Sabelli non ha fatto nessuna censura contro Ingroia e Di Matteo, ha solo espresso una critica”. Ospite de “L’Infedele”, in onda su la7, Luciano Violante appoggia incondizionatamente la posizione assunta dal presidente dell’Anm contro i magistrati di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-mafia. “Le indagini devono andare avanti sino in fondo” afferma il parlamentare Pd -“ma i magistrati devono stare molto attenti a evitare di apparire schierati su un fronte, altrimenti poi le indagini non si fanno più e perdono di credibilità“. E attacca coloro che, a suo dire, usano le procure come ‘clava politica’: “Chi ha cuore davvero quelle indagini invita i magistrati ad avere un riserbo maggiore. Li strumentalizza, invece, chi non ha interesse a questo, ma ha interesse a sollevare una canea contro istituzioni, agitando quel rancore che già c’è nella società italiana”. Violante punta il dito contro Grillo, Di Pietro e il Fatto Quotidiano: “Esprimono posizioni che fanno parte di un legittimo progetto politico, ma che scatenano una parte dell’opinione pubblica contro le istituzioni. Ad esempio, contro il Capo dello Stato“. L’esponente del Pd dà una sua personale spiegazione: “Il Presidente della Repubblica oggi è il punto di riferimento fondamentale di una risoluzione razionale dei conflitti e quindi va attaccato perchè bisogna far prevalere il dato emozionale della rabbia all’interno di un quadro di consenso politico. Basti pensare all’intervista in ginocchio che il Fatto Quotidiano ha fatto a Grillo”. Il politico cita un suo articolo, risalente al 1993, in piena Tangentopoli per ribadire la sua coerenza di pensiero. “Quando ero presidente della Commissione Antimafia, scrivevo che c’era uno sfrenato giusitizialismo all’epoca e che nessuna società ha tollerato troppo a lungo un governo dei giudici“. Violante scodella un’altra prova del suo garantismo: “Quando Berlusconi nel 1994 ricevette la comunicazione giudiziaria per tangenti, al contrario di molti, io dissi che non si doveva dimettere“. Replica anche a Travaglio circa il conflitto di attribuzione sollevato da Napolitano: “Non è minimamente paragonabile al caso di Berlusconi e Travaglio lo sa. La Costituzione non garantisce nulla al Presidente del Consiglio dei Ministri ma dice che il Presidente della Repubblica non può essere oggetto di attenzioni penali, se non per alto tradimento e attentato alla Costituzione”. E aggiunge a difesa di Napolitano: “L’articolo 271 del Codice di Procedura Penale dispone la distruzione delle intercettazioni illecite“. Polemica finale tra il parlamentare e il giornalista Paolo Mieli, circa gli attacchi reiterati della politica contro Ingroia e il ruolo di alcuni soggetti, come Grillo, il Fatto e Di Pietro, nel creare “quel populismo giuridico contro Monti e Napolitano”. “Ma chi? Padellaro?” – chiede provocatoriamente Mieli. “Padellaro non lo so, ma una parte del Fatto senz’altro” – risponde Violante

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