Scrive
Marco Travaglio, a proposito di
Giovanni Favia e del suo attacco a Casaleggio e quindi a
Grillo: “Se non ti piace il tuo club, esci. O combatti da dentro per cambiare le cose: ma a viso aperto, non bisbigliando”. Giusto. Ma
qualcuno aveva provato a chiedere di cambiare le cose “a viso aperto”,
Valentino Tavolazzi, uno dei militanti della prima ora del M5S, popolarissimo, come del resto Favia. “A viso aperto” aveva addirittura chiesto assai meno, neppure il dissenso (una linea alternativa) ma il diritto al dissenso, un po’ come, si parva licet, Ingrao per decenni dentro il Pci. Risultato: Tavolazzi immediatamente espulso. Eppure era anche suo, il club. Oppure
M5S è il club di
Beppe Grillo, sua proprietà privata, e perciò “se non ti piace il SUO club, esci”?
Tavolazzi, se non ricordo male, si era limitato a organizzare un incontro con altri esponenti del movimento, per scambiarsi delle idee. Proprio questa modestissima pretesa (che dovrebbe andare da sé: solo nel Pci del centralismo “democratico” era vituperata come frazionismo) è stata fulminata dall’anatema di Grillo. Con il consenso telematico di tanti militanti (che siano in maggioranza non è detto, però, e si spera il contrario): chi è eletto in un Comune o in una Regione, si occupi delle questioni che riguardano quell’ambito, sulle questioni nazionali e internazionali taccia, su quelle parla solo Beppe Grillo. Sembra di sentire il deplorevole proverbio veneto sul comportamento che deve tenere la donna e moglie: “Che la piasa, che la tasa e che la staga in casa”.
Se in un movimento politico i militanti hanno paura di parlare “a viso aperto”, questo è già il sintomo macroscopico e non rimuovibile di un gravissimo problema, la cui responsabilità ricade interamente sui vertici, che evidentemente hanno creato un clima vissuto come intimidatorio, e che costringe perciò i militanti a dissimulare il dissenso, o posporne la manifestazione a tempi più propizi, per non subire subito l’ostracismo.
L’idea che i contatti tra militanti di situazioni e città diverse non possano avvenire direttamente, ma sempre e solo attraverso lo strumento in mano ai vertici, che insomma un militante o un eletto di Torino non possa discutere, “a viso aperto” ma anche de visu, con quello di Bologna e di Palermo e di Roma e di Trieste, ecc., che solo Grillo/Casaleggio possa esserne il tramite, è, tecnicamente parlando, un tratto che tutti gli analisti hanno sempre riscontrato come inerente ai totalitarismi. Dove ciascuno è isolato, e può entrare in contatto con gli altri solo passando per l’Egocrate, personale o collettivo (Politburo) che sia.
Naturalmente è possibile che Favia (e Tavolazzi, e gli altri eventuali dissidenti, e tutto il cocuzzaro) siano degli arrivisti, dei furboni, degli opportunisti, la maggior parte degli articoli usciti qui nei giorni scorsi (e non solo quello di Marco) alimenta nel lettore questo dubbio. In tal caso però dovrebbe venire alle labbra una domanda per Grillo/Casaleggio: se erano tanto mefitici e deprecabili, perché li avete per tanti anni tollerati, e anzi magnificati, e perché sono stati tanto votati?
L’articolo di Marco si chiudeva con una considerazione che mi sembra condivisibile al 101%: “In mancanza di ladri, mafiosi, mignotte e vecchie muffe, Grillo&C. dovranno superare un pubblico esame proprio sul tallone d’Achille della democrazia interna. Se riusciranno a inventare un sistema di selezione dei candidati davvero trasparente, avranno vinto. Se no, gli sconfitti non saranno loro, ma tutti gli italiani che magari non li votano, ma neppure si rassegnano a questa fogna chiamata politica”.
Perché questo è il punto: c’è un mare di italiani, quasi tutti autenticamente democratici e niente affatto sensibili alle sirene del populismo e del qualunquismo, che alle prossime elezioni vorrebbero avere modo di dire un sonoro “no!” a questa orgia di vera antipolitica che è la partitocrazia vecchia e nuova, i “tecnici” che proseguono il berlusconismo con altri mezzi (gli stessi, meno l’overdose di volgarità e indecenza), il coro unanime che quotidianamente bacia la pantofola del Colle Più Alto. E insieme a questo “no!” magari poter dire un “sì” a misure organiche che realizzino un po’ più di “giustizia e libertà” (ma basterebbe anche un po’ meno di ingiustizia, censura e impunità) e con ciò facciano crollare lo spread di civiltà che ci allontana dall’Europa, premessa ineludibile per risolvere anche i problemi finanziari, economici, produttivi del Paese.
Oggi solo il M5S sembra andare incontro, bene o male, a questa diffusa e democraticissima esigenza. Affrontare, da parte dei vertici del M5S, con la logica dell’anatema, fosse anche soft, o con le omissioni, le reticenze e il patriottismo di bottega, la questione della democrazia e della trasparenza nelle scelte politiche e di candidatura, significherebbe fare alla Casta il più gradito e forse inaspettato dei regali.
Sia chiaro, il problema della democrazia non si pone in un partito o in un movimento come per le istituzioni rappresentative. Molti militanti liquidano Favia&Co. col lapidario “senza Grillo neppure esistereste”. È verissimo. Senza Grillo (e il suo sodalizio con Casaleggio), di Favia, Tavolazzi, Pizzarotti, non avremmo mai sentito parlare. Non è vero che “uno vale uno”. I movimenti e le forze politiche, oggi, nascono dall’alto. Chi ha la possibilità e capacità di essere il catalizzatore di una forza politica vale infinitamente più degli altri (esisterebbe l’Idv senza Di Pietro? E senza Nanni Moretti, i girotondi avrebbero portato in piazza un milione di persone?). Proprio per questo, perciò, sui leader incombe l’intera responsabilità di far virare e radicare a modalità democratiche, anziché padronali, il movimento che hanno creato. I leader sicuri di sé lo fanno, solo gli insicuri temono il mare aperto del confronto e del dissenso.
Il Fatto Quotidiano, 12 settembre 2012
Paolo Flores d'Arcais
Filosofo e direttore di Micromega
Politica - 12 Settembre 2012
Grillo, non fare il caudillo
Tavolazzi, se non ricordo male, si era limitato a organizzare un incontro con altri esponenti del movimento, per scambiarsi delle idee. Proprio questa modestissima pretesa (che dovrebbe andare da sé: solo nel Pci del centralismo “democratico” era vituperata come frazionismo) è stata fulminata dall’anatema di Grillo. Con il consenso telematico di tanti militanti (che siano in maggioranza non è detto, però, e si spera il contrario): chi è eletto in un Comune o in una Regione, si occupi delle questioni che riguardano quell’ambito, sulle questioni nazionali e internazionali taccia, su quelle parla solo Beppe Grillo. Sembra di sentire il deplorevole proverbio veneto sul comportamento che deve tenere la donna e moglie: “Che la piasa, che la tasa e che la staga in casa”.
Se in un movimento politico i militanti hanno paura di parlare “a viso aperto”, questo è già il sintomo macroscopico e non rimuovibile di un gravissimo problema, la cui responsabilità ricade interamente sui vertici, che evidentemente hanno creato un clima vissuto come intimidatorio, e che costringe perciò i militanti a dissimulare il dissenso, o posporne la manifestazione a tempi più propizi, per non subire subito l’ostracismo.
L’idea che i contatti tra militanti di situazioni e città diverse non possano avvenire direttamente, ma sempre e solo attraverso lo strumento in mano ai vertici, che insomma un militante o un eletto di Torino non possa discutere, “a viso aperto” ma anche de visu, con quello di Bologna e di Palermo e di Roma e di Trieste, ecc., che solo Grillo/Casaleggio possa esserne il tramite, è, tecnicamente parlando, un tratto che tutti gli analisti hanno sempre riscontrato come inerente ai totalitarismi. Dove ciascuno è isolato, e può entrare in contatto con gli altri solo passando per l’Egocrate, personale o collettivo (Politburo) che sia.
Naturalmente è possibile che Favia (e Tavolazzi, e gli altri eventuali dissidenti, e tutto il cocuzzaro) siano degli arrivisti, dei furboni, degli opportunisti, la maggior parte degli articoli usciti qui nei giorni scorsi (e non solo quello di Marco) alimenta nel lettore questo dubbio. In tal caso però dovrebbe venire alle labbra una domanda per Grillo/Casaleggio: se erano tanto mefitici e deprecabili, perché li avete per tanti anni tollerati, e anzi magnificati, e perché sono stati tanto votati?
L’articolo di Marco si chiudeva con una considerazione che mi sembra condivisibile al 101%: “In mancanza di ladri, mafiosi, mignotte e vecchie muffe, Grillo&C. dovranno superare un pubblico esame proprio sul tallone d’Achille della democrazia interna. Se riusciranno a inventare un sistema di selezione dei candidati davvero trasparente, avranno vinto. Se no, gli sconfitti non saranno loro, ma tutti gli italiani che magari non li votano, ma neppure si rassegnano a questa fogna chiamata politica”.
Perché questo è il punto: c’è un mare di italiani, quasi tutti autenticamente democratici e niente affatto sensibili alle sirene del populismo e del qualunquismo, che alle prossime elezioni vorrebbero avere modo di dire un sonoro “no!” a questa orgia di vera antipolitica che è la partitocrazia vecchia e nuova, i “tecnici” che proseguono il berlusconismo con altri mezzi (gli stessi, meno l’overdose di volgarità e indecenza), il coro unanime che quotidianamente bacia la pantofola del Colle Più Alto. E insieme a questo “no!” magari poter dire un “sì” a misure organiche che realizzino un po’ più di “giustizia e libertà” (ma basterebbe anche un po’ meno di ingiustizia, censura e impunità) e con ciò facciano crollare lo spread di civiltà che ci allontana dall’Europa, premessa ineludibile per risolvere anche i problemi finanziari, economici, produttivi del Paese.
Oggi solo il M5S sembra andare incontro, bene o male, a questa diffusa e democraticissima esigenza. Affrontare, da parte dei vertici del M5S, con la logica dell’anatema, fosse anche soft, o con le omissioni, le reticenze e il patriottismo di bottega, la questione della democrazia e della trasparenza nelle scelte politiche e di candidatura, significherebbe fare alla Casta il più gradito e forse inaspettato dei regali.
Sia chiaro, il problema della democrazia non si pone in un partito o in un movimento come per le istituzioni rappresentative. Molti militanti liquidano Favia&Co. col lapidario “senza Grillo neppure esistereste”. È verissimo. Senza Grillo (e il suo sodalizio con Casaleggio), di Favia, Tavolazzi, Pizzarotti, non avremmo mai sentito parlare. Non è vero che “uno vale uno”. I movimenti e le forze politiche, oggi, nascono dall’alto. Chi ha la possibilità e capacità di essere il catalizzatore di una forza politica vale infinitamente più degli altri (esisterebbe l’Idv senza Di Pietro? E senza Nanni Moretti, i girotondi avrebbero portato in piazza un milione di persone?). Proprio per questo, perciò, sui leader incombe l’intera responsabilità di far virare e radicare a modalità democratiche, anziché padronali, il movimento che hanno creato. I leader sicuri di sé lo fanno, solo gli insicuri temono il mare aperto del confronto e del dissenso.
Il Fatto Quotidiano, 12 settembre 2012
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Profumo e l’innovazione di carta
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".