Sabato 8 settembre trovandomi alla bella e affollata festa de Il Fatto Quotidiano a Marina di Pietrasanta ho assistito al dibattito su ‘Donne di fatto: ricostruire l’Italia’. Al centro del dibattito un articolo di Massimo Fini provocatorio e crudo, come suo stile, attorno a questioni di genere, terreno di sua grande visibilità editoriale e televisiva (riguarda il video del dibattito).
L’acceso scambio tra lui e la Sabina Ciuffini, che gli negava la possibilità di parola ritenendo l’articolo troppo offensivo e indegno di confronto, ha tenuto la gran parte della scena e pur ringraziando la Ciuffini per la tenace difesa della dignità della donna ritengo che forse la si sarebbe con meno fatica protetta lasciandolo parlare. Lo scontro si è rivelato così, poco atto a ‘ricostruire’, men che mai l’Italia.
Per quel che ho potuto comprendere, la tesi di fondo del Fini più volte ripetuta, era che “da quando la donna lavora si è appiattita su posizioni maschili perdendo la sua femminilità“.
“Da quando la donna lavora”? La donna ha sempre lavorato, e molto, da quando, con la clava in mano, difendeva i suoi piccoli dagli orsi con cui spesso era costretta a condividere la caverna, a ieri quando sostituiva nelle fabbriche gli operai partiti al fronte, ad oggi dove il 60 per cento della forza agricola del mondo è femmina e sono le donne ad aggirarsi tuttora per le montagne con fasci di legname sulla testa o ad affrontare chilometri di deserto con vasi di acqua sulla testa, sono le donne che curano il bestiame, la prole, cucinano, lavano i panni non solo senza lavatrice ma finanche senz’acqua etc etc etc… A tutti questi infiniti e faticosissimi lavori c’è da aggiungere quello per il quale, citando il Fini, la donna è precipuamente ‘attrezzata’ …. peccato che spesso il mondo intorno lo sia molto meno e così, come ribadito da un recente rapporto di Save the Children, sono 1000 le donne che ogni giorno, nel mondo, muoiono di parto!
“Appiattita su posizioni maschili”? Il Fini citava le Ministre degli Esteri Albright o Rice come esempio di guerrafondaie traditrici del ruolo femminile. Sono assolutamente contraria alla guerra tanto quanto lo sono moltissimi uomini e il dubbio che sorge è che siano i ‘ruoli di potere’ di per sé ad essere confusi con ‘posizioni maschili’. Erano su posizioni maschili anche la Marcegaglia, la Fornero e la Camusso quando in primavera affrontavano la riforma del lavoro in Italia o erano solo in ‘posizioni di potere’?
“Perdendo la sua femminilità”. Cosa si intende per ‘femminilità’? Se per femminilità si intende non-aggressività una riflessione su tutte: la nostra specie animale non sarebbe certamente potuta sopravvivere se la femmina dell’essere umano, come quella di ogni specie animale, non fosse stata aggressiva. Se per femminilità si intende invece quella descritta dal Fini nel succitato articolo “(…) La donna è baccante, orgiastica, dionisiaca, caotica, per lei nessuna regola, nessun principio può valere più di un istinto vitale (…)”, consiglierei al giornalista una semplice riflessione sui protagonisti delle celebri e licenziose vicende degli ultimi anni che hanno reso visibili e pubblici quanto siano gli usi e i costumi (o vogliamo chiamarli ‘istinti vitali’?) del mondo del potere maschile assai lontani dalle regole e dai principi e come, d’altro canto, siano ancora molte le donne che non hanno affatto perso quel genere di femminilità.
Se per femminilità si intende invece, più banalmente, dolcezza – e non remissività – allora la tesi é a mio modesto parere da ribaltare completamente. L’emancipazione e la liberazione della donna non porta né comporta una perdita di femminilità ma al contrario la sua conquista. Maggiore consapevolezza e indipendenza ci permettono di godere, per la prima volta nella storia, del lusso della dolcezza, della compassione, quella vera, consapevole, generosa e spontanea, destinandola non solo ai proprio figli e compagni ma alla realtà tutta. Possiamo cominciare finalmente ad accorciare gli artigli!
Ricevo e pubblico la risposta di Massimo Fini
Gentile Beatrice Luzzi,
io ho detto innanzitutto che la donna è un essere più vitale dell’uomo che, nel gran gioco della vita, quello vero, quello antropologico, sottratto alle sovrapposizioni culturali, è semplicemente un fuco transeunte e melanconico. Che la donna abbia sempre lavorato è vero ma in una sua dimensione molto specifica. Entrando, nella Modernità, in un mondo del lavoro prettamente maschile si è appiattita inevitabilmente direi, sul maschile. Il discorso ovviamente è molto complesso e siccome lei non mi sembra una totalmente incolta Sabina Ciuffini mi permetto di consigliarle il mio libro ‘Dizionario erotico. Manuale contro la donna a favore della femmina’ che in genere alle donne intelligenti e non fanatiche è piaciuto. Dopo, se lo riterrà, potremmo parlarne a maggior ragion veduta.
Cordiali saluti
Massimo Fini