L’ultima pista: un revolver. Che a Milano ha ‘cantato’ due volte. Lunedì all’ora di cena in via Muratori, sei colpi (probabilmente) e due morti: l’imprenditore (incensurato) Massimiliano Spelta e la sua donna Carolina Payano Ortiz, 21 anni, originaria di Santo Domingo. In casa di Spelta saltano fuori 37 grammi di cocaina. Su Facebook la ragazza racconta uno sfogo: “Sono stanca di sopportare”. Dall’esecuzione si è salvata la figlia della coppia, di due anni. La città si sente sotto assedio. In via Muratori, quartiere ormai di locali alla moda e case ben rifinite, s’inciampa nei volti sconvolti dei cittadini. Non è finita. Si spara di nuovo. Ieri in in via Giacosa, non lontano da via Padova: due auto in corsa si sfidano in mezzo al traffico. Ancora un revolver. E mentre la Squadra mobile indaga, i milanesi si scoprono accerchiati da una violenza che percorre strade diverse: quelle della malavita comune e della mafia. A volte, però, a sparare sono uomini in divisa: il 13 febbraio è l’agente della polizia locale Alessandro Amigoni a inseguire, sparare e uccidere un giovane cileno. Per lui l’accusa è omicidio volontario. Il vigile si difende: colpo partito per intimidire. La perizia dimostrerà che lo sparo è avvenuto a una distanza compresa tra i 50 centimetri e i due metri. Il 24 settembre è fissata la prima udienza davanti al gup.

In città si spara per molto poco. Maggio 2009, una sedia fuori dal bar Quinto a Quarto Oggiaro. Accanto, un corpo senza vita: Francesco Crisafulli, fratello di Biagio, alias Dentino, trafficante e boss di peso. Chi spara è Donato Faiella detto il Ringo della Comasina. S’indaga per mafia. Alla fine il killer confessa: “Rancori personali”. Per le strade cadono banditi e imprenditori. Ettore Gerri è uno di loro, costruttore, importante, di Bergamo. Tre proiettili calibro nove lo uccidono nella centralissima via Fiamma. E’ il 16 marzo 2004. Otto anni dopo l’omicidio è irrisolto. L’ipotesi più accreditata: una relazione della vittima con la ex di un trafficante legato alla cosca Morabito.

Seguendo le tracce dei padrini, Milano impara l’orrore di una donna, Lea Garofalo (pentita di ‘ndrangheta legata alla famiglia Cosco) uccisa e sciolta nell’acido. Non era mai successo. Avviene nel 2009, quando la politica lombarda ancora nega l’infiltrazione dei clan. Un anno dopo, Milano scopre la lupara bianca: la Brianza come la Calabria. Lo racconta il collaboratore di giustizia Antonino Belnome, che fa scoprire i corpi di Antonio Tedesco e Rocco Stagno, uccisi dalle cosche tra il 2008 e il 2009. I racconti di Belnome ancora ieri hanno permesso ai carabinieri del Ros di arrestare altri 37 presunti affiliati alla ‘ndrangheta. Negli ultimi sei anni sono 18 gli omicidi di mafia a Milano e in Lombardia. Cadono pezzi da novanta come Carmelo Novella, ma anche faccendieri vicini ai clan e ai servizi segreti come Giovanni Di Muro, freddato a San Siro nel 2009. Muore l’avvocato Maria Spinella, uccisa il 31 ottobre 2006 davanti alla sua casa.

C’è la droga nella sparatoria di via Muratori: a oggi solo un’ipotesi. La ‘bamba’ è uno dei moventi più frequenti a Milano. Per alcune dosi di cocaina spacciate nel posto sbagliato, viene ucciso (2008) un pusher della cosca Flachi, sotto le luci della discoteca De Sade. Nel 1996 fuori dallo Scream di via Porta Tenaglia vengono uccisi Johnny Rosselli e Rocco Lo Faro, figlio naturale del boss calabrese Santo Pasquale Morabito.

Anche a Milano, poi, si rispettano le ricorrenze. Il giorno del suo compleanno muore Natalino Rappocciolo (giugno 2009), balordo di periferia, più che mafioso. Eppure mafiose sono le modalità. Giustiziato in ginocchio, il corpo bruciato e gettato in un sacco con dentro la testa di un cane. Omicidio irrisolto. Come senza nome resta il killer (o i killer) che l’11 febbraio 1997, in zona Fiera, ammazzano il commercialista Maurizio Pierro. La polizia indaga, scopre rapporti con uomini vicini a Vittorio Mangano e sfiora (appena) gli affari dei fratelli Graviano. Senza soluzione anche l’omicidio di Frederick Soppo Ekoule, 33 anni, del Camerun, ucciso in viale Pasubio. Era appena uscito da una discoteca di corso Como. Il fascicolo resta aperto. Dalle carte emerge la storia di una banda di politici e imprenditori, sesso e droga. Consumano ma non pagano. Per risolvere il problema, qualcuno si affida alle pistole di un boss di periferia.

dal Fatto Quotidiano del 12 settembre 2012

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