I quesiti per cancellare la riforma Fornero e garantire i diritti minimi cancellati dal decreto legge n°138/2011 del governo Berlusconi sono stati depositati questa mattina in Cassazione. Tra i promotori tutta la sinistra radicale e l'europarlamentare del Pd, Sergio Cofferati. Per, Rosy Bindi, la consultazione sarebbe "un grave errore"
“Ripristinare l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori e i diritti minimi previsti dal contratto nazionale di lavoro”. Sono i due quesiti referendari che questa mattina un comitato allargato, formato da una delegazione dell’Italia dei Valori insieme con alcuni rappresentanti delle forze sociali, politiche e giuristi ha depositato in Cassazione.
I quesiti riguardano la riforma Fornero e l’art.8 del decreto legge n.138 emanato dal governo Berlusconi nel 2011. Tra i promotori, oltre al presidente dell’IdV Antonio Di Pietro, il leader di Sel Nichi Vendola, il segretario nazionale di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, il segretario nazionale del Pdci, Oliviero Diliberto e i giuristi Pier Giovanni Alleva e Umberto Romagnoli. Tra i sindacalisti Gianni Rinaldini (Fiom), Francesca Re David (Fiom-Cgil) e Gian Paolo Patta (Cgil). La raccolta delle firme, che partirà il 12 ottobre, “andrà di pari passo – si legge in una nota dell’Italia dei Valori – con quella dei due referendum Idv contro per l’abolizione della diaria dei parlamentari e abrogare il finanziamento pubblico ai partiti”.
Quando le sottoscrizioni raggiungeranno quota 500mila il comitato potrà tornare in Cassazione, dove tutte le firme saranno vagliate per verificarne la validità. Se dalla Corte arriverà il via libera, la parola, secondo la legge, spetterà alla Corte Costituzionale che deve esaminare i profili di legittimità. Solo dopo l’ok della Consulta i cittadini vengono chiamati alle urne. Tra i promotori dei referendum, anche l’europarlamentare del Pd ed ex sindaco di Bologna Sergio Cofferati: “La grave crisi economica e sociale che l’Europa sta attraversando viene affrontata con scelte di restringimento che portano anche alla cancellazione di diritti nel lavoro e nella cittadinanza. Per questo è giusto chiedere l’abrogazione di quelle norme, per ridare dignità a chi lavora e ripristinare alcune elementari forme di democrazia nei luoghi di lavoro”.
Tra le reazioni, quella della presidente del Partito democratico Rosy Bindi, che, ospite a Omnibus su La7, si è espressa negativamente: “Penso che fare in questo momento un referendum sull’articolo 18 sia un grave errore. Non firmerei i quesiti sulla riforma del lavoro – ha spiegato la parlamentare – perché questa riforma, che parte dall’articolo 18, è frutto di una sintesi a cui abbiamo contribuito anche noi come Pd in maniera determinante e perché penso che la modifica all’articolo 18 sia assolutamente europea”.