi: 163,8 miliardi di dollari per l’occupazione 332 miliardi di dollari per i danni. E secondo un rapporto redatto nel luglio del 2011 dall’economista francese Jacques Delpla, la Germania dovrebbe corrispondere alla Grecia 575 miliardi, molto di più dei 355 miliardi di euro circa che oggi costituiscono il macigno di debiti sul futuro di Atene.
Certo, per dirla con le parole di chi quella richiesta l’ha avanzata molto tempo prima dell’articolo pubblicato sull’edizione tedesca del Financial Times, con petizioni che hanno chiamato a raccolta intellettuali, storici e giornalisti, la Grecia per anni è servita da pied-à-terre mediterraneo con prestiti massicci delle banche, con la telefonia in mano alla Deutsche Telekom, con l’aeroporto di Atene realizzato dai tedeschi, con i trasporti marittimi, con le commesse militari. Kostas Karamanlis, fido alleato della Cancelliera ha comprato 170 carri armati Leopard, 223 cannoni di seconda mano, 4 sottomarini della ThyssenKrupp (di cui uno che pendeva a destra). Mica due Cinquecento e un paio di Panda. Consola che oggi il governo di Atene stia almeno provando a rialzare la testa affidandosi alla storia. Ma certificando di fatto una scomoda oggettività: che alternative praticabili non ve ne sono.
Twitter@FDepalo
Zonaeuro
Crisi greca, Atene agli sgoccioli tenta la carta dei danni (tedeschi) di guerra
Secondo il Financial Times Deutschland il vice ministro dell’economia avrebbe istituito un gruppo di lavoro per valutare i documenti ufficiali presenti negli archivi storici. Nel 2011 i conteggi dell'economista francese Jacques Delpla, stimavano che la Germania dovrebbe corrispondere alla Grecia 575 miliardi
Che i denari “riparatori” dei danni post secondo conflitto mondiale non fossero mai arrivati nelle casse di Atene era cosa risaputa. Ma adesso, alla vigilia dell’ultimo report della Troika che potrebbe anche mettere fine alle speranze di salvataggio del Paese, il ministero delle Finanze greco vuole fare sul serio per ottenere quel risarcimento. Lo scrive, oggi dopo mesi di petizioni e richieste da parte di varia stampa internazionale, anche il Financial Times Deutschland secondo cui il vice ministro dell’Economia greco avrebbe istituito un gruppo di lavoro per valutare i documenti ufficiali presenti negli archivi storici. E con essi (i risultati tecnici sono attesi per la fine dell’anno) proporre ai rappresentanti di Bce, Fmi e Ue una sorta di integrazione al pacchetto di salvataggio contenuto nel memorandum.
I fatti: Hitler invase la Grecia nell’Aprile 1941, saccheggiandola e devastandola in lungo e in largo. Ha scritto la Croce Rossa Internazionale nel suo rapporto ufficiale sulla questione che tra il 1941 e il 1943 almeno 300.000 cittadini greci morirono letteralmente di fame, in virtù proprio di quelle razzìe da parte dei tedeschi. Inoltre sia la Germania che l’Italia, oltre a pretendere cifre elevatissime per le spese militari, ottennero forzatamente dalla Grecia anche quello che venne definito un prestito d’occupazione, consistente in 3,5 miliardi di dollari. Lo stesso Fuhrer riconobbe in quella circostanza il valore legale del prestito e avallò il risarcimento. Ma alla Conferenza di Parigi nel 1946 qualcosa andò storto e alla Grecia furono riconosciuti 7,1 miliardi di dollari come risarcimento, invece dei 14 richiesti. E mentre l’Italia ripagò regolarmente la propria parte del prestito, la Germania si rifiutò costantemente di farlo. Come se le riparazioni post belliche non fossero necessarie.
Ma a quanto ammonta oggi quella cifra? Prendendo come metro di valutazione l’interesse medio dei Buoni del Tesoro americani dal 1944, (il 6%) ballerebbero cifre enormi: 163,8 miliardi di dollari per l’occupazione 332 miliardi di dollari per i danni. E secondo un rapporto redatto nel luglio del 2011 dall’economista francese Jacques Delpla, la Germania dovrebbe corrispondere alla Grecia 575 miliardi, molto di più dei 355 miliardi di euro circa che oggi costituiscono il macigno di debiti sul futuro di Atene.
Certo, per dirla con le parole di chi quella richiesta l’ha avanzata molto tempo prima dell’articolo pubblicato sull’edizione tedesca del Financial Times, con petizioni che hanno chiamato a raccolta intellettuali, storici e giornalisti, la Grecia per anni è servita da pied-à-terre mediterraneo con prestiti massicci delle banche, con la telefonia in mano alla Deutsche Telekom, con l’aeroporto di Atene realizzato dai tedeschi, con i trasporti marittimi, con le commesse militari. Kostas Karamanlis, fido alleato della Cancelliera ha comprato 170 carri armati Leopard, 223 cannoni di seconda mano, 4 sottomarini della ThyssenKrupp (di cui uno che pendeva a destra). Mica due Cinquecento e un paio di Panda. Consola che oggi il governo di Atene stia almeno provando a rialzare la testa affidandosi alla storia. Ma certificando di fatto una scomoda oggettività: che alternative praticabili non ve ne sono.
Twitter@FDepalo
Articolo Precedente
Quelli che: “nel 1992 i tassi schizzarono alle stelle…”
Articolo Successivo
Il successo del piano Draghi è rimanere nel cassetto
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Cecilia Sala, Teheran gela il governo: “Trattata bene, ora rilasciate Abedini”. Pressing Usa: “L’iraniano resti in cella”. E Meloni incontra la madre della cronista
Mondo
La chiamata della cronista alla famiglia: “Dormo a terra, mi hanno sequestrato anche gli occhiali”
Fatti quotidiani
Per il 2025 regala o regalati il Fatto! Abbonamento a prezzo speciale, l’offerta fino al 6 gennaio
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Adesso, assolutamente, le condizioni carcerarie di mia figlia". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono quali siano le sua maggiori preoccupazioni. "Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...".