30 milioni di euro di risparmi grazie alla digitalizzazione del pianeta scuola e al conseguente taglio della spesa per l’acquisto di pagelle, registri, carta per documenti e libretti per studenti.
E’ così che ieri – 12 settembre 2012 – il ministro Profumo ha annunciato il lancio dell’operazione “addio carta”.
Sembra che, in Italia, non ci sia ministro della Repubblica capace di sottrarsi dal raccontare – almeno una volta nella sua esperienza di governo – la filastrocca dei risparmi legati alla digitalizzazione e all’eliminazione della carta.
Il primo a dare i numeri è stato il ministro dell’Innovazione Lucio Stanca che, 10 anni fa – febbraio 2003 -, nel presentare il suo progetto di introduzione dell’email nella pubblica amministrazione, raccontò un suggestivo aneddoto secondo il quale il solo Ministero degli Esteri, attraverso il ricorso all’e-mail, aveva già ottenuto un risparmio pari a 17 tonnellate di carta ogni anno.
Una storiella di impatto e impossibile da smentire.
Nulla, però, in confronto all’incisività del messaggio con il quale il Cavalier Berlusconi in persona, nel corso di una puntata di Porta a Porta, annunciò di aver deciso di confermare Lucio Stanca quale ministro dell’Innovazione anche nel suo nuovo Governo: “il completamento del processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione porterà nelle casse dello Stato un risparmio di circa 20 miliardi di euro. Si potrebbe risparmiare carta pari al duomo di milano”.
Correva l’anno del signore 2005.
Impossibile, per il ministro Stanca, tradire le aspettative del suo leader e, quindi, eccolo nel 2006, presentare il suo libro bianco sulla dematerializzazione della documentazione amministrativa”, annunciando che “trasferire appena il 10% della carta su supporti digitali, ossia la dematerializzazione, genererebbe un risparmio annuo di tre miliardi di euro, ripetibile ogni esercizio successivo”.
Una bella promessa anche se ridimensionata rispetto a quella del boss.
E, infatti, pochi giorni dopo, lo stesso ministro dell’Innovazione si affrettò ad aggiungere che, grazie alla digitalizzazione della sanità e alla possibilità di trasmettere ai cittadini la cartella clinica per via telematica, lo Stato avrebbe risparmiato altri 800 milioni di euro all’anno.
Cifre da capogiro, tali da far sfigurare quelle, pure straordinariamente importanti – e non verificabili al pari delle precedenti – del ministro della Pubblica Amministrazione e dell’innovazione dell’ultimo Governo Berlusconi, Renato Brunetta che si è dovuto accontentare di raccontarci che grazie alla sua introduzione dei certificati medici online, avremmo risparmiato 500 milioni di euro all’anno.
Ma, in occasione della presentazione del suo nuovo codice dell’amministrazione digitale, il Ministro Brunetta, fu più puntuale e preciso, spingendosi a raccontare che il Codice avrebbe consentito di risparmiare “un milione di pagine all’anno, il 90% dei costi di carta (6 milioni di euro all’anno)”.
Numeri, questi ultimi, che, in realtà, hanno sempre lasciato perplessi giacché se si prende quello di partenza di 1 milione di fogli, lo si divide per 500 – i fogli contenuti in una risma di carta in commercio – e si moltiplica il risultato per 2.60 euro pari al costo medio della risma [n.d.r. al dettaglio e neppure all’ingrosso] se ne ha una spesa complessiva di poco superiore ai 5000 euro e straordinariamente distante dai 6 milioni di euro del ministro [n.d.r. anche a volerci aggiungere qualche centinaio di migliaio di euro di tipografia per la “personalizzazione” dei fogli].
Dubbi che, a ben vedere, riguardano anche i numeri che ha dato ieri il ministro Profumo il quale, spiegando che ai 30 milioni di euro di risparmio si arriverebbe, tagliando circa 6 euro di spese per la carta per ogni studente, dice nella sostanza che ogni alunno, consuma, nella scuola italiana, circa 1500 fogli di carta all’anno al netto, naturalmente, di blocchi, album da disegno, quaderni e quadernoni che si porta – e continuerà a portarsi – da casa e che pagano, dunque, i genitori.
Un consumo di carta davvero sospetto, salvo scoprire che la carta non sia servita anche nelle mense scolastiche e i nostri studenti ne siano ghiotti.
Ma il punto non sono i numeri. Il punto è il principio: questa sciagurata ossessione di misurare l’innovazione in termini di risparmio di costi per l’acquisto della carta.
Risparmiare – anche tonnellate di carta – può essere un effetto, figlio, peraltro, dei tempi ed in nessun caso merito di questo o quel ministro, ma non può diventare l’obiettivo perseguito attraverso scelte di politica dell’innovazione.
L’obiettivo è e resta la crescita del Paese e, nel caso della digitalizzazione della scuola, l’alfabetizzazione digitale di alunni e professori, in modo da porre, entrambi – ma soprattutto i primi – in condizioni di confrontarsi con le sfide di questo millennio nella società globale dell’informazione e “contro” gli agguerritissimi studenti 2.0 che escono dalle scuole del resto d’Europa.
Una preghiera a tutti i ministri che, in futuro, si troveranno a magnificare i propri provvedimenti in materia di innovazione: raccontateci – se proprio non sapete fare a meno di dare numeri inverificati ed inverificabili – l’aumento del livello di cultura, competenza o, al limite, PIL che sperate di produrre con la Vostra iniziativa, ma, per favore, non venite più a raccontarci quanta carta pensate di risparmiare.