Il nodo è la produttività. E’ da qui, secondo Mario Monti, che dovrà partire la crescita. “Che non dipende da noi” gli ha fatto eco Susanna Camusso. Posizioni diverse, quindi, ma non uno scontro frontale (come si temeva) durante l’incontro di oggi a Palazzo Chigi tra Governo e parti sociali. Sul tavolo, neanche a dirlo, il rilancio della competitività e della produttività per la ripresa economica e l’occupazione del Paese. Presenti il premier, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà, i ministri Passera (Sviluppo economico), Fornero (Lavoro), Grilli (Economia), Barca (Coesione territoriale) e Moavero (Affari europei), oltre che il viceministro al Lavoro Michel Martone e le delegazioni di Cgil, Cisl, Uil e Ugl con i rispettivi segretari generali (tranne la Uil, per cui è presente il segretario confederale Antonio Foccillo).
Dopo aver ricordato ancora una volta la difficoltà economica in cui verte il Paese e aver richiesto il contributo dei sindacati, il presidente del Consiglio ha sottolineato che “la produttività del lavoro è la base per la crescita e l’occupazione”. E per migliorarla (insieme alla riduzione del costo del lavoro), il governo non pensa alla moderazione salariale, ma piuttosto alla “modernizzazione delle relazioni industriali” in modo da “affrontare lo spread di produttività tra l’Italia e l’Eurozona”. Monti, poi, per avvalorare la sua tesi ha portato l’esempio di Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo, che “hanno aumentato la produttività e diminuito il costo unitario del lavoro invertendo il trend negativo” al contrario di quanto ha fatto l’Italia. In tal senso, il ruolo del governo è quello “di porre il problema e di farlo cogliere alle parti sociali e all’opinione pubblica ed è quello di facilitare le due parti a confrontarsi su questo tema” ha sostenuto il premier, che poi ha dettato anche i tempi d’azione: “C’ è urgenza di uno sforzo per risultati concreti nel tavolo tra sindacati e imprenditori: abbiamo poche settimane disponibili prima dell’Eurogruppo e del Vertice Ue di ottobre e al massimo in un mese servono segnali concreti”.
La risposta (negativa) di Susanna Camusso (Cgil)
Non si è fatta attendere la risposta di Susanna Camusso, che ha contestato quanto sostenuto dal capo del governo. “La crescita non può dipendere da quello che le parti sociali possono fare in termini di produttività aziendale” ha detto il segretario nazionale della Cgil, secondo cui “servono interventi sulla produttività di sistema, politiche industriali ed energetiche da parte del Governo”. I sindacati, al contrario, “possono fare la loro parte ripartendo dall’accordo del 28 giugno 2011 estendendolo ed applicandolo nei rinnovi contrattuali” ha detto la Camusso. Che poi ha proposto la sua ricetta: “Ridare fiducia alle persone cominciando con la detassazione delle tredicesime con le risorse recuperate dalla lotta all’evasione”. Per quanto riguarda il tema della produttività, invece, a sentire Susanna Camusso “incide il problema della dimensione delle nostre aziende. Servono, inoltre, nuove norme sulla legalità e sulla corruzione, che incidono pure sulla produttività”. D’obbligo un passaggio su Alcoa, per cui la Cgil ha chiesto al governo di trovare “una soluzione” perché “quei lavoratori non possono essere lasciati soli” e, se necessario, “la vertenza Alcoa deve arrivare a palazzo Chigi”. Poi, al termine dell’incontro, Susanna Camusso ha sottolineato che “il governo non ha dato risposte di merito, ma ha continuato a dire che la risorse non ci sono”. Sull’ipotesi di sciopero generale, invece, il segretario della Cgil ha confermato che sarà rispettato il programma di mobilitazione deciso ieri, ma non ha escluso che in effetti un blocco generale possa effettivamente essere organizzato. “Vedremo quali sono le risposte che arriveranno dal governo” ha detto, confermando che “per noi le priorità sono il lavoro e le vertenze”, prima di aggiungere un dettaglio di non poco conto sui tempi di azione. “Per noi non ci sono scadenze, il governo ci dica quando inizia a fare dei provvedimenti che servono a rimettere in moto il Paese” ha detto il leader della Cgil prima di sottolineare che “non c’è assolutamente alcun impegno da parte del governo che continua a immaginarsi una incentivazione semplicemente al maggior lavoro in una stagione di cassa integrazione e licenziamenti e riduzione della produzione”.
Passera: “Ci sono margini per più soldi ai lavoratori”
A spegnere sul nascere eventuali polemiche e scontri tra governo e sindacati ci ha pensato il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. L’ex banchiere, infatti, nel suo intervento ha utilizzato il bastone e la carota al fine di conseguire un duplice obiettivo: tenere ‘calmi’ i sindacati e far digerire loro la strategia che ha in mente il governo. Con quali mezzi? Con le promesse. “Ci sono margini per mettere più soldi in tasca alla gente” ha detto Passera, spiegando però che “senza aumenti di produttività, aumenti salariali saranno impossibili”. E che quindi “bisogna che lavoriamo tutti per una maggiore competitività delle aziende”. Da parte sua, tuttavia, il governo intende mettere ”le poche risorse che ha a supporto dell’eventuale accordo che venisse fuori da una tavolo tra imprese e sindacati per la produttività” ha detto Passera, il quale si è anche augurato che “già nei prossimi giorni e comunque il più presto possibile” si possa trovare un accordo in questo senso. La moral suasion di Passera ha puntato anche a questo: a velocizzare i tempi, magari cercando di ricordare quanto successo in passato. ”Avete fatto accordi e contribuito a leggi sagge, vi chiediamo di usarli di più e applicare concretamente gli strumenti che già avete a disposizione per creare produttività” ha infatti detto il ministro dello Sviluppo economico con riferimento alla legge 138 e all’accordo del 28 giugno.
Poi, per motivare il suo invito (e allo stesso tempo la strategia del governo), ha ricordato che ”aumentare produttività significa aumentare occupazione, incrementare la competitività delle imprese e dare più soldi in tasca ai lavoratori”. “Su questo – ha garantito il ministro – possiamo mettere le poche risorse che abbiamo a disposizione”. Ma non solo. Proprio perché la situazione è “di grande preoccupazione per certe fasce sociali” e perché “il tema del disagio sociale è diffuso”, Passera ha spiegato che l’esecutivo si è sentito di “non trascurare, tra tutte le leve che dobbiamo usare per generare occupazione, il tema della produttività”. Poi una sorta di ‘correzione’ delle parole di Monti, con un’uscita che lascia poco spazio ad interpretazioni alternative: “Nessuno – ha detto – vuole dire in nessun modo che l’aumento di produttività dipende solo dalle parti sociali e dai contratti di lavoro, ma tutti noi sappiamo che il margine disponibile per intervenire c’è ed è elevato”. Come Monti, più di Monti, ma con una strategia più politica. Con invito finale: “Ci aspettiamo proposte ambiziose e complessive. Aumentare la produttività serve anche in termini di convinzione per il resto del mondo che l’Italia sta facendo sul serio” ha detto Passera, il quale è convinto che “questo secondo spread, quello della produttività, è generato da ragioni di sistema, su cui il governo sta via via intervenendo, che attengono più alle scelte imprenditoriali e manageriali, e da scelte da prendere in comune tra le parti sociali. Tutto questo causa poca crescita e limita il rilancio dell’occupazione”.
La soddisfazione di Raffaele Bonanni (Cisl)
“La Cisl è impegnata a trovare un’intesa con le imprese ma nessuno si deve sottrarre alle proprie responsabilità”. Parola del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha anche sottolineato con entusiasmo che finalmente “si avvicina la possibilità di discutere di cose concrete in questo Paese”. Ma non solo. “Coltiverò in tutti i modi le possibilità di raggiungere un’intesa con le imprese e fra le aziende e i lavoratori con il sistema nazionale istituzionale e gli enti locali” ha spiegato Bonanni, secondo cui “oggi c’è stata da parte del governo una mossa importantissima sul piano politico e culturale. Ora – ha aggiunto – dipenderà dalla generosità di ciascuno se ci saranno risultati”. Neanche troppo velato il riferimento alle altre parti sociali e alla Cgil, di cui però non pronuncia mai il nome. Ma il concetto è stato ancora più chiaro nella successiva dichiarazione del leader della Cisl: “Si prenderà una responsabilità grave chi, in questo momento e di fronte ai drammi che abbiamo, si sottrarrà dal prendere le proprie responsabilità e giocare solo il rimpiattino delle recriminazioni – ha detto Bonanni – Noi naturalmente siamo l’ultima ruota del carro visto che è il governo a prendere delle decisioni ma anche noi, con un buon comportamento e una buona sensibilizzazione, possiamo determinare dei cambiamenti”.
Cambiamenti, questi, che a sentire il leader Cisl, si vedono già con l’avvio della concertazione. Che ha avuto una spinta nonostante il veto dei partiti. “Il Governo Monti – ha osservato il sindacalista – si è rifiutato per tutti questi mesi a fare concertazione anche perché non incentivato dai partiti. Oggi si apre finalmente la fase concertativa”. Fino ad adesso, ha sostenuto Bonanni, “non mi è parso che i partiti hanno difeso il sistema concertativo quando il governo lo negava”. La spending review, ha sottolineato ancora Bonanni, “ha dimostrato che ci sono resistenze forti, blocchi di potere politico-economico a presidio di vicende come quella della sanità, degli enti locali…e che non vogliono nessun cambiamento e mantenere il sistema tale quale è. Ora bisogna che le cose cambiano”. Poi l’annuncio (“con le imprese ci vedremo appena prenderemo un contatto con loro”) e la nota polemica contro i “tutti i gufi della concertazione che oggi sono stati smentiti”.
In tal senso, quello di Bonanni è un attacco frontale: “Si riapre una discussione che sembrava seppellita con buona pace e grandi soddisfazioni delle lobbies e tutti i poteri forti italiani che hanno soffiato sul fuoco affinché non ci fosse un ravvicinato confronto con le parti” ha detto il segretario generale della Cisl, per cui “‘innalzamento della produttività” del Paese dipende dalle disfunzioni del sistema. Pertanto, ha aggiunto, “bisogna concertarsi sui temi quali l’energia, le infrastrutture, le tasse, i servizi, la giustizia e la lotta alla mafia. Se non si risolveranno questi nodi non si riuscirà a migliorare la produttività. Bisogna cooperare”. Un’apertura alla concertazione che però per Susanna Camusso non esiste: “Ho sentito il premier Monti dire che era una occasione di incontro ma che non si pensasse che apriva una stagione concertativa… Può darsi che abbiamo sentito cose diverse”. Tornando a parlare del governo, il segretario Cgil ha sottolineato che “ha fatto un ragionamento generico, che sentiamo da un mucchio di tempo: non ha dato cifre, non ha detto che ripristina la detassazione del premio di produttività, non c’è assolutamente nessun impegno. Anzi continua a immaginarsi una incentivazione semplicemente al maggior lavoro. Ma come abbiamo cercato di spiegargli, siamo nella stagione della cassa integrazione, dei licenziamenti, della riduzione della produzione e risolverla in termini di maggior lavoro, non si capisce di cosa stiamo parlando…”.